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Il successo? oggi coincide con notorietà instabile e non con competenze durature

Da neuropsichiatra ed ex ministro per la Famiglia, racconto le illusioni di oggi, alimentate dal Web

Il successo prima coincideva con beni materiali o con traguardi professionali e famigliari, oggi con la notorietà. Ieri il successo poteva essere rappresentato dall’automobile, lo stipendio, l’avere un marito o una moglie e dei figli che studiano, un risultato di fatto. Quello di oggi è un successo ineffabile, come l’avere un certo numero di seguaci sui social. In questo momento storico di incertezza sociale e familiare, mancano dei punti di riferimento perché si dia una concezione del successo legata a dei meriti duraturi, ad una competenza guadagnata con fatica negli anni di approfondimento nel proprio campo.

La figura dell’influencer incarna proprio questo successo senza contenuti, un’esposizione di marchi e griff che vengono veicolati da un personaggio “del momento”, quindi, già da questa espressione, instabile. Il successo oggi è scambiato con notorietà. E questo produce un’illusione molto dannosa, quella che chiunque possa diventare un protagonista; ma è evidente che nel mondo non possono essere note sette miliardi di persone!

Il successo in una visione a mio avviso più autentica e lungimirante compete per ciascuno ad una causa, ad un risultato, ad una vittoria personale o professionale che non per forza coincide con l’essere famosi. Anche il denaro sembra risultare oggi un indicatore meno importante o vistoso del successo, infatti il denaro è la conseguenza di avere follower e like, ma appunto, è un denaro che deriva dall’essere conosciuti, non da un qualche prestigio. La notorietà mondiale, come del quartiere, non è legata a competenze, ma a parametri immateriali e molto relativi e aleatori.

Ci stiamo preoccupando molto, per carità a ragione, del virus cinese, ma la vera epidemia di oggi, che abbiamo sotto casa e nel telefono, è quella dell’incertezza che ci spinge a ritenerci di successo solo se gli altri ce lo riconoscono, se i numeri del web ce lo fanno “visualizzare”. Non vorrei eccedere con la visione critica ma me ne occupo come neuropsichiatra anche perché emergono nuove patologie legate a questo senso precario e tutto sommato vuoto del successo. Penso che sia un periodo di passaggio con abilità umane che mutano ma sento anche di dover dire che ognuno è protagonista del proprio percorso di vita e occorre presto riconoscerselo. L’ansia è un motore di inquietudine che ci ha fatto scendere dagli alberi, che ha fatto partire Ulisse, mentre l’ansia patologica è una grande famiglia di disturbi che vanno dall’alcolismo all’anoressia, e che conduce solo a frustrazione e autolesionismo…non di certo a scoprire isole magiche come fece il grande eroe greco.

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