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L’Europa tra passato e futuro: il pallino della precisione

Il rischio è assai alto ed evidente, che la conseguenza ultima del progresso scientifico sia la distruzione della Terra

Filosofia e scienza si sfidano da diversi decenni. Non solo da quando Heidegger, verso la metà degli anni ’50, coniò il famoso motto: “la scienza non pensa”; ma da Nietzsche, la cui intera impresa filosofica può essere considerata una risposta al positivismo e al suo scientismo imperante. Viceversa, in epoca moderna, filosofia e scienza hanno vissuto momenti di grande accordo, a partire da Descartes e da Kant.

Appare indubbio l’enorme contributo che la scienza contemporanea ha portato nella vita dell’uomo comune. La rivoluzione industriale e la rivoluzione digitale, che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi, sarebbero impensabili senza gli sviluppi del progresso scientifico.

Con molta appropriatezza, Adorno e Horkheimer parlarono, verso la fine degli anni ’40, di dialettica dell’illuminismo, pur in una valutazione sostanzialmente tragica del corso della ragione e del progresso all’interno della civiltà occidentale. Dialettica qui significa che, nella ragione e nella scienza, si alternano momenti di regresso a momenti di spinta in avanti.

La verità è che i più importanti passi avanti compiuti dal pensiero scientifico contemporaneo restano oscuri al senso comune, tanto da suscitare manifestazioni di rifiuto e di pseudo-pensiero come il movimento no-vax, contro cui si batte con coraggio un medico e scienziato di vaglia come Roberto Burioni. Ma ad arginare questa ignoranza dell’uomo comune sui più importanti risultati del più recente pensiero scientifico, ci sono numerose pubblicazioni introduttive.

Tra di esse, meritano di essere segnalati due libri, in modo particolare. Uno è “Il primo libro di filosofia della scienza” (Einaudi 2006) di Samir Okasha, brillante studioso dell’Università di Bristol. Tra i meriti non secondari di questa breve opera, c’è quello di discutere con ampiezza l’eredità del grande libro di T. S. Kuhn, “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” del 1962.

Un altro è il libro di un fisico e studioso come Carlo Rovelli, “Sette brevi lezioni di fisica” (Adelphi 2014), che è diventato un vero e proprio best-seller internazionale. Rovelli ha il pregio di scrivere in modo chiaro, di saper spiegare – conoscendola profondamente – la scienza contemporanea, le sue incredibili conquiste conoscitive, il suo miracolo. La teoria della relatività e la meccanica quantistica, con tutto ciò che ne è conseguito, i neutrini, i buchi neri, il bosone di Higgs hanno la rarefazione della musica dodecafonica o degli scritti dell’ultimo Heidegger.

Rispetto a questo straordinario mondo della precisione, la sensazione è duplice: da una parte, la teoria scientifica ha dimenticato l’uomo (seppure, bisogna riconoscere a Rovelli lo sforzo di misurarsi con questa dimensione: l’ultima lezione del libro ha per oggetto “Noi”); dall’altra, la scienza contemporanea è ancora iscritta, parzialmente almeno, nell’esperienza occidentale del pensiero, in quella macchina che Heidegger chiamava “metafisica”.

Ma quali sono le conseguenze di questo gigantesco processo di applicazione del metodo scientifico alla tecnologia? Mentre, almeno fino al Rinascimento, era l’uomo ad essere al centro del mondo, in questa folle corsa all’infinitamente grande o all’infinitamente piccolo, che la scienza è diventata, al centro del mondo sono state messe le macchine.

Con il rischio assai alto ed evidente, che la conseguenza ultima del progresso scientifico sia la distruzione della Terra, il pianeta in cui viviamo. Si tratta dell’aspetto regressivo dell’illuminismo, su cui hanno scritto Adorno e Horkheimer. L’aspetto progressivo è costituito dai risultati raggiunti dalla medicina. Nonostante Heidegger, il detto di Anassimandro non è in grado di far regredire i tumori.

Alla fine del “Disagio della civiltà”, scritto tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, in un’epoca quanto mai buia, Freud parlò della lotta di Eros e Thanatos, di Amore e Morte. Su questo crinale l’umanità si trova in bilico, oggi come sempre.   (Foto, Via Lattea)

 

 

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