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L’Europa tra passato e futuro, il coraggio della passione

Oggi la politica si fa sui social network, oltreché negli studi televisivi, non esiste più l’agorà, la piazza pubblica dove i liberi discutevano tra pari

La sinistra italiana e la sinistra europea sembrano prese in una crisi che rischia di diventare irreversibile, senza ritorno. Non sono più capaci di elaborare parole d’ordine per il futuro, non sono più in grado di parlare al cuore e alla mente delle persone. Mancano della capacità di offrire risposte plausibili ai problemi che abbiamo di fronte.

Da una parte un modello di sinistra “liberal”, che ha ceduto completamente le armi all’avversario, al neo-liberismo, dall’altra residui di una sinistra nostalgica che rivendicano la lotta di classe. Ad essere rimasto vittima di questo processo è lo spirito della socialdemocrazia che tante pagine di autentico riformismo ha regalato alla politica europea.

Da questo punto di vista, l’elezione di Maurizio Landini a segretario generale della Cgil non può che rappresentare una speranza, se la sinistra deve essere, principalmente, lotta alle disuguaglianze.

Su questo tema esiste un bellissimo film, “Viva la libertà” (2013) di Robertò Andò, con Toni Servillo nei ruoli di protagonista e deuteragonista, che – con pregnanza e passione – mette a fuoco il problema.

Il capo della sinistra italiana attraversa un evidente momento di crisi, politica e personale. Senza avvertire nessuno, decide di sparire, rifugiandosi in Francia da una vecchia amica, nel film interpretata da Valeria Bruni Tedeschi. Così il suo principale collaboratore, il sempre ottimo Valerio Mastandrea, nell’impossibilità di spiegare razionalmente l’accaduto, tenta l’impossibile.

Il leader politico ha un fratello gemello – entrambi i ruoli, come si accennava, sono interpretati da Servillo – che ha due caratteristiche: l’essere filosofo e l’essere stato appena dimesso da una struttura psichiatrica.

Per quella conoscenza uno dell’altro che solo i gemelli sono in grado di avere, il fratello “speciale” intuisce subito la debolezza del suo doppio che non vede più da tanto tempo, sfruttando in senso creativo il potenziale di follia che possiede dentro di sé. Ossia accetta di prenderne il posto, ma senza rivelare l’avvenuta sostituzione.

Da quel momento, un partito fiacco e debole ritrova la propria identità, il coraggio delle proprie scelte e della propria storia, la voglia di esserci, il senso di quella passione di cui le persone hanno bisogno per vivere. Alla fine di questo gioco di sostituzione reciproca, i fratelli si scambiano le parti di nuovo, tornando ognuno al suo posto. Ma il miracolo è riuscito, la sinistra ha ricominciato a sperare e a vincere.

Ora, è ovvio che la realtà è più complessa, sia rispetto ai film che rispetto ai nostri sogni. Che qualcosa è profondamente mutato con la flessibilizzazione delle forme di lavoro, ossia con la precarizzazione del medesimo, che il neo-liberismo ha imposto su scala globale.

Si aggiunga ciò che comporta la rivoluzione digitale in corso da un po’ di tempo in qua. Cambiando i sistemi e le modalità di comunicazione, cambia anche la mente delle persone e non è detto che questo cambiamento sia verso il meglio.

Dal “Manifesto del partito comunista” (1848) di Marx ed Engels a “L’uomo a una dimensione” di Marcuse (1964), passando per Lukács, Sartre e Adorno, una volta erano i libri a fornire le linee – guida, libri che ostentatamente stiamo dimenticando, con un malcelato disprezzo che non ci fa molto onore.

Non solo, ma oggi la politica si fa sui social network, oltreché negli studi televisivi – non esiste più l’agorà, la piazza pubblica dove, nel mondo antico, i liberi discutevano tra pari, e le sezioni sopravvivono a fatica – e questa virtualizzazione e deformazione dello spazio pubblico, rende le cose sempre più difficili.

Rimane che questa è la sfida che il nuovo secolo ci sta mettendo di fronte. Come in passato, non possiamo che accettarla, trarne le conseguenze e cercare di ricavarne il meglio.

(Foto, Toni Servillo in “Viva la libertà”)

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