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Barbara Bartolotti: presa a martellate, pugnalata e bruciata. Lui libero, viene assunto in banca

Palermo, la città di Barbara Bartolotti, poca solidarietà per lei. Infatti da 17 anni aspetta una sede per la sua associazione

Barbara Bartolotti

Barbara Bartolotti (a destra) con Katia Trigili, vicepresidente Libera di Vivere

Barbara la tua storia drammatica lascia increduli i lettori che hanno seguito il tuo racconto. Possibile che l’autore di una violenza simile ne esca impunito?

Barbara Bartolotti: Subisco un’aggressione da un collega di lavoro, che prima di allora non aveva mai dato segni di squilibrio né di interesse nei miei confronti. Mi ha colpito con 4 martellate in testa e pugnalate nel mio addome, uccidendo il figlio che portavo in grembo. Poi mi ha cosparso di combustibile agricolo e mi ha dato fuoco. Mi sono finta morta. Ma lui è stato rimesso subito in libertà e da una pena iniziale di 21 anni ha avuto invece i domiciliari.
Poi grazie alla politica, con l’indulto, non ha scontato nemmeno i domiciliari. E’ stato agevolato dai riti giudiziari che oggi vengono messi a disposizione dei mostri.

Al di là della vicenda giudiziaria e di una sentenza discutibilissima, la comunità nella quale vive il tuo aggressore come lo tratta? Quell’uomo vive normalmente la sua quotidianità?

Barbara Bartolotti: Il mio aggressore vive a Marineo, provincia di Palermo. Non lo vedo e nel suo paese non credo che dimentichino le sue orribili azioni, ma conduce una vita agiata e normale. A differenza di me che dal 2003 sono disoccupata e lui invece nel suo paese è stato assunto da qualche anno dalla Banca Unicredit. L’omertà e l’indifferenza in certe realtà regnano sovrane.

Hai creato l’associazione “Libera di Vivere” che ti ha fatto conoscere da vicino altre storie terribili. C’è un elemento comune e quale delle storie che hai conosciuto ti andrebbe di segnalarci oltre alla tua?

Barbara Bartolotti: Tante realtà ho conosciuto e ho aiutato. “Libera di Vivere” si muove su tutto il territorio italiano e fa rete con altre associazioni. Nella mia città, a Palermo, poca solidarietà dalle amministrazioni. Infatti da 17 anni aspetto una sede, ma ancora non ho ottenuto nulla.

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Una storia antica quella della sopraffazione dell’uomo sulla donna e ancora più vecchia quella della violenza bestiale. Come fai a credere che le cose possano cambiare? E come potrebbe accadere?

Barbara Bartolotti: Tutti insieme possiamo cambiare, persone come me sono l’ esempio. Dopo tanto dolore, capisci che sei viva anche se porti cicatrici nel corpo e nell’anima.

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Che tipo di pena daresti al criminale che ti ha aggredito?

Barbara Bartolotti: Sicuramente lo priverei della libertà. Lo allontanerei dalla moglie e dai figli, visto che si è fatto una vita, come se fosse un uomo normale, stabile e degno della sua cattiveria. Quando mi sono svegliata dal mio aldilà (il coma) mi sono resa conto come sia facile morire. Lui da nessuno verrà mai toccato. Noi siamo gente per bene, meglio soffrire ogni giorno pensando che forse qualcuno potrebbe fargli del male. Tanto questo mostro non ha testa, né cuore e coscienza. Gli darei il massimo della pena, visto che ha anche ucciso mio figlio, mentre era dentro il mio corpo.

Oggi il tuo impegno è rivolto naturalmente al lavoro dell’associazione. Quali sono i tuoi obiettivi nel prossimo futuro?

Barbara Bartolotti: Sono molti, sicuramente avere molti associati che possano farne parte in ogni modo anche da lontano. Creare tante giornate per dire no alle violenze. Continuare ad entrare nelle scuole che rappresentano il nostro futuro. Vorrei creare a Palermo un centro di ascolto e un laboratorio dove tutti possano accedere ed essere seguiti gratuitamente da operatori, come avvocati, psicologi, medici e tanto altro ma non avendo la possibilità economica sono ferma a 17 anni fa. Ma non mollo e riuscirò senza elemosinare nulla e senza ricevere la pena di nessuno.

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1 thought on “Barbara Bartolotti: presa a martellate, pugnalata e bruciata. Lui libero, viene assunto in banca

  1. Nell’articolo della redazione manca il nome e il cognome del colpevole che ha commesso il fatto. Quel “lui” non lo identifica, sembra quasi che non esista come uomo, ma allo stesso tempo viene evidenziato che ora ha un lavoro, una famiglia e figli, come a dire che é degno di rifarsi una vita. Non capisco. Avrei preferito non leggere niente di “lui”.

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