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Parigi 2024, la fiamma antiolimpica del razzismo contro Aya Nakamura

È la cantante francofona più venduta al mondo, ma per alcuni non è “abbastanza francese” per rappresentare la Nazione ai Giochi: un paragone col caso (diversissimo) dell’inno italiano affidato a Sergio Sylvestre

Aya Nakamura, Parigi 2024

Aya Nakamura (immagine dalla sua pagina Facebook)

Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono ancora di là da venire, ma hanno già fatto scoppiare una polemica politica decisamente sconcertante intorno alla cantante Aya Nakamura. Quest’ultima è un’eccellenza assoluta della musica d’Oltralpe, e non a caso pare abbia ricevuto un invito presidenziale a rappresentare a livello canoro la Nazione ai Giochi. Ma per qualcuno, incredibilmente, non sarebbe abbastanza francese

Aya Nakamura, Parigi 2024
Aya Nakamura (immagine dalla sua pagina Facebook)

La sconcertante polemica intorno a Parigi 2024

Aya Nakamura, scrive Le Parisien, attualmente è la musicista francofona più ascoltata al mondo (sarebbe preceduta solo da Céline Dion, che però canta preferenzialmente in inglese). I suoi pezzi vantano oltre 6 miliardi di riproduzioni su Spotify e 3 miliardi di visualizzazioni su YouTube, di cui 957 milioni totalizzati dalla sola hit Djadja.

Non sorprende particolarmente, perciò, che il Presidente transalpino Emmanuel Macron l’abbia ricevuta all’Eliseo lo scorso febbraio. Né stupirebbe se Monsieur le Président le avesse realmente chiesto di esibirsi all’inaugurazione delle Olimpiadi, prevista per il prossimo 26 luglio. Come da indiscrezione de L’Express, secondo cui la proposta verterebbe intorno alla reinterpretazione di un brano di Édith Piaf, forse Hymne à l’amour.

Emmanuel Macron
Emmanuel Macron (immagine dalla sua pagina Facebook)

Tuttora è solo un’ipotesi, peraltro già avallata dagli eredi della mitica cantautrice. Tanto però è bastato ad aprire un vergognoso vaso di Pandora contro l’artista, “colpevole” di essere nata in Mali, benché cresciuta a Parigi. «Non canta in francese» ha sentenziato per esempio, Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, prendendosi gioco della sua dizione imperfetta – ma comprensibilissima. Laddove la nipote Marion Maréchal, vicepresidente di Reconquête, l’ha accusata di non rappresentare «né la cultura né l’eleganza francese».

Marine Le Pen, Parigi 2024
Marine Le Pen (immagine dalla sua pagina Facebook)

Il non minus ultra, però, è stato uno striscione esposto, come riferisce France 24, dal gruppuscolo estremista Les Natifs (I nativi) sulle rive della Senna. «Y’a pas moyen Aya [espressione tratta da Djadja e qui usata in maniera derisoria. N.d.R.]. Ici c’est Paris, pas le marché de Bamako», ovvero “Niente da fare Aya. Questa è Parigi, non il mercato di Bamako”, la capitale maliana.

Un paragone con l’Italia

Qualcosa di simile è accaduto da noi quando l’americano Sergio Sylvestre venne chiamato a intonare Il Canto degli Italiani prima della finale di Coppa Italia 2020. Anche in quel caso vi fu una levata di scudi, che però appare più giustificata, essendoci di mezzo l’inno nazionale e non essendo il Nostro nemmeno naturalizzato.

Sergio Sylvestre mentre canta l’inno di Mameli nel 2020
Sergio Sylvestre mentre canta l’inno di Mameli nel 2020 (screenshot dal canale YouTube de “La Repubblica”)

In quel caso, poi, la contestazione fu più forte post hoc, soprattutto perché il vincitore della quindicesima edizione di Amici dimenticò un’intera strofa. Il parallelismo, quindi, può reggere solo fino a un certo punto.

Aya Nakamura e Parigi 2024

Tornando oltreconfine, la Nakamura ha comunque risposto ai contestatori per le rime. «Potete essere razzisti, ma non sordi… È questo che vi dà fastidio! Sto diventando l’argomento numero 1 nei dibattiti, ma cosa vi devo realmente? Nulla».

In un secondo tempo, poi, la cantante ventottenne ha rilasciato un nuovo singolo, Doggy, che a molti è suonato come un’ulteriore replica ai detrattori. “Non ho bisogno di approvazione, sono in prima pagina sulle riviste” recita infatti il testo. E ancora: “Non ho nemici, sono loro che non mi amano. / Un sacco di nemici, ma io nemmeno li conosco”.

D’altronde, non si può essere orgogliosi della Nakamura a targhe alterne, solo quando fa incetta di premi, dischi di platino e di diamante. Al modo del tennista Andy Murray, che per la stampa di casa era britannico quando vinceva e scozzese quando perdeva. E, come ha sottolineato La France Insoumise, «non si può essere razzisti e patrioti» allo stesso tempo.

Andy Murray
Andy Murray (immagine dalla sua pagina Facebook)

Dopo settimane di silenzio, inoltre, lo stesso Capo dello Stato, come riporta Le Figaro, ha sostenuto, pur senza ancora confermarla, l’eventuale performance. Assicurando che la musicista sarebbe «pienamente legittimata in una cerimonia d’apertura o chiusura dei Giochi», perché «parla a un grande numero di nostri connazionali».

Logo di Parigi 2024
Logo di Parigi 2024 (© Paris2024.org / Wikimedia Commons)

Per conoscere la fine della storia, dunque, occorrerà attendere il varo di Parigi 2024. Ma resterà comunque l’amarezza per l’accensione di una fiamma desolante che con lo spirito olimpico non ha proprio nulla a che vedere.