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Mollicone (FdI): “Maternità surrogata è più grave di pedofilia”. Crepet: “Si occupino di politica”

Il sociologo risponde anche al Vicepresidente della Camera: “Usare la parola spaccio accanto alla parola bambino fa rabbrividire”

Federico Mollicone. Fabio Rampelli e Paolo Crepet

Federico Mollicone. Fabio Rampelli e Paolo Crepet

E’ polemica in queste ore per una serie di dichiarazioni di esponenti politici. Questa mattina, ospite della trasmissione Omnibus su La7, parlando di maternità surrogata, a proposito di un’intervista dell’ex senatore Pillon, Federico Mollicone presidente della commissione Cultura della Camera ed esponente di FdI ha detto: “E’ un reato grave, più grave della pedofilia. Siamo di fronte a persone che vogliono scegliere un figlio come la tinta di casa”.

“Le parole dell’esponente di Fratelli d’Italia Federico Mollicone sono gravissime e meritano il massimo sdegno da parte di tutti” – ha commentato Chiara Appendino, sindaca di Torino – “Ma soprattutto è l’ennesima riprova, dopo le parole di Rampelli, della totale mancanza di sensibilità della maggioranza su questi temi e della loro totale inadeguatezza ad approcciarsi a problematiche così importanti perché investono i diritti delle persone più fragili, soprattutto i minori”.

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Coppie gay con figli

La polemica in relazione a questi temi è già in atto da diverse ore, anche i virtù delle dichiarazioni del vicepresidente della Camera ed esponente di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, ospite negli studi di La7 nel programma “In onda“, condotto da Concita De Gregorio e David Parenzo.

Tutto nasce da una discussione avente come oggetto la manifestazione delle famiglie arcobaleno a Milano. Queste, erano scese in piazza all’indomani dello stop alla registrazione all’anagrafe dei propri figli.

Rampelli ha manifestato il suo pensiero in relazione alla maternità surrogata, asserendo: “Se due persone dello stesso sesso chiedono il riconoscimento di un bambino che spacciano per proprio figlio, significa che questa maternità surrogata l’hanno fatta fuori dai confini nazionali”.

“Rampelli, mi scusi” – lo ha interrotto Concita De Gregorio – “Non è che lo ‘spacciano” – altrimenti finiamo su i giornali di tutti il mondo – il bambino è il loro figlio. Se si tratta di due madri spesso è nato da una delle due, se si tratta di due padri spesso è nato dal seme di uno dei due. Quand’anche non fosse così, il bambino è tuo figlio anche se è stato adottato”.

Dichiarazioni che stanno facendo discutere non poco, dando seguito a una serie di commenti, favorevoli e non, da parte di numerosi esponenti politici e non solo.

“Spacciare evoca altre cose, magari il termine non è corretto, ma la verità è quella che ha detto Rampelli” – ha detto il ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella. “La nostra legge – ha continuato – “dice che per essere adottati ci vogliono un padre e una madre”.

Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana ha definito le frasi del vicepresidente della Camera “sgradevoli, sbagliate e violente”. Poi ha aggiunto: “Si possono avere idee diverse bisogna confrontarsi su temi così complessi e delicati, ma servirebbe innanzitutto rispetto e cura nell’uso delle parole”.

Abbiamo voluto intervistare lo psicologo e sociologo Paolo Crepet per una battuta sull’argomento.  

In generale, Crepet ha sempre sostenuto di non nutrire pregiudizi né nei confronti di coppie eterosessuali né nei confronti di quelle omosessuali, sottolineando che come il tema sia fortemente delicato e importante ai fini dello sviluppo dell’identità personale e della crescita del bambino.

“Sono verbi che restituisco al mittente” – ha detto Crepet – “Visto che questi signori si occupano di politica, si occupino dello spaccio, che mi pare un grande problema. Usare la parola spaccio accanto alla parola bambino fa rabbrividire. Non voglio entrare nel merito della questione. Commentare una questione significa prenderla in considerazione. Inoltre non prendo in considerazione le parole di un signore che parla così dei bambini. Ci sarebbero tante cose da dire, ma per me ha chiuso. Non voglio parlare di questi signori. Se ci sono delle formule urbane, educate, rispettose, entrerò nel merito di una delicata e complicata vicenda”.