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L’Italia scopre il potenziale delle “sue” donne

A quattro anni dall’introduzione di una legge sulle quote rosa che ha suscitato polemiche, l’Italia raccoglie i suoi primi “frutti”

A quattro anni dall’introduzione di una legge sulle quote rosa che ha suscitato non poche polemiche, l’Italia raccoglie i suoi primi “frutti” e si distingue come esempio virtuoso rispetto agli altri paesi europei, soprattutto tra quelli della fascia mediterranea. Nello specifico parliamo della legge 120 denominata Golfo-Mosca, approvata nel luglio 2011, la quale imponeva, a partire da agosto 2012, l’osservanza di quote di genere nei collegi sindacali e nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa, obbligo successivamente esteso anche alle società a controllo pubblico.  Nonostante le gravi disparità di cui purtroppo ancora soffre il nostro paese, il risultato di questa legge è stato più che positivo, portando la percentuale rosa nei cda e nei collegi sindacali da 6% a 23%, ma non solo: l’evoluzione positiva della presenza femminile nelle “stanze dei bottoni” non è stata unicamente di tipo quantitativo, bensì e soprattutto qualitativo. Secondo Paola Profeta, co-autrice del libro Women Directors – the Italian way and beyond (PalgraveMacmilan), la legge avrebbe innescato un processo di selezione maggiormente improntato sul merito, incentivando le società a preferire donne più competenti rispetto a uomini meno qualificati e rompendo in questo modo il classico equilibrio dove il potere si concentra prevalentemente nelle mani degli uomini.

Il fatto che la diversità di genere all’interno di una società sia indispensabile e costituisca una ricchezza da non perdere è ormai un dato appurato da tempo, confermato dal contributo di tante donne che nel corso degli anni hanno lasciato un segno indelebile all’interno delle aziende in cui hanno operato. Basti pensare al solo mondo delle auto, fortezza incontrastata degli uomini. Eppure, come è visibile da questa infografica su donne e motori, sono e sono state numerose le donne a capo di aziende importanti, quali Daimler, Opel o Ford, o che sono impegnate nella ricerca tecnologica come dimostra il primo Centro di Competenza specializzato sulle esigenze delle donne automobiliste fondato in Germania.

E sono infatti i paesi del nord Europa ad avere avuto sinora il primato delle quote rosa. Secondo un rapporto riportato dal Financial Times e basato su un sondaggio effettuato da Catalyst, società di analisi del mercato senza scopo di lucro, il paese con il numero di donne più alto nelle aziende quotate in borsa sarebbe la Norvegia, con il 35,5%, seguita da Francia con il 29,7%, Gran Bretagna con 22,8% e Germania con un buon 18,5%. Nonostante il Belpaese abbia fatto passi avanti in questo settore, il ritardo rispetto ai propri vicini europei è evidente ed è da ricondursi principalmente a una cultura maschilista radicata e in parte ancora avversa alla donna lavoratrice e madre. Affinché le leggi introdotte possano essere veramente implementate con successo è necessario che siano accompagnate da interventi fiscali e di supporto alle famiglie, come ad esempio la possibilità anche per gli uomini di prendere un congedo parentale più lungo. Per il momento possiamo guardare con piacere ai tanti segnali positivi e miglioramenti che arrivano da numerose regioni italiane. La Regione Lazio, per esempio, tramite l’iniziativa “Comuni alla Pari” promuoverà la presenza di donne privilegiando la distribuzione di finanziamenti a quei Comuni che rispetteranno le quote rosa.

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