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Luoghi disabitati, il fascino della fine del mondo

Le città abbandonate lasciano al visitatore un’impressione mista di tenerezza e compassione. Palazzi sventrati, mobili danneggiati, stanze coperte di polvere, piante ed erbacce ricoprono pareti e pavimenti: la natura si riprende i suoi spazi. Sarà così dopo la nostra estinzione?

Chernobyl

Perché ci attirano i luoghi disabitati? Sono il presagio della fine del mondo. Erano città, quartieri, ospedali, fabbriche, luoghi con una vita intensa e poi per motivi diversi di crisi economiche, disastri ambientali, guerre, radiazioni sono oggi abbandonati e restano cimeli di una civiltà che scompare.

Quando la natura prenderà di nuovo possesso di strade, palazzi, cose che un tempo erano i nostri spazi. La guerra in Ucraina ci ha mostrato, giorno dopo giorno, le immagini di interi quartieri sventrati, palazzi diroccati, stanze aperte con la vita interrotta da un missile, un proiettile che ha fermato per sempre l’esistenza di una famiglia, un condominio, una città.

Sono anni che le guerre in giro per il mondo ci presentano città distrutte dalla barbarie dell’uomo, come Aleppo, in Siria, Baghdad in Iraq e Sana’a nello Yemen, ma mai come adesso siamo rimasti colpiti dallo stato di distruzione e di abbandono dei luoghi della vita, come abbiamo visto in Ucraina.

Varosha, il villaggio terra di nessuno da mezzo secolo

Bakhmut, la città fantasma dove si è consumato l’assedio russo agli ultimi resistenti dell’esercito ucraino, è solo il caso più recente.  Se andiamo a Cipro, a Varosha, nel quartiere di Famagosta, totalmente abbandonato in seguito agli scontri tra ciprioti greci e turchi, vediamo lo stesso spettacolo, solo che sono passati 50 anni!  

Una volta era un rinomato luogo turistico, con molti hotel di lusso sul mare. L’esercito turco nel 1974 chiuse il quartiere con un recinto spinato, per vietare l’accesso a chiunque. Ancora oggi il quartiere è deserto e ed è proibito entrare. Terra di nessuno.

Un silenzio inquietante come un grido è intorno alle case, ai negozi ed ai ristoranti chiusi, divenuti enormi pietre tombali urbane. I semafori spenti, dominano strade senza automobili: il tempo s’è fermato.

Adesso le autorità turco-cipriote hanno intenzione di fare di Varosha una località di “Dark tourism”, simile a quello di Pripiat, la città fantasma nei pressi di Černobyl. Siamo strani noi umani. Ci attira lo spettacolo del degrado, la rovina, la morte.

Le operazioni di restauro e il dark tourism

Per convincere i vacanzieri, il comune di Gazimağusa ha iniziato una serie di lavori di restauro: strade asfaltate e pulite, infrastrutture turistiche: panchine, chioschi, noleggio di biciclette. La spiaggia è in attesa di visitatori.

I turchi sono disponibili ad accogliere i vecchi proprietari greco ciprioti ma tutto questo sarebbe fuori dagli accordi di cessate il fuoco e chi accettasse sarebbe un cittadino greco sottoposto alle autorità turche e quindi privo di diritti.

Una controproposta sarebbe quella di fare di questo luogo di conflitti il primo eco-villaggio modello d’Europa: un centro pedonale, alimentato ad energia solare e rispettoso dell’ambiente. 

Secondo Ceren Boğaç, 42 anni, professoressa di architettura e nel tempo libero attivista per le comunità resilienti. “Il concetto di eco-villaggio vuole essere un’iniziativa di pace dal punto di vista ambientale. Unendo greci e turchi intorno ad un obiettivo comune, mirando a creare un contesto sicuro e sostenibile con risorse adeguate a tutti, le due comunità cipriote possono mettere da parte le differenze e operare per il bene comune. A Varosha c’è tutto quel che serve, terreni ricchi e solide infrastrutture”, spiega passeggiando per viale Dimokratias.

Luoghi disabitati, le valige dei degenti del Manicomio Willard a New York

La maggior parte dei pazienti che entrava al manicomio Willard di New York ci rimaneva tutta la vita. Spesso abbandonati dalle famiglie, quando morivano venivano seppelliti in tombe senza nome, lungo una via che costeggia l`ospedale.

