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Europei: Non avevo ancora sette anni, era il 17 giugno del 1970

Quella sera fu la sera per eccellenza, una notte memorabile di calcio che fu testimone della “partita del secolo” tra Italia e Germania

Non avevo ancora sette anni, era il 17 giugno del 1970 e la luna era molto più vicina a noi di quanto non fosse mai stata. Non avevo ancora sette anni, la Tv in bianco e nero era come una chioccia buona buona, ogni sera raccoglieva sotto le sue ali la famiglia. Era il 17 giugno del 1970, quella sera fu la sera per eccellenza, una notte memorabile di calcio che fu testimone della “partita del secolo” tra Italia e Germania, in collegamento via satellite, telecronista Nando Martellini con la sua voce calda che arrivava da lontano e che per l’audio tipico di allora, rendeva quella distanza tangibile, misteriosa, da incutere persino soggezione, come la fiera e maestosa sigla dell’eurovisione, il Te Deum di Charpentier. Non avevo ancora sette anni, ma ero a Città del Messico anch’io, insieme a milioni e milioni di persone incollate al video in ogni parte del pianeta. Albertosi, Burnich, Facchetti,  Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, Mazzola, Boninsegna, De Sisti, Riva. E la Germania? Faceva paura la Germania, addirittura a sentir pronunciare certi nomi: Maier, Vogts, Patzke, Beckenbauer, Schnellinger, Schulz, Grabowski, Seeler, Muller, Overath, Lohr.

Sembrava tutto fatto, mancava un amen alla fine dell’incontro e tutti eravamo già pronti a riversarci per le strade, ebbri di felicità, in attesa dell’ultimo, decisivo, terribile ma affascinante confronto dinanzi agli occhi del mondo intero, nientedimeno che contro il mostri del Brasile, i maestri del calcio danzato, guidati da Pelè, un autentico genio della sfera di cuoio. Sembrava tutto fatto ed ecco che il ‘maligno’ Schnellinger, si materializzò in prossimità della porta difesa da Albertosi, pareggiando con una sorta di passo da compasso a mezz’aria, il goal realizzato da Boninsegna, sostenendo in più occasioni negli anni a venire, che si trovava lì per caso, giusto per raggiungere prima gli spogliatoi. Ma l’incontro del secolo, per essere tale, non avrebbe mai potuto fare a meno dell’appendice drammatica dei tempi supplementari. Al 4 -3 realizzato da Rivera, dopo che Albertosi aveva pesantemente apostrofato il compagno al pareggio tedesco, per non aver intercettato e respinto a ridosso del palo una conclusione di Muller, Nando Martellini esclamò con la sua proverbiale, elegante, misurata, inconfondibile classe: ” Che meravigliosa partita, ascoltatori italiani!”.

Era il 17 giugno del 1970, non avevo ancora sette anni. La luna era vicinissima quella sera e nel firmamento del calcio, le stelle azzurre dei nostri colori, scolpivano nella volta oscura della notte i  segni indelebili della partita del secolo.

Anche se sono trascorsi tanti anni da allora, Italia – Germania non è mai un match qualunque. Ogni volta, tutte le volte e mille altre volte ancora, ogni Italia -Germania, ci piace e ci piacerà dipingerla, pensarla, raccontarla e sognarla come una perenne, immortale, infinita partita del secolo. Quella partita, l’unica, la sola che non finisce mai.

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