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Ma siamo sicuri che castrare cani e gatti sia una pratica virtuosa?

I nostri antenati dell’antica Roma praticavano diversi tipi di castrazione: a taluni venivano tagliati i testicoli, ad altri gli “zebedei” venivano schiacciati

Cani, pexels, edd1egalaxy

Cani, pexels, edd1egalaxy

Chi più chi meno fatica a rinunciare ai piaceri della tavola e a quelli del sesso. Non solo, chi è vorace sopra la tovaglia lo è spesso anche sotto le lenzuola e questo per un motivo molto semplice: cibo e sesso sono alla base della sopravvivenza della specie umana. Se non mangiamo, ci ammaliamo e moriamo. Se non ci accoppiamo, non possiamo procreare e la specie si estingue. Così la natura ha riposto nel cibo e nel sesso un premio: un piacere intensissimo. Il piacere ci rende felici e viviamo più serenamente.

Il piacere ci rende felici

Dopo una bella mangiata o dopo aver fatto l’amore, nel nostro cervello avvengono i fuochi d’artificio in termini di ormoni della felicità. Questo lo sa bene la Chiesa che per evitare che i fedeli siano sereni e meno alla ricerca del sollievo della fede con la conseguente perdita di potere, ha fatto del cibo e del sesso, al di fuori del semplice nutrirsi e riprodursi in seno al matrimonio, atti peccaminosi da disincentivare e scoraggiare a tutti i costi.

L’uomo triste e depresso cercherà più facilmente conforto nella religione e se peccherà, si confesserà con l’ecclesiastico di turno raccontandogli, tra una trasgressione e l’altra, anche notizie utili a chi comanda…

Il sesso e la Chiesa sono sempre stati legati da un rapporto particolare, contorto, ma molto stretto.

Nel 1858 Il comune di Monte Compatri diede i natali ad Alessandro Moreschi, ritenuto l’ultimo dei cantanti “castrati”. Morì a Roma il 21 aprile 1922

Avrete certamente notato che i bambini al di sotto dell’età della pubertà (fase di cambiamento psico-fisico che inizia mediamente attorno ai 10 anni) hanno una voce molto simile a quella delle loro coetanee bambine in termini di suono e di altezza tonale. Hanno spesso, in sostanza, una voce molto acuta e squillante. Poi, quasi all’improvviso, nell’arco a volte di pochi mesi a volte settimane, la voce cambia e si fa più profonda, scura, da uomo adulto.

Accadde anche a me. Fino ai 12 anni, quando rispondevo al telefono mi scambiavano per una femminuccia, poi un giorno, all’improvviso, risposi al telefono e qualcuno pensò, con mio sommo orgoglio, fosse mio padre. Cos’era accaduto in così poco tempo? Era accaduto che i miei testicoli avevano cominciato a produrre e a pompare nel mio corpo ondate di testosterone. Le conseguenze, nel bambino, si manifestano nel cambio della voce, nella crescita dei peli pubici e altrove, e di un irrefrenabile desiderio di soddisfare in ogni modo il piccolo coinquilino che abita le parti basse del suo corpo.

Ma se da un lato la pubertà segna la fase in cui un bambino diventa un uomo, non sempre questo processo è stato, in passato, festeggiato e accolto con orgoglio e maschia fierezza.

L’arte, gli uomini e le donne

Così tra il XVII e il XVIII secolo, nell’Italia Barocca e in particolare nella Roma dei Papi, poiché il Pontefice Sisto V nel 1588 aveva emanato il divieto per le donne di esibirsi in pubblico, solamente gli uomini, adulti e bambini, erano autorizzati a cantare in teatri e chiese.

Ma qui si poneva un problema: molte delle partiture musicali del periodo Barocco, il cui aspetto peculiare era quello di spingersi all’estremo, dall’architettura alla musica, prevedevano nelle opere musicali note talmente acute e potenti che solo donne adulte avrebbero potuto cantare.

I bambini maschi prima della pubertà avevano sì una voce simile a quella femminile ma non avevano la potenza di fiato che solo una cassa toracica adulta poteva garantire. Come risolvere la questione? Castrando i bambini, quelli più promettenti sul piano del canto, prima della pubertà. Così da un lato, privati dei testicoli e quindi del testosterone responsabile dei cambiamenti vocali e fisici, avrebbero mantenuto la voce acuta e dall’altro, crescendo, avrebbero guadagnato la potenza respiratoria necessaria.