Le loro valigie, e tutto ciò che ritenevano utile portare con sé in manicomio, furono messi da parte in una soffitta e dimenticate. Nel 1995, un dipendente dell`istituto scoprì per caso 400 valigie, tutte risalenti al periodo 1910 – 1960.

Un giorno il fotografo Jon Crispin catalogò una ad una le valigie, con l’idea di ricostruire la vita di tutti coloro che furono emarginati dalla società. La vicenda ricorda gli oggetti sequestrati alle famiglie ebraiche avviate ai lager nazisti. Montagne di scarpe, di vestiti, di borse, di occhiali erano quello che restava di milioni di esseri umani e sembrava quasi che quegli oggetti parlassero per loro.

Al fotografo Crispin quelle valige degli ospiti del manicomio, devono aver fatto la stessa impressione. Nonostante oggi il complesso ospiti strutture e dormitori del Dipartimento per i servizi di riabilitazione, molte delle costruzioni sono rimaste inalterate e ospitano ancora oggetti e attrezzature appartenute ai pazienti e allo staff dell’ospedale psichiatrico.

Grazie al progetto Freaktography, sono disponibili online fotografie e filmati del manicomio abbandonato di Willard.

Ospedale Militare di Beelitz-Heilstätten a Berlino

Nel settembre 2015, sul terreno dell’ex sanatorio femminile per tubercolosi, è stato aperto il primo percorso sulle cime degli alberi del Brandeburgo. Per una lunghezza di oltre 300 metri e a un’altezza di 23 metri, una corridoio attraversa le rovine del sanatorio ricoperte di alberi. Da una torre panoramica di 36 metri d’altezza si ha una spettacolare vista panoramica sul paesaggio.

Il sanatorio si trova nelle foreste attorno a Beelitz, a circa 50km da Berlino.

Il complesso risale al 1898 ed era composto originariamente da circa 60 edifici che costituivano una città-ospedale autosufficiente, specializzata nella cura della tubercolosi.

Durante la Prima Guerra Mondiale l’ospedale fu destinato alla cura dei soldati feriti in guerra (è qui che Adolf Hitler fu ricoverato, quando, nel 1916 fu ferito durante la Battaglia delle Somme). Dopo la caduta del Terzo Reich e la costituzione della DDR, Beelitz-Heilstätten divenne il principale ospedale militare sovietico in occidente.

L’esercito sovietico lasciò Beelitz solo nel 1995, sei anni dopo la caduta del Muro. Attualmente l’ospedale è in uno stato di totale abbandono ed è praticamente diventato una vera e propria attrazione turistica. Il problema maggiore è che, oltre ad attrarre turisti, ha attirato anche centinaia di vandali che hanno ben pensato di ripulirlo da ogni tipo di arredo ed attrezzatura, oltre a lasciare dei volgari graffiti su ogni parete.

Molte storie tremende girano su questo posto: pare che sia il luogo di raduno di coppie o più in generale di “single” in cerca di sesso occasionale. Come se non bastasse esistono denunce di alcune sparizioni di persone e non mancano casi di cadaveri ritrovati misteriosamente all’interno della struttura. Alcune aree dell’ospedale abbandonato inoltre, sono tutt’ora attive come i reparti di neuroscienze e riabilitazione.

Luoghi disabitati: la fabbrica gloriosa della Innocenti Mini

Quel che rimaneva della storica De Tomaso, in un edificio di Modena, ora ha cambiato volto. Fu fondata nel 1959 da Alejandro De Tomaso, pilota italo-argentino scomparso nel 2003.

La sportiva Vallelunga, o le gran turismo Mangusta e Pantera, o la Innocenti Mini furono il fiore all’occhiello di questo marchio. Una storia che comincia a scricchiolare con la morte del suo fondatore. Gli eredi non condividono il progetto di un’alleanza con un’azienda russa, e nel 2004 l’azienda va in liquidazione e ferma la produzione. Il marchio passa di mano in mano, fino al fallimento.

L’agosto 2020 ha segnato l’atto definitivo. Sono entrate in azione le ruspe per demolire quel che ancora restava dei capannoni, ormai fatiscenti, di via Virgilio a Modena. Al loro posto è sorto un centro commerciale della catena Il Globo, specializzata in abbigliamento.

