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Il belarismo

di Domenico Politanò

Sono certo che già vi state chiedendo che cosa significhi ‘belarismo’ perché per le vostre orecchie è un suono nuovo, sconosciuto. Vi risolvo subito l’interrogativo. In realtà questa parola è un neologismo da me creato ad uopo per l’argomento che mi è impellente trattare in questo articolo. Non ricordo di averla mai letta o sentita nella vita, prima del mio ‘geniale’ atto creativo. Ma se così non fosse, chiedo scusa di già all’eventuale primo autore. Vedrete, comunque, che nessun filologo riuscirà a smentirmi e togliermi il ‘brevetto’ sul termine.

Belarismo è una parola che mi permetterà d’iniziare un dialogo informativo, in tutto il mondo, sul fenomeno che desidero trattare e risolvere. Sì! Presuntuosamente desidero sradicare dalla faccia della terra il fenomeno degradante del ‘belarismo’. Come quando lottai, da Accarezzami l’anima o Un Giorno Speciale del direttore Vergovich, per togliere dall’uso quotidiano parole come ‘Diciamo’ o ‘Niente’ ad ogni inizio di dialogo o per insegnare l’igiene profonda; tanto per ricordare qualcosa di  poco gradevole.

Portando a livello di coscienza ‘il fatto’ del ‘belarismo’ mi auguro di dare impulso a studi più approfonditi e importanti. Perché questo male che affligge l’umanità intera o una gran maggioranza degli abitanti del nostro pianeta, possa risolversi definitivamente; migliorando in modo concreto le nostre capacità di comunicazione.

Amo le parole. Alla follia! Ne sono innamorato. Fin da bambino. Mi piacciono la loro grafia e i loro suoni; oltre al contenuto che, volta per volta, pensiero su pensiero, viaggiando una accanto all’altra, esse riescono a creare naturalmente se usate da menti lucide e soprattutto colte. Una bella frase in poesia o in prosa è un orgasmo emotivo inarrivabile ed unico.

Insegno ai miei studenti ad amare le parole e pure i silenzi che servono a separarle una dall’altra. Perché, insieme, parole e silenzi, ci permettono di esprimere con sfumature diverse, stati diversi d’animo. Ma ripeto, una larga maggioranza di umani, ha problemi con la parola (suono) e il silenzi (vuoto di vibrazioni fonetiche) al punto da inibirsi da sola una possibilità di comunicazione a livello profondo.

Le parole sono mal pronunciate. L’apparato fonetico ignorato nei suoi singoli organi e nella sua commovente complessità. Pochi specialisti conoscono i nomi e le funzioni degli organi preposti alla fonazione. Eppure dovremmo conoscerli tutti! E prendercene cura giornaliera di essi. Perché essi ci permettono di parlare, di comunicare, di dire una delle frasi più brevi e intense che l’uomo conosca: ‘Ti amo’. Perché il suono è la voce dell’anima.

Le parole e i silenzi da noi usati, ci definiscono, come personalità. Non si può negare questo dato né cercare di sminuirlo. A seconda dell’uso che ne facciamo siamo ‘considerati’ colti o incolti. A seconda di quante parole conosciamo e di quanti silenzi espressivi (paradosso?) siamo capaci, la gente ci valuta. Oggi, finanche, purtroppo, dalla velocità, con cui parliamo. Le parole e i silenzi ci mettono in grado di poter arrivare nel profondo dell’anima dei nostri simili, o di sfiorarla appena  lasciando su di essa una sensazione di leggera brezza, glaciale, come la morte.

Cerco di trasmettere ai miei studenti tutto ciò che so e immagino o deduco dalla mia cultura, sulla creazione dei suoni vocali dall’origine dei tempi; e mi appassiono, realmente. Perché cercar di conoscere le trasformazioni dai primi ancestrali e indefiniti grugniti o fonemi primordiali degli umanoidi, per arrivare ai suoni attuali della parola, anche a quella meccanica riprodotta dai robot e in uso nei pc (soprattutto in video su Youtube) è come immergersi in un oceano illimitato, dove si può rischiare d’annegare per troppo sapere e di restare quindi da soli. Perché le domande e le risposte che la cultura pone ed offre, intimoriscono i più, ancora nel 2014; soprattutto i ‘gestori’ di umani: i politici; che fanno della creazione scientifica dell’ignoranza, il motivo principale della loro acquisizione di potere.

Il belarismo, per concludere questo primo articolo sul ‘fatto’ è quella emissione di orrendi belati prima di ogni parola, che la maggioranza di umani fa:  Beeeeeeeeeeeeeee… booooooo… buuuuuuuuu… caaaaaaaa… chiiiiiiii… eccetera, eccetera, eccetera. E non mi soffermerò su alcune specifiche categorie che vanno per la maggiore nei nostri media.

Il ‘belarismo’ è brutto! Davvero brutto; anche dal punto di vista grafico, oltre che sonoro.

Capisco che spesso l’uomo sia pensato e valutato come pecora o pecorone; capisco che l’uomo sia stato addomesticato a camminare a quattro zampe, e a belare come le pecore; capisco, malgrado il disgusto, che molti uomini preferiscano le pecore alle donne; capisco in fondo che l’uomo sia oramai assuefatto a soggiacere alle imposizioni palesi o nascoste o addirittura subliminali, dell’oligarchia aristocratica dominante. Ma permettetemi di affermare che se ognuno di noi volesse, davvero, con forza, potrebbe togliere, ai creatori di morte e di ignoranza, la possibilità di annientarci, facendoci regredire ai tempi dei grummmm, gmannnn, krashhh, kuzzz, tirrrr, beeee… wwwuuuuu. Wuauuuuuuu!Wow!

Facciamo attenzione quindi ad inizio e fine di ogni parola: evitiamo di belare. Io ve lo ricorderò sempre. Fino a divenirvi antipatico. Voi, ricordatelo a me se mi sentite farlo. Fino a divenirmi antipatici. Un uomo ed una donna che parlano bene, innamorano. E il nostro idioma è meraviglioso.

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