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Il presunto “Testamento Omega” di Benedetto XVI: una ricostruzione fantasiosa

Affrontiamo il presunto “Testamento Omega” scritto da una suora colombiana sotto la dettatura – così si dice – di un’apparizione post mortem di papa Benedetto XVI

Scrittura automatica

Finora non ho mai voluto affrontare la questione del presunto “Testamento Omega” scritto da una suora colombiana sotto la dettatura – così si dice – di un’apparizione post mortem di papa Benedetto XVI. Tuttavia, siccome mi giungono sempre più richieste circa il mio pensiero in merito, sono costretto a prendere pubblica posizione.

“Codice Ratzinger”, inchiesta basata sui fatti

Nella mia quasi triennale inchiesta non ho minimamente poggiato le mie indagini su profezie, veggenti, premonizioni, sogni, visioni o similia.

Solo, a margine del mio volume “Codice Ratzinger” che ha superato le 17.000 copie vendute ed è oggi disponibile in quattro lingue grazie ai volontari che l’hanno tradotto, mi sono permesso di aggiungere – in appendice – una mia interpretazione del Terzo Segreto di Fatima che, interpretato allo specchio, a rovescio, offre un simbolismo che si attaglia perfettamente alla situazione indagata nel libro inchiesta. L’unica cosa che ci si può permettere di fare è vedere se, dopo l’esame della realtà più inconfutabile, le profezie dichiarate veritiere dalla Chiesa possano trovare o meno qualche riscontro.

Mai invertire il processo realtà-profezia. Ci sono persone che ritengono che papa Benedetto sia fuggito e sia ancora vivo perché la veggente di Vattelappesca ha detto che “il papa sarebbe fuggito da Roma”. Secondo loro, il corpo esposto in San Pietro sarebbe di un sosia, ma non specificano se sia stato ucciso per l’occasione o scongelato dal freezer all’uopo.

Peraltro, in ottica di fede, profezie e preveggenze devono essere innanzitutto validate dalla Chiesa, poi, non solo ben di rado vanno interpretate in modo letterale, ma potrebbero essere anche di natura demoniaca.

Il “Testamento Omega”

Ho visto molti validi elementi finiti fuori carreggiata proprio per cercare una soluzione in questo mondo rarefatto e ineffabile, affascinante quanto di nessuna utilità pratica. Vi immaginate un’inchiesta giornalistica basata sul sogno di un veggente o sui fondi di caffè di un’indovina?

Bisogna riconoscere che questo “Testamento Omega” offre una ricostruzione avvincente della vicenda, ma i molti dettagli veritieri che sono stati inseriti sono già tutti disponibili sulla stampa. Chiunque abbia seguito bene e da vicino la Magna Quaestio, e anche l’indagine del sottoscritto, avrebbe potuto confezionare questa presunta visione con fatti incontestabili.

C’è però da dire, innanzitutto, che ben difficilmente papa Benedetto affiderebbe alla visione di una suora un suo testamento: qui vengono ignorati fatti patenti di diritto canonico, dichiarazioni esplosive e documentate, figuriamoci se giornalisti e prelati potrebbero mai dar retta a un evento paranormale del genere. Quanto è stato sovracostruito nella narrazione, oltre ai fatti pubblici, in particolare sul ruolo di Mons. Gaenswein come carceriere bergogliano e addirittura come avvelenatore di papa Benedetto, è completamente campato in aria.

Come ho già avuto modo di spiegare in un articolo di qualche tempo fa, l’arcivescovo è stato il più fedele, leale e chirurgico servitore di papa Benedetto.

Mons. Gaenswein si è fatto latore di un’infinità di raffinatissimi codici Ratzinger, fin almeno dal 2016, quando pronunciò il famoso discorso del “ministero allargato”, una prolusione che conteneva tutto il perfetto sistema papa legittimo-illegittimo/contemplativo-attivo prodotto dalla sede impedita.

