Prima pagina » Sport » MotoGP, con Mir nell’interregno di Marquez il ricambio generazionale dell’Italia

MotoGP, con Mir nell’interregno di Marquez il ricambio generazionale dell’Italia

L’addio (momentaneo?) di Dovizioso e di Rossi (alla Yamaha ufficiale), l’esplosione di Morbidelli, Bagnaia, Bastianini e Marini: il motociclismo italiano può sorridere

Bastianini Rossi MotoGP

Enea Bastianini e Valentino Rossi

Con la gara di Portimao, si è chiusa l’annata atipica della MotoGP: gare incerte, 9 vincitori diversi su 14 GP ed un campione a sorpresa, lo spagnolo Joan Mir, nona vittoria mondiale di fila di un pilota spagnolo.

Un livellamento mai visto fino ad ora dovuto all’assenza del re di questo decennio. Marc Marquez, rompendosi l’omero destro alla prima gara di Jerez, ha tentato un recupero lampo ma è dovuto nuovamente tornare sotto i ferri. Out tutta la stagione, rischia un nuovo intervento che potrebbe compromettere anche il 2021.

Quando il gatto non c’è, i topi ballano e se i veterani nostrani potevano avere un’occasione in più per far tornare il mondiale in Italia dal 2009, alla fine sono stati i giovani a dare le maggiori soddisfazioni per far partire nei fatti un ricambio generazionale.

Mir, un’impronosticabile e giovane formichina per l’iride MotoGP

Prima di tutto onore al merito al vincitore del mondiale, a colui che ha approfittato al meglio del vuoto lasciato dal Cabroncito. Joan Mir, 23enne di Maiorca come Jorge Lorenzo, non era certo uno dei favoriti, al cospetto dei vari Dovizioso, Viñales, Quartararo o il compagno di squadra Rins, che ha vinto due gran premi lo scorso anno. Non un inizio facile per lo spagnolo al secondo anno di classe regina, con due ritiri nelle prime tre gare ed una lotta per il campionato che sembrava ristretta alle Yamaha e a Dovizioso. La svolta a Misano, con il podio arpionato all’ultimo giro contro Rossi, e da quel momento in poi non ha sbagliato praticamente più nulla.

In un mondiale vinceva chi aveva più costanza di rendimento, Joan ha fatto la formichina e complice una Suzuki competitiva su ogni pista (al contrario delle altre moto, ed in questo c’è dietro anche Davide Brivio) ha superato tutti gli altri in classifica domenica dopo domenica. Le critiche per essere in testa senza aver vinto una gara si sono trasformate immediatamente nella vittoria di Valencia, e al primo match point, la domenica successiva sempre nella Comunità Valenciana, ha chiuso i conti. Una freddezza da veterano per un titolo contro ogni pronostico, ma del tutto meritato.

In MotoGP Rossi e Dovi sprecano forse l’ultima chance

Poteva essere la decima a 41 anni, poteva essere il traguardo di una vita dopo esserci andato spesso vicino. Dopo il ko di Marquez erano salite le quotazioni di Valentino Rossi e di Andrea Dovizioso, che rispettivamente nel 2015 e nel 2017 erano andati vicinissimi all’iride.

Sul palmares del Dottore non si può discutere, ma le difficoltà durante l’anno sono aumentate esponenzialmente. Autore di un buon inizio di campionato con il podio alla seconda gara di Jerez, ma problemi alla sua M1 (due ko tecnici e difficoltà nella gestione delle gomme), errori personali (tre scivolate di fila), poi il Covid hanno contraddistinto la stagione peggiore della sua carriera. 15° posto finale con un podio e solamente la metà delle gare in cui ha visto il traguardo (7/14). Dopo 15 stagioni, l’addio alla Yamaha ufficiale e l’approdo nel team satellite, con la voglia di un ragazzino di dare battaglia ma senza l’ambizione di vincere il campionato.

Per Andrea Dovizioso, a 35 anni, l’annata-bivio: un contratto in scadenza e una costanza di rendimento che lo poneva tra i favoriti. Ma dopo il weekend più strano della carriera, con la vittoria in Austria dopo l’annuncio dell’addio alla Ducati, è andato quasi tutto storto. Ricerca di una squadra e difficoltà nel box ed in pista, con una dose di sfortuna che il forlivese ha avuto sempre nella carriera – ossia l’ottenere ritiri per essere coinvolto in cadute altrui. Ora l’amaro addio alla MotoGP senza aver trovato un progetto all’altezza ed un “anno sabbatico” che non è detto che rimanga tale.

Morbidelli e Bagnaia da ultime ruote del carro a piloti su cui contare

A fare da contraltare al declino dei veterani, arriva la ventata data dai giovani, già campioni del mondo ma che hanno convinto quest’anno anche in MotoGP.

Il vincitore della pattuglia italiana, per tanti motivi, è stato Franco Morbidelli. Il romano con sangue argentino, campione Moto2 nel 2017, è esploso al suo terzo anno di classe regina. Partiva ad inizio anno come ultima ruota del carro Yamaha, con un compagno di squadra dipinto come predestinato e con una moto semiufficiale (quel Fabio Quartararo che dopo 2 gare era destinato a vincere il mondiale). I numeri hanno soverchiato le gerarchie: 5 podi, 3 vittorie e 2° posto finale, con il rimpianto del ritiro ad Jerez 2 per il motore in fumo. La sintesi migliore della stagione della svolta l’ha data lui stesso a fine gara: “Ad inizio anno mi sentivo la quarta forza Yamaha, il fatto di avere una moto diversa mi ha dato rabbia che ho trasformato in lavoro con la squadra, e i risultati si sono visti”. Chapeau Franco.

Ma anche Francesco Bagnaia merita una menzione, e se dall’anno prossimo salirà di grado e prenderà una sella ufficiale Ducati un motivo ci sarà. Ha succeduto lo stesso Morbidelli alla vittoria in Moto2 (2018) e quest’anno ha mostrato a più riprese di essere stato spesso il più veloce tra i colleghi ducatisti. E questo nonostante abbia saltato tre gare per la frattura della tibia destra rimediata a Brno. La velocità c’è, la costanza arriverà: una moto ufficiale può far scattare il definitivo click.

In Moto2 e Moto3 la giovine Italia spinge, con Rossi comunque protagonista

I vari Morbidelli e Bagnaia verranno raggiunti in MotoGP da un’altra infornata di talentuosissimi italiani, che si sono giocati il mondiale Moto2 fino all’ultimo metro. Per la terza volta negli ultimi 4 anni la classe di mezzo parla italiano: stavolta è Enea Bastianini a trionfare dopo un’annata piena di battaglie ai vertici con Luca Marini e Marco Bezzecchi. Per i primi due si aprono le porte della Top Class con la Ducati clienti, mentre in Moto2 saliranno altri prospetti come Celestino Vietti e Tony Arbolino, che si è giocato anche lui il mondiale fino all’ultima curva in Moto3.

La stragrande maggioranza, come abbiamo qualche settimana fa, arriva dall’Academy dello stesso Valentino Rossi inaugurata nel 2013: ultimamente Il Dottore ottiene più soddisfazioni fuori dalla pista rispetto a quando lui stesso è in gara. L’anno prossimo, condividendo la moto con Morbidelli, potrà aiutarlo ancora di più nella crescita tangibilissima quest’anno. L’assalto italiano al titolo MotoGP riparte da qui.

Lascia un commento