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Gente de fogna a chi? Il sonetto a Roma scatena la campagna elettorale

A Roma parte la campagna elettorale e sarà il caso di cominciare a chiedere seriamente ai Partiti e ai candidati: Chi siete e dove volete portarci?

Raggi bis

Virginia Raggi, Roma campagna elettorale

Tanto rumore per nulla verrebbe da dire. Sembra incredibile che un sonetto romanesco, che forse voleva aiutare la Sindaca Raggi, abbia scatenato questo putiferio. Certo, il sonetto è stato scritto solo per rimproverare ai romani di non aver saputo apprezzare, quindi di non meritare, una Sindaca così brava. Ma la miccia che ha dato fuoco alle polemiche è tutta in quel “annamo via da sta gente de fogna”. Gente de fogna a chi? Ma come si permette questo pseudo poeta di dare del “gente di fogna” a noi romani? E soprattutto, come si permette Beppe Grillo, che di Roma conosce solo qualche albergo del centro, di dare risalto a quell’offesa sul suo blog ufficiale, arrivando persino a ringraziare l’autore, tal Franco Ferrari, finora sconosciuto ai più?

Una frase che scongela la campagna elettorale

Il Covid-19 aveva temporaneamente congelato la campagna elettorale permanente che affligge l’Italia, ma a scongelarla in un istante ci ha pensato il “calor rosso” della frase incriminata. Chi cercava lo spunto per lo scontro politico, dopo il risveglio dal lockdown, non poteva sperare di meglio che trovare per colazione, uno stupido sonetto sul quale inzuppare felicemente il biscotto della polemica. Tutto merito, si fa per dire, di Franco “Carneade” Ferrari, che forse capisce di politica ma certamente non ha dimestichezza con la diplomazia.

I sindaci amati dai romani

Ma il “poeta” capisce forse poco anche dell’amministrazione capitolina, visto che di buon Sindaco ricorda solo il compianto Luigi Petroselli, consegnato al mito da una morte prematura. Petroselli era un Sindaco speciale, molto vicino al popolo e da non romano, essendo nato a Viterbo, amava Roma più dei romani. Ma di sindaci che sono stati amati dai romani ce ne sono stati diversi, come Rutelli e Veltroni, che ebbero un consenso quasi plebiscitario, perso solo per l’infelice decisione di lasciare Roma per tentare la scalata di Palazzo Chigi. I romani hanno una buona memoria per certe cose e se li abbandoni anch’essi ti abbandonano.

Il buco di Veltroni che giustificò Alemanno

Di Veltroni, per la verità, si ricorda anche il famigerato “buco di bilancio” sul quale si è molto discusso e che, comunque, non era frutto né di corruzione né di sperpero, ma di investimenti per la Città, più o meno validi. Quel “buco” fece buon gioco ad Alemanno che lo sfruttò a lungo per nascondere la sua incapacità amministrativa. Tuttavia, quando Alemanno ottenne dai suoi amici del Governo di scorporare il debito pregresso, affidandolo a una gestione commissariale separata, le cose non migliorarono.

L’escamotage non favorì la buona amministrazione e se ci furono dei benefici riguardarono solo i suoi amici più stretti, alcuni dei quali incappati poi, come lo stesso Alemanno, nelle maglie della Giustizia. Ma questa è un’altra storia.

I romani “de fogna” e Santa Virginia Raggi

Stavolta Grillo l’ha fatta grossa. Non si sa se con la pubblicazione di quel sonetto volesse aiutare o affossare la Raggi, ma di certo ha indispettito un’intera città, che si ritiene offesa tanto dalla forma quanto dalla sostanza del sonetto. I romani, per carattere e per tradizione, sono tolleranti e disponibili, ma non azzardatevi a dire che il disastro di Roma possa essere anche un po’ colpa loro. Il sonetto dà addirittura ai romani la colpa di tutto, facendo apparire la Raggi come una Santa Martire, ma questa è l’iperbole tipica delle pasquinate.

Ma perché tanta virulenza?

Quello che francamente colpisce di più è la virulenza feroce delle reazioni a quel “gente de fogna”, frase infelice e senza dubbio inaccettabile, ma non al punto da scatenare questo pandemonio. Un popolo che usualmente ritiene che “te possino ammazzà!” sia una frase affettuosa, “fijo de ‘na mignotta!” un complimento e “li mortacci tua!” un amichevole intercalare, perché si offende a morte per “gente de fogna”? La verità è che quella frase è il “casus belli” per fare esplodere una rabbia che i romani tenevano ancora sopita, essendosi accontentati finora di accusare la Sindaca di essere solo una “trovatella incapace” sebbene in buona fede.

