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Il Titan nel destino del Titanic: trovati i resti del batiscafo

Il Titan, il sottomarino disperso a 3800 metri di profondità nell’Oceano Atlantico, probabilmente è imploso il giorno stesso dell’inizio dell’avventura

Oceano

Oceano

Inutile corsa contro il tempo, non ce l’hanno fatta. Questa mattina la compagnia Ocean Gate, responsabile del sottomarino Titan, ha diramato la notizia confermata dalla Guardia Costiera Usa del ritrovamento di due parti del batiscafo a circa 450 metri dalla prua del relitto del Titanic. Resta da sapere cosa realmente sia accaduto al batiscafo che si era immerso il 18 giugno e che aveva fatto perdere le tracce solo dopo 1 ora e 45′. Il fatto di trovare pezzi dello scafo fa pensare a un’implosione.

Forse dovuta alla pressione esercitata dal mare a 3.800 metri di profondità. Ricordiamo che l’oblò del Titan era stato dichiarato abile a resistere fino a 1.300 metri e per questo uno dei tecnici che l’aveva denunciato era stato licenziato. Ovviamente si tratta di un’ipotesi da confermare. Fatto sta che il batiscafo è imploso e probabilmente ciò sarebbe accaduto subito, quando si sono persi i contatti. Da una parte, se così fosse, sarebbe una morte migliore che vedere diminuire l’ossigeno aspettando i soccorsi.

Chiusi in una lattina di titanio, in un abisso di 3.800 metri

La fine di questa avventura lascia tutti sgomenti per tanti motivi: la brutta morte in una capsula stretta e lunga. Bloccati a quella profondità, con un boato accecante che schiaccia lamiere e persone. Il destino drammatico che da sempre circonda lo scopo di quel viaggio, la visita al relitto del Titanic o di quel che ne rimane e che presto scomparirà per l’erosione dei materiali.

Una nave che già di suo evoca un’altra tragedia assurda, per le dimensioni, per il destino cinico di incontrare un iceberg, non vederlo, non godere di una costruzione adeguata a sostenere l’impatto. Migliaia di morti sono ancora chiusi in quella nave maledetta. La sensazione di claustrofobia che abbiamo immaginato non deve esserci stata se non nella nostra mente come un incubo che ci ha accompagnato da domenica scorsa al giorno del ritrovamento dei pezzi del sottomarino.

Uno dei passeggeri non s’è fidato e non è partito

Desta sgomento il fatto che fosse un’impresa nata per divertimento, una sfida, qualcosa di quasi impossibile. Come volare nello spazio. Infatti somiglia a quel genere di imprese.

L’avventura col Titan è costata parecchi soldi al miliardario britannico Harmish Harding 58 anni, amico di Re Carlo III d’Inghilterra. Con lui ci sono l’uomo d’affari pakistano Shahzada Dawood di 48, con il figlio Suleman di 19 e Stockton Rush 61 anni, patron della compagnia armatrice Ocean Gate, con il pilota francese Paul Henri Nargeolet di 77anni.

Chris Brown, 61 anni, aveva pagato il deposito per il viaggio ma poi ha cambiato idea. Si era informato sulla qualità della tecnologia e dei materiali utilizzati, come riporta The Sun e aveva rinunciato, perdendo 80.000 sterline. Tra le sue preoccupazioni c’erano l’uso da parte di OceanGate di “vecchi pali da ponteggio” per la zavorra e il fatto che i suoi controlli fossero “basati su sistemi tipo gioco per computer”.

Brown ha poi spiegato che, nonostante fosse una delle prime persone a iscriversi “a questo viaggio, alla fine ho deciso che i rischi erano troppo alti”. Poi, ha aggiunto di sentirsi “veramente turbato per Hamish”, che era tra i cinque passeggeri del sommergibile scomparsi. Il sottomarino ha perso la comunicazione durante l’immersione in cerca del relitto del Titanic, che si trova a circa 12.500 piedi nell’Atlantico.

L’estate prima era già accaduto un incidente analogo

La scorsa estate era già accaduto che un sottomarino della Ocean Gate si fosse perso per 3 ore nel viaggio verso il relitto del Titanic. Su quel sottomarino c’era il giornalista David Pogue della CBS americana, che ha potuto raccontare quella brutta esperienza e le sensazioni di claustrofobia vissute, anche se poi tutto s’è risolto per il meglio. Chi accetta di partire firma un contratto in cui solleva la compagnia da ogni responsabilità in caso di incidente. Il pericolo è sempre presente in avventure del genere.

