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Libertà d’espressione, il bavaglio a Trump costa caro a YouTube

La piattaforma di video sharing accetta di pagare un maxi-risarcimento da 24,5 milioni di dollari per il ban illegale del Presidente Usa, che gongola: “La censura delle Big Tech ha delle conseguenze”

Libertà di espressione, Libertà d’espressione

Libertà di espressione (© Nomadsoul1 / iStock)

Buone notizie per la libertà d’espressione. Soprattutto perché arrivano da un Paese (gli Usa) e da un dominio (quello dei social network) che a lungo l’hanno, o forse l’avevano calpestata. Permettendo quindi di essere cautamente ottimisti circa la possibilità di esserci finalmente lasciati alle spalle il tempo degli autoproclamati “arbitri della verità”.

Libertà di espressione, Libertà d’espressione
Libertà di espressione (© Nomadsoul1 / iStock)

Buone notizie per la libertà d’espressione

«YouTube si arrende», accettando di pagare al Presidente americano Donald Trump «24,5 milioni di dollari per ban illegale». Lo ha thruttato lo stesso tycoon, che nel 2021, come ricorda Il Sole 24 Ore, venne praticamente escluso da tutte le piattaforme. Non sorprendentemente, visto che l’amministrazione di Sleepy Joe Biden le aveva trasformate in un braccio armato per imbavagliare le opinioni non allineate alla propria narrativa.

Donald Trump
Donald Trump (immagine dalla sua pagina Facebook)

Questa genuflessione sta costando caro (in tutti i sensi) alle grandi aziende tecnologiche. Tra le quali, ricorda l’ANSA, il colosso di video sharing è solo l’ultima a chiudere con un maxi-risarcimento una causa intentata dall’inquilino della Casa Bianca. A cui, come riporta Sky TG24, in precedenza Meta aveva già corrisposto 25 milioni, e Twitter (ora ribattezzato X) circa 10 milioni.

Social media. Caso Telegram
Social media (© Pixabay)

«Una grande vittoria» ha gongolato, non a caso, The Donald, aggiungendo che «la censura delle Big Tech ha delle conseguenze». E che le società californiane dovrebbero indennizzare «tutti i conservatori» di cui per anni hanno vergognosamente silenziato la voce. Sarebbe anche un modo per omaggiare un paladino della libertà d’espressione che recentemente, purtroppo, ha pagato con la vita la sua devozione al free speech: Charlie Kirk.