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Gli italiani sempre più malinconici

“Gli esseri umani sono capaci di sublimi autoinganni, trasformano  le proprie colpe in colpe altrui”

Una donna seduta di spalle su una panchina che guarda il mare

La fotografia che esce dall’ultimo rapporto del Censis per il 2022 restituisce l’immagine di un popolo, quello Italiano, triste e malinconico.

Poteva far da monito a tale evenienza la fase liquida che viviamo come società,  già evidenziata dal grande sociologo Baumann,  dove, precarietà lavorativa, incertezza sentimentale ed una esasperata disuguaglianza non potevano che lasciare campo a reazioni emotive di scoraggiamento e rimpianto.

Poi, però, la pandemia (da cui non siamo affatto usciti, anche se, giustamente, dobbiamo provare a credere nel contrario), ha potenziato tutti questi problemi, aggiungendone altri. 
Al periodo pandemico poi è seguita la guerra e, a ruota, l’inflazione e la crisi energetica. Calo dei consumi, preoccupazione per il futuro, calo delle nascite e un generale chiudersi sempre più dal punto di vista relazionale.

Un vero e proprio periodo buio della storia. Ma che tipo di condizione è quella malinconica?
La malinconia è l’espressione umana di un sentimento dato da fattori sia biologici, sia personali ma quasi sempre riconducibili a fattori psicosociali. È differente dalla tristezza, la malinconia non si riferisce ad un determinato oggetto o situazione, più genericamente si può relazionare ad una condizione di sfiducia verso il presente e futuro e di rimpianto per il passato. In sintesi la mancanza di una condizione che non esiste più!

Conseguenza diretta o generatrice è la completa assunzione di impotenza rispetto ad ogni possibile cambiamento, figlia del quale diviene l’inettitudine del popolo stesso.
Tanto che ne consegue una minore partecipazione politica, piazze vuote e, a dire il vero, seggi semideserti.
Siamo diventati campioni di impotenza appresa? Probabile. 

La sfiducia è palpabile, la convinzione di poter dire la propria e incidere in qualche modo, fiochissima. 
Le poche battaglie corrono sul web, dove è sempre più evidente il divario tra le vite dorate di una esigua fascia della popolazione e le difficoltà degli altri.

Non è sempre facile, però, trovare istanze, semi, rivendicazioni di equità e giustizia condivisibili nemmeno in questo caso, perché il discorso si appiattisce, si svilisce e il passo dal mero odio social di chi, potendo, farebbe esattamente la stessa vita lussuosa di chi critica, è sempre più breve.

Ma c’è un dato che oltremodo dovrebbe interessare gli osservatori, – la pandemia, la guerra, la crisi economica e l’inflazione sono eventi che hanno colpito altri stati -, anche gli altri popoli soffrono questo stato emotivo di malinconia?
Perché la restituzione di una condizione unica e tutta italiana aiuterebbe tantissimo nell’analisi del fenomeno, che sicuramente deve focalizzarsi anche sugli aspetti puramente endogeni e sul perpetuarsi di sistemi culturali e antropologici che non si riescono ad estirpare.
Come sosteneva Nietzche: “gli esseri umani sono capaci di sublimi autoinganni, trasformano  le proprie colpe in colpe altrui…per poi aggiungere….la memoria e i sensi di colpa cedono volentieri il passo alle sensazioni presenti!”

In collaborazione con la Dottoressa Carolina Siciliani.