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Il lavoro dello storico e la critica dell’ideologia: omaggio a Luciano Canfora

“La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità”

Una volta, Cicerone diede una definizione della storia, che è diventata un caposaldo della cultura occidentale: “Historia magistra vitae”. Ma vale la pena ascoltare l’argomentazione di Cicerone nella sua interezza, per come è tratta dal “De Oratore” (II, 9) e riportata nel portale online dell’Enciclopedia Treccani.

Scrive il patriarca delle lettere latine: “Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis”. La traduzione italiana suona: “la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità”.

In un paese di grande tradizione storica, e di grandi tradizioni storiografiche, come l’Italia – da Machiavelli, Guicciardini e Paolo Sarpi a Giambattista Vico, Benedetto Croce e Federico Chabod – il lavoro storico attuale è rappresentato, con serietà e profondità, dalle ricerche di Luciano Canfora. Canfora è uno storico e filologo del mondo antico, che ha dedicato importanti ricerche anche alla storia moderna e contemporanea.

Ripensare l’Occidente

Per quanto concerne la storia antica, Tucidide e la storia politica ateniese tra V e IV secolo a. C. sono, certamente, tra i temi fondamentali del suo lavoro. Basti pensare all’edizione da lui curata della “Guerra del Peloponneso” (Einaudi-Gallimard) di Tucidide. Nonché al volume “Il mistero Tucidide” (Adelphi) e al più recente libro “Tucidide. La menzogna, la colpa, l’esilio” (Laterza).

Sempre in ambito antico, Canfora si è dedicato a riflettere sulla storia romana, nel cruciale secolo delle guerre civili che condurranno all’Impero. Così abbiamo un importante libro su “Giulio Cesare. Il dittatore democratico” (Laterza) e due libri sulla transizione augustea: “La prima marcia su Roma” (Laterza) e “Augusto figlio di Dio” (Laterza), scritto per il bimillenario della morte di Augusto, nel 2014.

A dimostrazione della capacità di Canfora di essere storico a tutto tondo, quindi non solo storico del mondo antico e filologo classico, ma anche storico del mondo moderno e contemporaneo, ricorderei due titoli particolarmente importanti.

Il primo è “La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile” (Sellerio) ed è dedicato all’assassinio di Giovanni Gentile nel 1944, ai suoi risvolti politici e culturali. Il secondo è “La democrazia. Storia di un’ideologia” (Laterza) e copre l’intero arco della storia della democrazia in Occidente, dall’epoca antica a quella moderna e contemporanea.

La storia contropelo”

Per quanto riguarda l’impostazione complessiva del lavoro storiografico di Canfora, essa è, indubbiamente, marxista. Che Marx sia, nella nostra epoca, caduto in disgrazia come profeta della rivoluzione, non mette in crisi la forza critica del marxismo, sia come sguardo sulla contemporaneità che come sguardo sulla storia.

Ciò riconobbe anche Heidegger, nella “Lettera sull’umanismo”: ossia un pensatore nettamente anti-marxista e anti-progressista. Una volta, Walter Benjamin ha scritto: “Non è mai un documento della cultura senza essere insieme un documento della barbarie.

E come non è esente da barbarie esso stesso, così non lo è neppure il processo della trasmissione per cui è passato dall’uno all’altro. Il materialista storico, quindi, prende le distanze da esso nella misura del possibile. Egli considera suo compito spazzolare la storia contropelo” (“Sul concetto di storia”, VII, ed. it. Einaudi).

Da questa impostazione discende che uno dei principali interessi storiografici di Canfora è la critica della cultura democratico-liberale, tanto antica che moderna. Basti pensare al suo “Critica della retorica democratica” (Laterza). Secondo quest’ottica, è possibile affermare che il suo libro più importante, definitivo, conclusivo, sia “Il mondo di Atene”, pubblicato per Laterza nel 2011.

Un sogno eterno

Il momento culminante in cui, ad Atene, sorsero il Partenone e i capolavori di Fidia; la filosofia di Socrate e Platone; il grande teatro tragico e comico; la grande politica di Temistocle e Pericle – non è di facile comprensibilità, nemmeno per chi ha una formazione classica.

Ma, appunto, queste sono le matrici di quel grande sviluppo storico-culturale. Innanzitutto, la politica imperiale di Atene sul mare, concepita da Temistocle e proseguita da Pericle, dopo la grande avventura delle guerre persiane (490-479 a. C.).

Il sopraggiungere del pensiero filosofico greco ad Atene, con Anassagora, Socrate, Platone e Aristotele – laddove la grande stagione della sapienza greca aveva avuto come protagoniste regioni geografiche come la Magna Grecia e l’Asia minore. Uno sviluppo letterario ineguagliabile, con le tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide e le commedie di Aristofane – protagonista il Teatro di Dioniso, ancora oggi visitabile alla base dell’Acropoli.

Dunque, nello spazio di un secolo, Atene immagina il sogno dell’uomo con uno splendore di accenti che rimarranno irripetibili.

Uomini stellari

Nel “Mondo di Atene”, Canfora conduce una ricerca estremamente rigorosa sulla vita politica e culturale ateniese tra V e IV secolo a. C. Una volta Jacob Burckhardt, il grande storico svizzero amico di Nietzsche, scrisse: “in Tucidide potrebbe esser riferito un fatto di primaria importanza che sarà riconosciuto solo tra cento anni”.

Questa sembra essere anche la persuasione di Canfora che, seguendo molto da vicino il grande storico greco, illumina la vita politica ateniese dalla Guerra del Peloponneso (431-404 a. C.), ossia da Pericle, proseguendo fino all’affermarsi della potenza macedone, che vede la sconfitta del grande retore ateniese Demostene.

Ovviamente, è impossibile non tenere conto delle premesse, storiche culturali e politiche, della fase storica analizzata da Tucidide. Ossia l’affermarsi della democrazia ateniese con la riforma di Clistene del 508/507 a. C. (nonché, prima ancora, con quella di Solone del 594 a. C.) e la grande stagione delle guerre persiane, al principio del V secolo.

Si tratta, dunque, di centosettanta anni di storia – la battaglia di Cheronea, che vede l’affermazione di Filippo il Macedone è del 338 a. C. – in cui i Greci, e Atene in modo particolare, scrivono una pagina irripetibile della storia e della cultura occidentali.

Non solo, ma è il momento in cui l’arte e la filosofia greca fioriscono nel modo più splendido. Si pensi che, in quegli anni, ad Atene, sono vivi e operanti Socrate, Platone e Aristotele. Ed è uno dei meriti di Canfora mostrare le risonanze tra Tucidide, i tragici, Aristofane, Platone e Aristotele.

Considerando, in termini di bilancio, la sostanza di quegli anni irripetibili, all’inizio del capitolo su Platone del suo “La natura ama nascondersi” (Adelphi) del 1948, Colli ha scritto: “Atene è caduta, Socrate e i grandi tragici morti, Aristofane in declino: va un mondo il cui fragilissimo e incredibile equilibrio è durato sin troppo” (p. 261).