La gloriosa fabbrica era ormai un insieme di edifici devastati da anni di abbandono, utilizzati soltanto da clandestini e senzatetto, come riparo d’emergenza. Dentro c’erano i resti di un’attività gloriosa: diverse maquette di supercar come la Pantera o la Guarà, concepite nei primi anni 90, con telaio a trave e motore Bmw, scheletri di una Innocenti Mini, un fuoristrada della Uaz, malmessa e incidentata.

Tutto intorno, ricambi ancora inscatolati, pezzi di sospensioni, radiatori, serbatoi, sedili sfasciati e scaffali rovesciati, sventrati, dai quali si spargevano documenti, bolle, fatture: la storia dell’azienda. Il 22 gennaio 2018, i vigili del fuoco dovettero intervenire per domare un incendio, scoppiato nei capannoni. Un altro passo verso l’epilogo che ha spazzato via l’ultima testimonianza di un’epoca luminosa.

Penitenziario Eastern State : il carcere degli orrori

Noto per la sua grandiosa architettura e per la ferrea disciplina, il penitenziario Eastern State Penitentiary a Philadelphia in Pennsylvania, è oggi in rovina: un mondo di celle con un fascino inquietante. Il tour comprende la cella di Al Capone e di altri reclusi famosi e il braccio della morte.

Il posto ha un non so che di macabro. Lascia davvero senza parole e racconta, ancora oggi e perfettamente, le condizioni in cui versavano le persone. Ovvero il massimo isolamento. Ciascuno era da solo nella sua cella. I prigionieri al massimo ricevevano ogni giorno in cella la visita del custode e, settimanalmente, quella del cappellano.

Ogni spostamento veniva effettuato dalle guardie non prima di aver coperto il capo di ogni detenuto con un cappuccio, per impedire che potesse orientarsi all’interno del carcere.

Furono proprio quelle condizioni disumane che portarono, nel 1971, alla chiusura definitiva del penitenziario.  Il carcere per lungo tempo fu considerato quasi un lager, era conosciuto in America come Carcere degli Orrori e se lo visiterete ne avrete la prova.

Infrangi le regole del carcere e vai ad Alcatraz, uno dei luoghi disabitati più famosi del mondo

La prigione di Alcatraz

La prigione di Alcatraz, su un’isola nella baia di San Francisco, è sicuramente il penitenziario più famoso degli Stati Uniti, se non del mondo. Molti dei più noti criminali americani, fra cui di nuovo Al Capone, hanno scontato qui la loro pena e vi hanno trovato la morte o per la durezza delle condizioni di vita o per gli svariati tentativi di evasione non andati a buon fine. Alcatraz era la prigione di massima sicurezza, quella in cui andavi quando ti eri comportato male nelle altre.

Durante i quasi 30 anni di attività contiamo 14 tentativi di fuga che coinvolsero 36 prigionieri (due dei quali ci provarono per due volte); 22 di questi furono catturati, 6 rimasero uccisi (o per uno scontro a fuoco con le guardie carcerarie o per annegamento), mentre 5 restano dispersi.

Le due evasioni che ispirarono il cinema

Fra tutti questi tentativi meritano di essere nominati almeno due in particolare. Il primo risale ai giorni fra il 2 e il 4 maggio del 1946 ricordati anche come i giorni della “Battaglia di Alcatraz“.

Fu uno degli episodi più sanguinosi e violenti della storia della prigione, in cui persero la vita due guardie (che erano state precedentemente prese in ostaggio) e tre prigionieri. A questi eventi è parzialmente ispirato il film Forza Bruta del 1947 con Burt Lancaster.

L’altro tentativo di fuga famoso è quello avvenuto l’11 giugno del 1962 i cui eventi (anche se romanzati) furono portati alla ribalta dal film Fuga da Alcatraz con Clint Eastwood. Principali protagonisti furono i detenuti Frank Morris e i fratelli John e Clarence Anglin che riuscirono a scavare un buco nel muro della loro cella e a fuggire con una imbarcazione di fortuna.

Il carcere è posto sull’omonima isola (conosciuta anche come “The Rock” per la sua sua conformazione rocciosa), al largo della baia di San Francisco, e proprio la sua ubicazione l’ha resa una delle prigioni più difficili da cui poter scappare. Oggi è possibile visitare Alcatraz, e approfittare dei vari tour disponibili.

Mirny e la miniera: un buco per andare all’Inferno

La miniera di diamanti Trubka Udaćnaja, situata nella Sacha Jakuzia, all’estremo est in Siberia, ora è abbandonata. È una miniera a cielo aperto, profonda 525 metri e larga 1.200. I camion per risalire dal fondo impiegavano più di 2 ore. È seconda solo dalla miniera di rame di Bingham nello Utah. Si trova nella periferia di Mirny, piccola cittadina nella Siberia orientale.