Ma adesso qualcuno ha scritto e il Capo del Movimento ha fatto suo, un sonetto nel quale si cerca di dare ai romani, che per questo non meritano la Santa Virginia, tutta la colpa del disastro. Eh, no, questo è davvero troppo!

Le colpe della Raggi? Non solo buche

Le colpe della Raggi e della sua Amministrazione sono evidenti. In molti si soffermano sulle “buche” e la “monnezza”, ma è una sottovalutazione del guaio. Le buche, diciamo la verità, non sono colpa della Raggi. Sono il frutto di un precedente decennio di incuria: l’ultimo Veltroni, poi Alemanno e Marino, al quale si sono aggiunte poi, sia le difficoltà di un bilancio privo del sostegno governativo – grazie a Salvini – e infine l’incapacità gestionale della Raggi, che ha fatto qualcosa di concreto solo dopo aver cambiato diversi Assessori. Ma va anche detto, a parziale discolpa, che l’immensità della rete viaria romana metterebbe a dura prova anche le migliori intenzioni.

Un vecchio adagio romano dice che “senza soldi non si canta messa” e i soldi all’Amministrazione Raggi sono certamente mancati, ma se la “messa cantata” è accompagnata dalle note faticose del Codice degli Appalti e dal sospetto che la corruzione sia ovunque, le cose possono solo peggiorare.

La madre di tutte le colpe

La principale colpa di Virginia Raggi, tuttavia, è stata quella di pensare che Roma si potesse governare affidandosi alla buona volontà, all’onestà ed a un gruppo di amici fidati. Errore imperdonabile, che è stato amplificato dall’assenza di un progetto e di un programma, mentre le poche idee, ancorché estemporanee, venivano affidate, per la loro attuazione, a persone inadeguate o inesperte. Con sullo sfondo lo scenario della paura di fare e della supponenza di saper fare. Solo così si possono spiegare il rifiuto categorico e illogico della candidatura Olimpica e le “non scelte” sul progetto dello Stadio della Roma, tanto per citare le cose più note.

Aggiungete a questo l’atteggiamento sospettoso verso gli uffici e i dirigenti più esperti, la mancanza di una gestione programmata degli avvicendamenti del personale e la fuga di molti verso la pensione e la frittata è bella che fatta.

La scusa della burocrazia

In questo quadro, non è stata certo di aiuto la tendenza della Giunta a scaricare su una non meglio identificata “burocrazia capitolina” le colpe di qualunque ritardo, mentre si dava importanza più agli adempimenti formali che alla gestione efficace della macchina amministrativa. Per non parlare della mancanza di sostegno ai pochi, ma non rari, dirigenti che intendevano assumere qualche responsabilità. Dirigenti peraltro subito ostracizzati quando, magari proprio per via di quello spirito di servizio, incappavano malauguratamente in qualche avviso di garanzia, risolto poi quasi sempre in un proscioglimento.

Una macchina paralizzata che nessuno sa mettere in moto

La conseguenza è stata il progressivo distacco emotivo degli uffici dall’Amministrazione. I dirigenti hanno capito che la carriera era al sicuro solo non correndo rischi e di questi tempi l’unico modo per non correre rischi è non fare nulla che comporti qualche assunzione di responsabilità. La macchina capitolina era paralizzata molto prima del Covid e sembra che nessuno abbia la più pallida idea di come farla ripartire. Ciliegina sulla torta, è stato dichiarato illegittimo dal Giudice del Lavoro persino il concorso per le Posizioni Organizzative, una sorta di vice dirigenti che costituiscono l’ossatura portante dell’Amministrazione.

Una bocciatura i cui effetti pratici sono al momento imprevedibili. Non è così che si guida la macchina comunale e sostenere che anche questo sia colpa dei romani è un po’ difficile.

Il flop del Decreto semplificazioni

Attendevamo tutti il “Decreto Semplificazioni” nella speranza che potesse essere di aiuto almeno in questa direzione, ma quel decreto sembra scritto da chi l’amministrazione minuta, che è poi quella che fa funzionare l’Italia, non la conosce affatto. Quasi settanta pagine di fuffa, condita qua e là da qualche buona idea, soprattutto sulla gestione dei LL.PP. Ma nessuna indicazione concreta su come proteggere, in caso di errore involontario, i funzionari che intendano assumersi delle responsabilità e tantomeno su come punire quelli che si dimostrino incapaci o inefficienti.

