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L’Europa tra passato e presente: l’architetto della Ragione

La storia della filosofia antica e quella della filosofia moderna, entrambe hanno il loro culmine in una coppia di pensatori, molto vicini nel tempo uno con l’altro

La storia della filosofia antica e quella della filosofia moderna possono essere messe in parallelo, almeno da un punto di vista. Entrambe hanno il loro culmine in una coppia di pensatori, molto vicini nel tempo uno con l’altro, che danno uno sviluppo grandioso, uno scavo senza termini di paragone, a quelle che, per secoli, erano state le problematiche dei pensatori precedenti.

Per il pensiero antico, questi filosofi furono Platone e Aristotele; per il pensiero moderno, Kant e Hegel. Nel primo caso, ci fu un discepolato diretto: Aristotele si formò per vent’anni nell’Accademia di Platone, sotto la guida diretta del maestro; nel secondo caso no, ma Hegel fu, cronologicamente e non solo, molto vicino a Kant, per una serie di ragioni che è possibile definire di storia della cultura e dello spirito.

La grandezza di questi nomi è dovuta anche al peso della loro influenza. Platone e Aristotele domineranno la storia del pensiero europeo per millenni, fino alla conclusione della parabola del pensiero medievale e rinascimentale. L’arco cronologico dell’influenza di Kant e Hegel è, per forza di cose, più breve – Kant morì nel 1804, Hegel nel 1831 – ma la loro influenza è stata comunque enorme. Basti pensare al peso che Kant ebbe su Nietzsche, attraverso la mediazione di Schopenhauer e a quello che Hegel ebbe su Marx.

Se si vuole continuare sulla linea dei confronti e dei paragoni, è possibile dire che le grandi opere teoretiche di Hegel – la “Fenomenologia dello spirito” del 1807, la “Scienza della logica” uscita in tre volumi tra il 1812 e il 1816, l’“Enciclopedia delle scienze filosofiche” (1817-1830) – stanno, alla storia della filosofia, nello stesso rapporto in cui la “Cappella Sistina” o il “Giudizio universale” di Michelangelo, stanno alla storia della pittura.

L’unica opera in cui Hegel espose l’articolazione complessiva del sistema, seppure “in compendio”, è l’“Enciclopedia”, tradotta in italiano da Benedetto Croce, per Laterza, agli inizi del Novecento.

Ogni passaggio del sistema filosofico di Hegel, di questa grande architettura della Ragione, è articolato in tre momenti. Alla fine dell’Introduzione all’“Enciclopedia” il sistema, complessivamente considerato, è presentato come segue: la Logica, come “scienza dell’Idea in sé e per sé”; la Filosofia della Natura, come “scienza dell’Idea nel suo alienarsi da sé”; la Filosofia dello Spirito, come “scienza dell’Idea, che dal suo alienamento ritorna in sé” (ed. Laterza, pp. 26-27).

Ora è chiaro che il centro motore di tutto, è lo Spirito, l’Idea, il Logos – e non a caso, Hegel concluderà l’“Enciclopedia” con un passo della “Metafisica” di Aristotele sul pensiero che pensa sé stesso. Il sistema filosofico di Hegel è, dunque, il culmine della metafisica occidentale. A ciò il pensiero post-metafisico della contemporaneità darà due grandi risposte.

La prima è quella di Schopenhauer: l’essenza del mondo non è Spirito, ma Volontà, e non ha molto di razionale. La seconda è quella di Marx: lo Spirito deve essere rimesso con i piedi per terra, poiché se la dialettica hegeliana funziona come metodologia filosofica generale (si tratta, ridotta in pillole, della famosa tesi-antitesi-sintesi, che ci insegnano a scuola), è la materia a costituire il dato fondamentale, da cui ha origine tutto il resto. Ora, è ovvio che su Hegel escono moltissimi contributi critici a ciclo continuo.

Tra di essi, merita una particolare menzione il libro di Franco Chiereghin, “Rileggere la Scienza della logica di Hegel” (Carocci 2 2011), dedicato proprio al capolavoro teoretico dello Hegel maturo. Docente all’Università di Padova, critico asciutto e conciso, nonostante la grande conoscenza della materia, Chiereghin ha la caratteristica – analogamente a Terry Pinkard, specialista americano del pensiero di Hegel di fama mondiale – di leggere il grande pensatore svevo, senza il filtro della grande critica filosofica novecentesca, da Croce a Heidegger, da Bloch ad Adorno.

Il sottotitolo di questa breve opera, che non supera le duecento pagine, suona: “Ricorsività, retroazioni, ologrammi”. Chiereghin intende, dunque, porre il parallelo tra la logica di Hegel e la contemporanea teoria dei sistemi complessi, che domina buona parte del pensiero scientifico contemporaneo. La sua ambizione è, dunque, di mostrare come la “Scienza della logica” non abbia affatto perduto la sua ambizione verso l’aspetto scientifico della verità, che ne aveva sempre costituito l’intenzione profonda.

Poteva essere diversamente? Il cammino del progresso ha proceduto così innanzi, da considerare Hegel un “cane morto”, come già, al principio del “Capitale”, si chiedeva polemicamente Karl Marx? È ovvio, ormai, che la filosofia consiste in un esercizio di inattualità. Che le sue istanze non hanno un feedback diretto da parte del mondo contemporaneo. Eppure il suo ruolo torna centrale, ogniqualvolta gli uomini vogliano ripensare, in modo profondo sé stessi.

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