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Mondiali Qatar, Italo Cucci: “Lo sport fa male tremendo ai regimi dittatoriali”

Il direttore di Italpress: “Spero che il Qatar paghi il conto delle sopraffazioni miliardarie. In Argentina, nel 1978, ho visto madri piangenti”

Italo Cucci

Italo Cucci

Mondiali in Qatar, tante croci, poche delizie nelle prime due giornate sportive. E non soltanto perché ci ha ricordato che la nazionale italiana non vi partecipa, ma anche per altre motivazioni, a causa delle quali, sarà certamente ricordato come uno dei campionati del mondo più discussi di sempre.

Partite noiose, assenza di numerosi calciatori che avrebbero potuto regalare attimi di spettacolo, recuperi extralarge. E non stiamo volutamente citando tutta una serie di polemiche legate alla morte dei lavoratori. Nelle ultime ventiquattro ore, oltre alla clamorosa debacle sportiva, relativa alla sconfitta dell’Argentina per opera dell’Arabia Saudita, sta facendo molto discutere quanto avvenuto nella partita tra Inghilterra e Iran, disputata lunedì 21 novembre.

I giocatori della nazionale iraniana che non cantano l’inno

I giocatori iraniani, durante il momento dell’inno nazionale, si sono rifiutati di cantare e intonarne le note. Questo in segno di forte protesta, nei confronti dell’atteggiamento contro i diritti, perpetrato dal governo.

Abbiamo sentito Italo Cucci, giornalista, scrittore e direttore di Italpress per un approfondimento legato a queste tematiche, a cavallo tra sport, attualità e politica.

“Tutto quello che sta succedendo tra inginocchiamenti e atteggiamenti simili” – dice Cucci –  “deriva tutto dal pugno di John Carlos alle Olimpiadi a Città del Messico. Quando lo fa un vincitore diventa leggenda, come è stato in questo caso. Quando assumi questo atteggiamento, corretto, onesto e poi perdi sei a due, devi pensare a cosa avviene in patria. Lì hai della gente che, qualora avesse provato un attimo di emozione per il gesto coraggioso, dopo il sei a due credo abbia pareri molto discordi. E’ triste doverlo dire. Ma c’è stato un 1-0 con il mancato canto dell’inno, ma poi c’è stato un 1-1 con il risultato sportivo“.

Lei ha vissuto situazioni simili in prima persona, ai tempi del mondiale in Argentina del 1978

“Non eravamo così bene informati relativamente a quello che capitava. Sono stato il primo giornalista a recarsi, un giovedì mattina, a Plaza de Mayo a vedere le madri piangenti. L’ho anche raccontato. Gli argentini sapevano che erano stati uccisi migliaia di connazionali, desaparecidos. Quando hanno vinto il mondiale, hanno pensato solo a festeggiare in maniera scatenata la vittoria. Perché il popolo spesso e volentieri questo fa.  Nel 1982, Maradona e altri giocatori cantavano “Las Malvinas son Argentinas“: una contraddizione enorme.

Una madre argentina

“Perché nel 1978, Luis Cesar Menotti gli altri del team non volevano salutare Videla. Poi però gli strinsero la mano. Con il regime ormai condannato, tutti diventarono fenomeni per la guerra delle Malvine, voluta proprio dai generali. In queste manifestazioni rimane una verità sacrosanta: lo sport fa del male tremendo ai regimi dittatoriali. Ha fatto cadere il regime in Argentina, ha fatto cadere con le olimpiadi il regime sovietico in Russia. Mi auguro che, terminata questa storia qui, in Qatar pagheranno il conto non della birra, ma delle loro sopraffazioni miliardarie”.

Ricordo anche un famoso episodio ai mondiali del 1974. Il terzino dello Zaire, Mwepu, che scagliò il pallone dall’altra parte sul 3-0 per il Brasile, perché la squadra era stata minacciata di morte se avesse perso per più di 3 gol di scarto…

“Sì è vero. Anche la storia di Andres Escobar ai mondiali del 1994, ucciso dopo aver causato un’autorete, decisiva per la mancata qualificazione della Colombia al turno successivo. Bisogna lasciare fuori la politica, che si fa con la presenza. Quando andai a Mosca, a distanza di poco trovai enormi differenze. Se nel 1979 per fare una telefonata al giornale, bisognava aspettare delle ore, ricevendo indicazioni relative al minutaggio a disposizione; ritornando l’anno dopo, per le olimpiadi, potevo disporre della teleselezione in camera. Quando ero in Argentina a vedere le madri piangenti, i poliziotti dicevano che erano matte. Io sono rimasto, non hanno potuto dire niente. Pagano il conto di aver fatto i liberali anche per un mese”.

Cosa ne pensa della clamorosa sconfitta di oggi dell’Argentina contro l’Arabia Saudita?

“Hanno tempo per rifarsi. Tutti citano la sconfitta contro il Camerun, in Italia, nel 1990. Così come fece la Spagna, che dopo la sconfitta nella partita inaugurale del 2010, vinse addirittura il mondiale. Una Corea capita a tutti. A noi è capitata nel momento sbagliato. Io sono uno degli ultimi avanzi dell’”Italianismo”. Catenaccio e Contropiede: un trionfo. L’Arabia Saudita ha giocato proprio così, un’esibizione italiana meravigliosa, con dei gol bellissimi. Non mi vengano a dire che l’Argentina aveva il mal di pancia. Tre gol annullati? Tutti in fuorigioco. Perché gli arabi hanno imparato a fare pure quello”.

Si sta discutendo molto relativamente alla questione del tempo effettivo. Che idea si è fatto?
“Di sicuro il recupero extralarge non è stato inventato lì. Io ricordo che alcuni anni fa, Walter Mazzarri fu il primo a dichiarare, in un’intervista quando allenava il Napoli, che in 95 minuti non avrebbe potuto fare di più. Di fatto, stava contemplando già una durata diversa dei tempi regolamentari. Oggi però, mi è parso un tentativo dell’arbitro per far pareggiare l’Argentina. Facendole però fare una figura meschina. Perché la partita continuava, ma gli argentini facevano ridere“.