Storia della castrazione in Italia

La castrazione era vista dalle famiglie dei bimbi ai quali avrebbero ablato le gonadi come fonte di fama e ricchezza. Il castrato più famoso è stato certamente Farinelli la cui vita drammatica è raccontata in uno splendido film.

Questa pratica disumana si protrasse purtroppo fino a non molto tempo fa. Nel 1858 Il comune di Monte Compatri diede i natali ad Alessandro Moreschi, ritenuto l’ultimo dei cantanti “castrati”. Morì a Roma un secolo fa, il 21 aprile 1922.

Quella della castrazione è una pratica cara all’umanità. In tutte le epoche si castravano gli schiavi per sottometterli e renderli più fedeli e mansueti. Si asportavano gli organi genitali maschili anche come punizione per determinati reati. Gli schiavi africani nel nuovo mondo venivano spesso privati dei testicoli quando erano “eccessivamente propensi alla fuga” o poco interessanti come “riproduttori” di altri schiavi. Quelli della mia generazione ricorderanno lo sceneggiato Radici il cui protagonista era lo schiavo Kunta Kinte.

I nostri antenati dell’antica Roma praticavano tre tipi di castrazione: a taluni venivano tagliati i testicoli, ad altri, meno fortunati, gli “zebedei” venivano schiacciati. Una terza soluzione prevedeva l’asportazione del pene e dello scroto (la sacca che contiene i gioielli di famiglia).

Gli eunuchi

A differenza dell’eunuco, che veniva privato in toto del proprio apparato genitale riproduttivo, il castrato in età postpuberale (quando di fatto era già sessualmente sviluppato) poteva congiungersi carnalmente ma non era in grado di fecondare una donna.

C’è un versetto del Vangelo di Matteo nel quale l’evangelista scrive: “…e vi sono eunuchi che si sono fatti eunuchi da se stessi, per il regno dei cieli”, tanto che alcuni monaci del III secolo lo presero talmente alla lettera al punto da auto-castrarsi.

Fortunatamente la castrazione maschile è scomparsa dal pianeta, almeno nei paesi civilizzati, sebbene ahimè in alcuni stati africani e medio orientali sopravviva la disumana pratica dell’infibulazione femminile che prevede la mutilazione del clitoride e delle labbra vaginali e la “cucitura” della vagina, il tutto allo scopo di preservare la verginità della fanciulla…

Ma l’ossessione umana per la castrazione è sopravvissuta comunque: invece di asportare i testicoli ai sapiens , li tagliamo via a cani e gatti.

La castrazione su cani e gatti

E curioso come sia vietato tagliare le orecchie ai cani di razza Dobermann ma li si possa castrare.

Infatti, la nostra legge giustamente prevede che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro “.

Tuttavia, quando i nostri amici a quattro zampe abbaiano troppo perché vanno in calore oppure fanno la pipì sul tappeto per “marcare il territorio” ,li portiamo dal veterinario non per la toletta ma per farli castrare. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa la signora Brambilla.

Qualche giorno fa in un sottopasso di una fermata del treno a Milano, una ragazza di 18 anni è stata brutalmente stuprata.

Lo stupro, nei confronti di una donna o di un uomo, è il crimine più abominevole che il sapiens possa perpetrare, secondo solo ai reati sui bambini.

Forse non sarebbe sbagliato, in questo caso, recuperare la tradizione della castrazione umana che almeno per una volta avrebbe una ragione validissima e un effetto punitivo definitivo e di deterrenza estrema.

Ti chiederanno se li hai visti in faccia,
come ti han spogliata e se hai ceduto in fretta,
sotto quale tipo di minaccia,
o se è stato un gioco andato troppo in là.

E anche ammesso che finiscano in galera,
quest’anno non verrà più primavera.
Senti addosso quelle mani ancora:
è un primo amore che non scorderai.

Se non lo fa nessuno,
ti chiedo scusa io
per quelli che hanno un nome
e una faccia,
che puoi chiamare “uomini”…

Il silenzio della colomba (I Pooh)