A vederlo dall’aereo il paesaggio sembra irreale, uscito da un film di fantascienza! La voragine assomiglia al cratere che si forma a causa di uno schianto di un meteorite sulla terra, mentre per molti è la rappresentazione dell’inferno dantesco con i gironi che via via avanzano in profondità verso il sottosuolo. 

Il processo di esatrazione ebbe inizio inizio nel 1955 ed oggi la miniera è profonda 525 metri ed è larga 1,25 chilometri. Stalin ne ordinò la costruzione per soddisfare l’esigenza dell’Unione Sovietica di aumentare la produzione industriale del dopoguerra. 

si stima che qui siano raccolti il 25% di tutti i diamanti del mondo (10 milioni di carati di diamanti all’anno). La miniera fu aperta in condizioni climatiche davvero estreme: con un inverno molto rigido, il terreno congela rendendo difficile ogni scavo, ma ben presto la cava divenne il centro della produzione di diamanti in Russia. Le operazioni a cielo aperto vennero chiuse nel 2009, gli scavi terminarono ed adesso la ricerca dei diamanti prosegue in galleria, attraverso specifici macchinari sotterranei.

Luoghi disabitati: Sanzhi la città fantasma costruita su un cimitero

Anche questa cittadina che sorge sulla costa di Taiwan, sembra uscita da una storia di fantascienza. Il piccolo villaggio si trova a nord della costa nei pressi di Danshui, poco distante da Taipei, la capitale, la sua costruzione risale tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80. Sono misteriose abitazioni che hanno dato vita ad una serie di leggende riguardanti alieni e fenomeni paranormali, tanto da sostenere che il villaggio sia maledetto. La città è abbandonata ed è diventata un set adatto per girare pellicole horror.

Le chiamano Ufo houses. La storia racconta che il progetto è stato abbandonato dopo una serie di incidenti fatali avvenuti durante la costruzione. Secondo le voci che circolano in zona, ora la città fantasma sarebbe posseduta da coloro che morirono costruendola, e, come non bastasse, sorgerebbe addirittura su un antico cimitero. 

City Hall station A New York

La stazione della metro abbandonata, chiusa, ma che è ancora visitabile. Una specie di “capsula del tempo”. La stazione in questione è la City Hall subway station, situata proprio sotto il City Hall, il municipio. È la prima metropolitana di New York; inaugurata il 27 ottobre 1904 e rimase in funzione fino al 31 dicembre 1965, quando venne definitivamente chiusa. La stazione è particolarmente bella, ricca di raffinati dettagli architettonici, tra cui piastrelle di vetro e grandi lampadari, soffitti a volta in mosaico e in vetro dai quali prende la luce naturale e ricorda un po’ il Grand Central Terminal. Qualche anno fa si ipotizzò l’idea di aprire la stazione e trasformarla in un museo del trasporto sotterraneo, ma con i successivi attentati dell’11 settembre, l’idea si rese inattuabile per motivi di sicurezza

Six Flags, luoghi disabitati: il parco distrutto dall’uragano a New Orleans

Abbreviato in SFNO, è un parco a tema abbandonato a New Orleans, Louisiana, chiuso da poco prima dell’uragano Katrina, nell’agosto 2005 e attualmente di proprietà della città.

Six Flags era precedentemente proprietaria del parco, dal marzo 2002, ma dopo aver valutato la devastazione causata dall’uragano e le relative spese esorbitanti per la riparazione dei danni, ha cercato di rescindere il contratto di locazione dopo 75 anni, a partire dal luglio 2006 e infine riuscendoci nel settembre 2009.

Il parco si trova nella zona orientale di New Orleans, all’uscita dell’Interstate 10. Nonostante i vari piani annunciati per la riqualificazione del sito, alla fine del 2022 era ancora un parco divertimenti abbandonato in pessime condizioni.

La città di New Orleans ha più volte annunciato progetti di riqualificazione del parco. L’ultimo accordo con delle compagnie private è dell’ottobre 2021. La città aveva scelto la compagnia Bayou Phoenix, per riqualificare il sito e al suo posto costruire studi cinematografici, complessi sportivi al coperto e all’aperto, due hotel, un parco acquatico, ristoranti e diversi negozi. 

