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Papà o babbo, è sempre festa!

di Massimo Persotti

"La voce Papà è una leziosaggine francese che suona nelle bocche di quegli sciocchi, i quali si pensano di mostrarsi più compiti scimmiottando gli stranieri". Arringava così, un secolo e mezzo fa, il vocabolario della lingua italiana di Pietro Fanfani a difesa del 'nobile' padre e del più fanciullesco babbo.

Già perché quel papà al quale è dedicata la festa il 19 marzo è una parola fino a inizio novecento guardata con sospetto e tradimento, un francesismo "sulla bocca del ceto signorile" come oggi certi anglicismi adottati dal ceto politico ed economico.

L'Accademia della Crusca lo spiega bene sul suo sito: "Mentre babbo è una forma 'autoctona', papà è effettivamente un francesismo, benché di vecchia data", fino a metà del secolo scorso distribuiti piuttosto equamente tra nord (papà) e centro-sud (babbo, con Toscana e Umbria in testa), accanto a una miriade di varietà locali che ancora oggi spesso resistono al tempo.

Scendendo lungo lo stivale, paire (Piemonte), bubà e pà (Lombardia), pare (Veneto e Valle d'Aosta), pare (Friuli), pàire, pòe e puê (Liguria), bab, pàdar e pä (Emilia), tatà (Abruzzo), bàbo e pàt (Lazio), vabbu (Marche), attàna (Molise), tatta (Basilicata), tàta (Campania), atténe (Puglia), pàpu e pàtri (Calabria e Sicilia), babbu (Sardegna).

Tutte, più o meno, hanno una comune identità. Sono, spiega la Crusca, "forme tipiche del primissimo linguaggio infantile, costituite dalla ripetizione di una sillaba, perlopiù formata dalla vocale a e da una consonante bilabiale (p, b, m), i suoni più facili da produrre per i bambini".

La contesa tra il termine nostrano e il forestierismo è, in fondo, una disquisizione per lo più accademica. Come oggi per gli anglicismi, è l'uso comune, l'ingresso nel parlato quotidiano che sancisce la prevalenza di questa o quella parola.

E una recente indagine rivela che la parola babbo starebbe progressivamente perdendo terreno, riuscendo a resistere soprattutto nella patria toscana. Rischio estinzione? Lo escludiamo. Se ormai usiamo dire 'neopapà' o 'figlio di papà', è assai singolare immaginare che 'Babbo Natale' possa lasciare il passo a 'Papà Natale'. 

Papà o Babbo, chiamatelo come volete, ricordatevi in ogni caso di festeggiarlo. E non solo il 19 marzo!
 

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