Le colpe dei romani condivise con l’amministrazione

I romani hanno delle colpe? Certamente. Troppi furbi, troppi profittatori, troppi maleducati e troppi sporcaccioni privi di senso civico. Ma quante di queste colpe sono condivise con le inefficienze dell’Amministrazione? Vogliamo parlare dei nodi irrisolti della raccolta differenziata? Vogliamo parlare delle attività illecite, gestite alla luce del sole, da gruppi di Rom, come i tanti mercati abusivi dove si commercia e si ricetta di tutto senza che nessuno intervenga? Il mercato degli “zingheri” del venerdì, che per anni ha occupato ed insozzato l’area a ridosso del Ponte dell’industria all’Ostiense e che riversava nel Tevere, a fine giornata, quintali di stracci, cartoni e merci varie invendute, è stato bloccato e bonificato alla fine solo dalla Magistratura non dal Comune.

Ma pare che di mercati così, anche più grandi e con grande varietà di merci ce ne siano diversi. Qualcuno sostiene che ce ne sia persino uno dentro il Parco dell’Appia Antica. Sarà vero? Non mi meraviglierei affatto, dato che quello dell’Ostiense si svolgeva davanti all’ingresso di un edificio dove troneggia la targa “Ministero degli Interni”.

Troppi problemi irrisolti

Vogliamo parlare dei grandi complessi abusivi, dichiarati insanabili, nei quali continuano a svolgersi lucrose attività produttive o ricreative, come il “Palacavicchi” per citarne uno, sui quali non si riesce a trovare una soluzione seria, che pur garantendo le attività e l’occupazione, restituisca al Comune ciò che gli spetta in termini di risarcimento ambientale e di servizi compensativi? Oppure del buco senza fondo dell’ATAC, che viene mantenuta in vita artificialmente mentre gli autobus bruciano e il servizio peggiora?

Parlariamo dell’Ufficio Condono, investito di recente da arresti e indagini della Magistratura, dove da anni non si condona nulla e che è diventato un mostro che nutre sé stesso senza introiti per il Comune e soprattutto senza dare risposte ai cittadini? Vi risparmio l’intero elenco che lungo e quindi noioso.

L’onestà da sola non basta

Virginia Raggi è onesta? Nessuno lo mette in dubbio. Ma l’onestà non basta per fare il Sindaco di Roma, serve molto di più della “semplice” onestà. Petroselli diceva che per governare Roma bisogna innanzitutto amarla. Ma dove sono quelli che amano davvero Roma? La ama forse Matteo Salvini? Viene quasi da ridere. La ama Giorgia Meloni, che non ha fatto nulla per impedire al suo amico Alemanno di fare i guai che tutti sappiamo? La ama la sinistra che sa solo lacerarsi stupidamente in mille conventicole di potere in lotta tra loro? Se anche ci fosse l’amore, basterebbe per risolvere i problemi di questa Città? L’amore è importante quanto l’onestà, ma non basta amare, bisogna saper amare e quindi anche saper fare.

E qui ritorna quello che sarà il tema centrale della prossima campagna elettorale romana. Lo ripeterò fino alla nausea. Abbiamo l’urgenza di avere al governo della Città persone capaci: un grande Sindaco, una grande persona più che un grande nome, una squadra compatta e affiatata e una macchina amministrativa con dirigenti e funzionari competenti e determinati.

Per passare dalle promesse ai fatti

La campagna elettorale delle chiacchiere, alla quale Grillo stupidamente ha dato l’avvio, sarà lunga, ma entrerà nel vivo solo dopo le elezioni regionali, quando il quadro, anche per le alleanze, sarà più chiaro. Per ora possiamo solo dire che le polemiche sulla “gente de fogna” servono solo a fare muovere le truppe, da una parte e dall’altra. Ma la battaglia vera inizierà a fine anno. Allora sarà il caso di cominciare a chiedere seriamente ai Partiti ed ai candidati: “Chi siete e dove volete portarci?” La risposta a questa domanda sarà facile da dare. Così com’è facile fare la campagna elettorale delle chiacchiere.

Ma il nostro voto dovremo darlo, se davvero amiamo Roma, solo dopo aver capito se la risposta che ci viene data, in termini di idee, persone e programmi, può essere la risposta che affronta seriamente i problemi di Roma. Altrimenti, a forza di voler solo cambiare, ci ritroveremo cambiati, in peggio, noi romani, che se abbiamo una colpa è quella di aver scelto troppo spesso ascoltando la pancia e non il cervello.

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