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Paolo Crepet, “La pandemia è come l’anfetamina, confido nei test rapidi”

Paolo Crepet ci parla della pandemia, dei suoi effetti sulle nostre emozioni e di come inciderebbe un lockdown nel periodo natalizio

Paolo Crepet

Paolo Crepet

Abbiamo intervistato Paolo Crepet, noto sociologo, psichiatra e scrittore. Nel suo ultimo libro “Vulnerabili” ci spiega come le famiglie si siano trovate vulnerabili di fronte al virus che ha sconvolto il mondo e il nostro paese. Il delirio di onnipotenza di un Occidente iper tecnologico si è scontrato con il principio di realtà della precarietà, l’insicurezza, la mortalità.

Paolo Crepet, “Vulnerabili” nella pandemia

Vulnerabili l’ho scritto durante il lockdown, ho dovuto fare un lavoro difficile: da una parte capire cosa stesse succedendo e dall’altra cercare di prevedere che cosa sarebbe potuto accadere. Purtroppo ci ho preso, come si dice, ero tra quelli che pensava che dopo l’estate ci saremmo trovati di nuovo sopraffatti dalla situazione. Io credo che gli stupidi, se va bene, osservino ciò che accade, mentre gli intelligenti cercano di prevedere cosa accadrà.

Dobbiamo sicuramente intraprendere un cambiamento verso la convivenza con questo virus. Il vaccino è lontano, due case farmaceutiche hanno interrotto la sperimentazione per effetti collaterali sui pazienti. Anche il Governo mi pare abbia mancato in questa capacità di anticipare il virus. Non certo prima che arrivasse in Italia, ma dall’estate in poi. Quando accadono catastrofi come terremoti, inondazioni, abbiamo un atteggiamento di sorpresa, ma non si lavora sulla prevenzione. Si tratta di una sorta di resistenza, ce la raccontiamo, perché invece potevamo adottare misure di contenimento”.

La scrittura sa essere terapeutica e chiarificatrice. Lei ha scritto anche diverse riflessioni sulle drammatiche vicende di attualità accadute: i fidanzati di Lecce uccisi e Willy, massacrato a Colleferro. Afferma che spesso che si “uccide senza motivo” e che purtroppo i moventi diventano sempre meno forti e definibili nei delitti.

Possiamo dire che oggi soffriamo di una confusione emotiva strutturale, un’incapacità di riconoscere le nostre stesse emozioni. Questo ci porta ad agire senza aver interpretato cosa proviamo e perché agiamo in un modo o in un altro. È una sorta di comportamento non filtrato dall’auto interpretazione di sé.

“Sì, questo è certamente vero. I sentimenti ostili come aggressività, invidia, gelosia ci sono sempre stati. Ma ora ci sono dei sistemi che agiscono da catalizzatori. La pandemia è uno di questi catalizzatori. La pandemia è come l’anfetamina: non crea nuove emozioni o inclinazioni, ma amplifica ed eccita quelle che già abbiamo in noi stessi. L’evento grave e traumatico stressa le connessioni e i gangli del nostro carattere e dei nostri disagi. La pandemia accelere le nostre virtù e le nostre debolezze. Quasi una carica, una pila che esaspera il funzionamento interiore di ciascuno. In alcuni cresce la creatività e in altri aumenta il narcisismo. Ciascuno è diverso e la pandemia non può che esaltare questa diversità”.

Lockdown a Natale, quali prospettive?

Un lockdown a Natale, con tutta la carica emotiva che questo periodo ha, anche per chi non è credente, cosa può comportare?

“Sarebbe terribile, ma proprio perché siamo tutti diversi abbiamo la possibilità di reagire in modo diverso. È terrribile ma ragionevole. Credo sia meglio chiudere il paese per dieci giorni, oltrettuto di vacanza o quasi, piuttosto che chiudere aziende, fabbriche per sei mesi e distruggere davvero l’economia del paese. Occorre avere la lucidità di confrontare le alternative.

Con i tamponi rapidi ci sarà la notizia di un’esplosione di positivi, si scopriranno almeno 10mila di casi al giorno ma questo non dovrà spaventarci, anche qui vediamo cosa comporta di positivo: avere diagnosi veloci significa conoscere molto meglio come si comporta il virus e i numeri reali del contagio nella popolazione. Ci sarà un terrorismo mediatico sui giornali, per 500mila positivi al giorno, (dunque sopra il 10%) ma dobbiamo restare calmi. Sapere conoscere è l’unico modo per incidere sulla situazione”.

La copertina del nuovo libro, “Vulnerabili”

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