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Filosofia, Daniele Lorusso presenta il suo libro “Apprendista stregone”

“Eppure, se consideriamo che un filosofo del calibro di Heidegger moriva poco più di 40 anni fa, possiamo ancora sperare che qualcosa ci permetta di cambiare rotta”

Da quando è nata ci si chiede a cosa possa servire sul lato pratico la Filosofia. Oggi poi, con l'avvento della comunicazione globale, pare che la filosofia c'entri ancora meno con gli affari normali della vita quotidiana, così incapace, tanto è disinteressata ai temi pratici e immediati, di realizzare qualcosa di concreto e utile all'uomo.

Dopo questa osservazione preliminare, vorremmo porre all'attenzione dei nostri lettori, l'opera di un emergente filosofo contemporaneo: "L'Apprendista Stregone. Note sul rovesciamento di mezzi e fini nel mondo contemporaneo", di  Daniele Lorusso, edito da Moretti & Vitali, Bergamo, 2014.

Ecco come l'autore ci introduce alla lettura del suo lavoro.

La prima citazione che si incontra nella premessa di questo libro è una frase di Gottfried Benn, grande scrittore e lirico tedesco, sullo stile aforistico di Nietzsche, che dice: “chi non vede più connessioni, più alcuna traccia di un sistema, può ancora procedere solo per episodi”. L’ultima grande stagione della filosofia sistematica è quella dell’idealismo tedesco, delle grandi costruzioni speculative di Kant e di Hegel; Nietzsche arriva qualche decina di anni dopo e riconosce immediatamente l’impossibilità del sistema, in cui ancora Schopenhauer, almeno formalmente, credeva.

La contemporaneità è, dunque, un’epoca del frammento, della perdita di unità, della disgregazione. La Prima e la Seconda guerra mondiale porteranno, sul piano storico, a compimento questo processo. Le generazioni successive hanno subito sulla loro pelle queste trasformazioni, pur non essendone, sul piano teorico, consapevoli. Ecco perché l’idea di riprendere l’immagine dell’apprendista stregone. Questa favola si trova in Luciano e fu messa in versi da Goethe in una ballata del 1797 dal medesimo titolo, dove però il significato fondamentale del racconto viene ricondotto all’ambito artistico.

Cento anni dopo Paul Dukas ne farà materia del suo scherzo sinfonico e, nel 1940, Disney ne farà un episodio del suo film animato “Fantasia”. La storia narra di un’apprendista che, appropriatosi momentaneamente dei poteri del mago, nel tentativo di governare magicamente la scopa per trasportare dell’acqua, rischia di allagare completamente lo studio dello stregone. L’apprendista stregone è, dunque, l’uomo contemporaneo che, dopo aver messo in moto meccanismi e apparati giganteschi – tecnica e mercato, soprattutto – non è più in grado di guidarli e ne viene sostanzialmente guidato.

L’ammonimento della filosofia pratica di Kant a trattare sempre l’uomo come fine e mai soltanto come mezzo è andato completamente perduto. Ecco perché il rovesciamento tra mezzi e fini. A guidare questa indagine, che può essere anche considerata un libero commento ad Heidegger e Adorno, sono alcune delle concezioni più audaci espresse dalla filosofia tedesca degli ultimi due secoli.

Far risuonare le grandi analisi di Nietzsche sul nichilismo, che è quel processo in cui i valori supremi si svalutano, di Marx sulla critica dell’economia politica, come suona il sottotitolo del “Capitale”, di Heidegger sulla tecnica e sulla “scienza” che “non pensa”, di Adorno e Horkheimer sulla dialettica dell’illuminismo e sull’industria culturale, ma anche di autori come Kraus, Croce, Canetti, Colli, Severino, è un modo, niente affatto astratto, di gettare luce sul presente.

L’ulteriore sviluppo di questi processi consente di entrare nell’attualità: la rivoluzione digitale ed il web hanno ulteriormente radicalizzato, sul piano comunicativo, il rovesciamento di mezzi e fini di cui si parla in questo libro. Basta porre mente al comportamento di ciascuno di noi, al ristorante, quando ognuno se ne sta per conto suo ed in disparte dagli altri, concentrato sulla sua piattaforma web, per capire che siamo noi ad essere diventati appendici delle nostre macchine.

La filosofia ci salverà? Appare improbabile. Essa ha sempre contato poco nella vita degli uomini, fin da quando Eraclito frastornava i suoi concittadini con la potenza della sua parola sapienziale e Socrate metteva in crisi la coscienza degli ateniesi con la sua straordinaria capacità dialettica. Eppure, se consideriamo che un filosofo del calibro di Heidegger moriva poco più di quarant’anni fa, possiamo ancora sperare che qualcosa ci permetta di cambiare rotta, che pensiero e poesia possano ancora dire qualcosa di decisivo per il nostro futuro.

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