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Il 30 gennaio 1958 la Legge Merlin diceva basta alle case di tolleranza. C’è chi vuole riaprirle

Il dibattito sulla prostituzione è sempre aperto sulla possibilità di regolamentare la prostituzione permettendo a chi fa questo professione di legalizzarla

Auto della Polizia di notte

Le case di tolleranza, note anche come bordelli, erano istituzioni legali in Italia dove la prostituzione era regolamentata dallo Stato. Queste case erano luoghi specifici dove le prostitute lavoravano e vivevano sotto regole e sorveglianza. Lo scopo era quello di controllare e limitare la prostituzione a determinate aree, cercando di ridurre la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e di mantenere l’ordine pubblico. La gestione di queste case era soggetta a norme e regolamenti rigorosi, e la loro esistenza era un aspetto riconosciuto e accettato della società fino alla chiusura avvenuta con l’approvazione della legge Merlin nel 1958.

Il 30 gennaio 1958, l’Italia assistette a un cambiamento storico nella gestione della prostituzione con l’approvazione della legge Merlin. Questa legge, proposta dalla senatrice Lina Merlin, portò alla chiusura delle case di tolleranza, segnando la fine di un’era di regolamentazione legale di queste istituzioni. Prima della legge, le case di tolleranza funzionavano sotto una normativa che permetteva la loro esistenza e regolamentazione, creando zone in cui la prostituzione era legalmente riconosciuta.

La legge Merlin non solo chiuse queste case, ma introdusse anche un approccio più moderno e umano per affrontare la questione della prostituzione, mirando a combattere lo sfruttamento e la tratta di persone. Questo passaggio legislativo ha rappresentato un importante momento di progresso sociale e di riforma per l’Italia.

Il dibattito sulla prostituzione è sempre aperto e a più riprese la politica si è interrogata sulla possibilità di regolamentare la prostituzione permettendo a chi fa questo professione di legalizzarla, come impegno lavorativo permettendo anche allo Stato di sottoporre a regime fiscale questa attività. Non sono pochi anche tra i cittadini a non considerare assurda questa ipotesi che renderebbe la prostituzione più trasparente e meno interessante per la criminalità.