Brown e Harding avevano deciso di vivere questa esperienza, mentre erano in vacanza sull’isola di Necker. Avevano pagato assieme il deposito mentre si stava ancora costruendo il sottomarino. Brown, come abbiamo visto, non s’è fidato e ha fatto ricerche. S’è accorto che il Titan aveva fallito gli obbiettivi chiave durante il test di profondità. Brown che s’intende di elettronica, ha ritenuto preoccupante che la nave fosse gestita da un controller da Playstation modificato.  L’impresa richiedeva strumentazione di alto profilo professionale. Alla fine ha chiesto il rimborso rinunciando a partire.

Una barca sicura e resistente, secondo i proprietari

Il sommergibile è stato lanciato domenica mattina da un rompighiaccio della Guardia Costiera Canadese, noleggiato dalla Ocean Gate. La nave di supporto, come sapete, ha perso il contatto dopo un’ora e 45 minuti. Avevano segnalato il Titan a 435 miglia (700 km) a sud di St.John’s a Terranova. Poi più nulla. La società armatrice ci tiene a parlare del Titan come del più grande sommergibile per immersioni profonde e con una sicurezza molto più elevata dei suoi concorrenti. Purtroppo era lo stesso che dicevano gli armatori del Titanic e abbiamo visto com’è andata. La tragedia s’è ripetuta e forse le responsabilità dei costruttori sono più gravi di quel che loro stessi non credono.

Il Titan è realizzato in titanio e fibra di carbonio e pesa 9 tonnellate circa nell’aria, ma è zavorrato per galleggiare sul fondo marino. Dicono che può raggiungere i 4 km di profondità con un alto margine di sicurezza, rilevata nelle oltre 50 immersioni test effettuate. A quei livelli la pressione è terribile. Però come sapete l’imprevisto è sempre da mettere in conto. Cosa sarà successo non lo sappiamo e speriamo di poterlo sapere presto.

Anche se lo avessero trovato come si poteva farlo riemergere?

La Guardia Costiera ha rilevato un suono a intervalli regolari provenire dagli abissi e ha dedotto che devono essere loro. Il pilota, che era un esperto sub, conosceva il protocollo per allertare la squadra di soccorso e probabilmente avrebbe potuto essere lui ad eseguire il rumore per tre minuti ogni mezzora. Ma sappiamo che non è andata così. I rumori sono stati captati anche da un Lockhead Canadese P-3 Orion che esegue la sorveglianza subacquea. Per tutta la giornata di lunedì e martedì sono stati setacciati 26.000 kmq di oceano, uno spazio grande quanto il Libano.

Da mercoledì anche la nave francese Atlante è entrata in azione con il sottomarino robot Victor 6000, manovrabile da remoto. Sembra questo il mezzo che ha scovato i resti del Titan sul fondale. Logico che se il Titan fosse stato, casomai, incagliato sarebbe comunque stata un’impresa ardua riportarlo in superficie e anche perché manovrare al buio a 3.800 metri negli abissi dell’Oceano è un’impresa complicata. Gli esperti avevano anche valutato la possibilità che fosse riemerso da qualche parte ma la cosa non cambia molto perché i portelloni non si potevano aprire che dall’esterno e sarebbero comunque morti.

Nel 2000 un sottomarino russo naufragò con 118 marinai

Viene alla mente l’incidente del 12 agosto 2000 al sottomarino nucleare russo Kursk, impegnato in esercitazioni navali. Uno dei siluri di prova scoppiò danneggiando la nave e lasciandola sul fondo, poi un’altra esplosione lo spostò di nuovo ma lasciandolo in avaria. Dei 118 marinai molti morirono nelle due esplosioni e solo 23 restarono in attesa dei soccorsi che però non arrivarono.

Una nave speciale norvegese equipaggiata con batiscafo si agganciò al sottomarino trovandolo allagato completamente e senza superstiti. Agghiaccianti furono le lettere dei marinai che attesero invano di essere salvati. Per giorni il mondo restò col fiato sospeso nella speranza di salvare qualcuno dei marinai imprigionati, ma fu tutto inutile e gravi ritardi furono imputati alle forze di soccorso russe.