Il carceriere bergogliano

Ora, tali Codici sono, per loro natura, estremamente delicati: una parola in più, o in meno, ne devasta il senso logico. Un messaggero infedele avrebbe potuto al massimo riferire, di malavoglia, il senso generico di quanto detto da papa Benedetto, calpestandone involontariamente il preciso assetto logico-lessicale. Per farlo come lo faceva Mons. Gänswein, c’era invece bisogno di una suprema attenzione e dedizione, della piena volontà.

Già questo discorso fa piazza pulita di qualsiasi dubbio, ma ammettiamo, per assurdo, che Mons. Gänswein fosse il “carceriere bergogliano” di papa Benedetto, come  vuole un vecchio cliché. Allora egli dovrebbe essere una specie di automa, un robot teutonico e acritico che inconsapevolmente citava a pappagallo e perfettamente a memoria ciò che gli imponeva di ripetere papa Benedetto: “Eccellenza, dica esattamente così, non una parola di più, non una di meno”, avrebbe dovuto raccomandargli papa Ratzinger.

E quando poi, sulla stampa, l’automa-Gaenswein veniva messo alla berlina come ignaro latore di un messaggio del suo prigioniero, perché continuare bovinamente a farsi “usare” da papa Benedetto? E’ assurdo, no?

La ricostruzione della suora è quindi, per quanto mi riguarda, una suggestione che mescola realtà e fantasia, probabilmente in buona fede, ma nulla più.

Fino alla morte del Santo Padre, Mons. Gaenswein ha continuato a esprimersi in un codice Ratzinger sempre più sottile. Con il suo libro “Nient’altro che la verità” egli è però passato a un altro escamotage: quello di “spararle” sempre più grosse e incredibili per stimolare il dibattito. Del resto, tacere farebbe cadere la questione nel dimenticatoio, parlare apertamente non può ancora, resta solo il mostrarsi artatamente “più realisti del re”.

Mons. Gaenswein e il “Codice Ratzinger”

Egli sa che più si comprime la verità, più questa salta fuori. Risultato raggiunto: nei giorni successivi all’uscita del libro, lo scrivente ha completato alcune acquisizioni definitive sulla Magna Quaestio, cioè la faccenda dell’hora vigesima e quella di Benedetto VIII.

Prova ne sia l’ultima intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera dove dice: «E ancora di più a partire dal 28 febbraio, quando alle ore 20 il Papa firmò la rinuncia e salì sull’elicottero che lo portò a Castel Gandolfo, perché il monastero Mater Ecclesiae non era ancora pronto a ospitarlo ». 

Ora, tutti sanno che papa Benedetto prese l’elicottero alle ore 17.00 per spostarsi in Castel Gandolfo e che non ha mai firmato alcuna rinuncia, come messo in luce dal libro “Il vero papa è ancora benedetto XVI” (2017). E’ un documento che si richiede da almeno dieci anni e nessuno è mai stato in grado di produrlo, perché certo papa Ratzinger non poteva ratificare la sua sede totalmente impedita, che è puramente rimasta fattuale.

Quindi, come leggete, Mons. Gaenswein con questo patente errore continua a parlare in Codice Ratzinger, o meglio in un “Codice Gaenswein” che, al contrario del precedente, si avvale di incongruenze plateali ed evidenti “panzane” per stimolare il dibattito e far emergere nient’altro che la verità.

Non date, quindi, retta a veggenti, mistiche, profetesse in buona o cattiva fede che siano: mantenete il contatto con il Logos e la Realtà, e capirete.

Questi brevi documentari, vi chiariranno ogni dettaglio.

Dies Irae”: in questo (17 minuti) si illustra la perfezione della dinamica canonica con cui papa Benedetto si è fatto porre in “sede totalmente impedita” per poter rimanere il vero papa e scismare così, fin dall’inizio, il cardinale Bergoglio.

Intelligenti pauca”: nel secondo documentario, (16 minuti), si mostra come papa Benedetto, nell’arco di nove anni di impedimento, ci abbia fatto comprendere la situazione canonica con una serie di inequivocabili messaggi.