Tuttavia, dopo aver annunciato che il contratto di locazione sarebbe stato nelle mani degli sviluppatori entro la fine dell’anno, il progetto è rimasto nel limbo. Al centro del problema c’era la questione del controllo, ovvero chi avrebbe avuto l’ultima parola su ciò che accade nel sito dell’ex parco a tema.

L’Hotel dei suicidi, una storia da brividi

L’Hotel del Salto, alle Cascate Torquemada, in Colombia sorse nel 1924 per turisti benestanti, offriva uno strapiombo (“salto” in spagnolo) di 157 metri fra le tumultuose acque del sottostante fiume Bogotà. Proprio il panorama però attirò l’attenzione dei turisti che volevano suicidarsi di tutto il mondo, tanto che negli anni ’90 alla proprietà non restò che chiudere.

Negli anni ’50 fu approvato un progetto secondo cui l’hotel dovesse essere ampliato con una struttura alta almeno diciotto piani, ma la costruzione non iniziò mai.

Sono state molte le storie che sono circolate circa la sua chiusura. Negli anni ’70, le acque reflue iniziarono a inquinare il fiume. Si dice che una delle cause della chiusura fosse proprio il cattivo odore che saliva dalle acque. Tuttora una massa di schiuma bianca ricopre il fiume. 

Ma la versione più accreditata sui motivi della chiusura riguardava gli spettri delle tante persone defunte per morte violenta o per suicidio, che disturbavano gli ospiti. Dal giorno dell’abbandono l’hotel è stato chiuso e nessuno vi ha messo piede, tranne qualche cacciatore di fantasmi rimasto molto deluso. Recentemente è stato acquisito dallo stato che ne ha fatto un museo: Il museo della biodiversità e della cultura. Si trova a 18 miglia a sud ovest della capitale Bogotá ed è raggiungibile con una guagua (bus)

Hashima: l’isola della nave da guerra! I luoghi disabitati e l’archeologia industriale

È un’isola dell’arcipelago del Giappone, nota anche come Gunkanjima che significa “isola della nave da guerra“, per la somiglianza della sua forma alla corrazzata giapponese Tosa.

Compresa tra le 505 isole disabitate della Prefettura di Nagasaki, a circa un’ora di navigazione dal capoluogo, Hashima ha ospitato uno dei più prolifici siti minerari del Giappone. Negli anni ’60, al picco della produzione mineraria, vi abitavano circa 5.300 persone. l’estrazione del carbone in quella zona ha giocato un ruolo importante nella modernizzazione del Giappone, ma sino al 1974, quando fu soppiantato dal petrolio come forma energetica predominante.

Dopo la chiusura dello stabilimento minerario, è stata completamente abbandonata e da allora, per il suo estremo decadimento, l’isola è diventata uno dei più grandi e significativi esempi di archeologia industriale.

Il documentario del 2002 che ripercorre i luoghi dell’abbandono

Nel 2002 una produzione svedese ha realizzato il primo documentario sull’isola,  accompagnato da Dotokou, un giapponese che vi era nato e che aveva poi lasciato l’isola da ragazzo, senza più tornarvi. Nel documentario è possibile vederlo ripercorrere le strade della città ormai in rovina tra i ricordi della sua infanzia.

Dopo trentacinque anni di completo abbandono, nel 2009 parte dell’isola è divenuta nuovamente accessibile per ospitare brevi itinerari turistici. Nello stesso periodo l’isola è stata descritta nel programma La Terra dopo l’uomo (Life After People) di History Channel, come esempio del degrado di edifici in cemento armato dopo soli trentacinque anni di abbandono.

Sempre nel 2009 la Rock band giapponese B’z girò sull’isola il video per il single My Lonely Town.  Nel 2012 è stata fonte d’ispirazione per ambientare alcune scene del film Skyfall, della serie di 007 con Daniel Craig . Nel 2013 l’isola è il tema principale del film horror thailandese H Project.

Oggi è disabitata, ma nel 2015 l’UNESCO l’ha riconosciuta patrimonio dell’umanità tra i siti della rivoluzione industriale del periodo Meiji (1868-1912) nelle categorie ferro e acciaio, costruzioni navali ed estrazione del carbone.

Tutte le realtà degradate della nostra storia diventano, prima o poi, dei set per il cinema o per la pubblicità. Tutto fa spettacolo, anche la morte, anzi la morte è l’ultimo spettacolo!