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Esce inchiesta sulle negligenze dei Paesi europei nella gestione del Covid-19

Nell’inchiesta spuntano sottovalutazioni e leggerezze anche del nostro paese che non partecipò alla prima conference call sul Covid-19 organizzata a gennaio

Inchiesta Covid-19

Inchiesta Covid-19

Ben sette dei sedici Stati al mondo più a rischio per i quali l’Italia ha deciso al momento di bloccare ingresso e transito sono paesi dell’area europea: Armenia, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord, Moldova e – gli ultimi aggiunti proprio stamane dal Ministro Speranza – Serbia, Montenegro e Kosovo. Non solo. In queste ore la Romania, dove i contagi continuano a crescere, proroga lo stato di emergenza. In Catalogna scoppiano focolai in diversi comuni posti in lockdown. Ci sono preoccupazioni in Kosovo e la Francia e il Regno Unito adottano misure nuovamente restrittive. Insomma, non solo il Covid-19 è vivo ma – come avverte il Ministero della Salute – ci troviamo forse nella sua fase più acuta a livello mondiale.

Covid-19: paura per una seconda ondata e inchiesta sui Paesi europei

E l’Europa che sembrava aver attraversato il momento più drammatico, torna ad aver paura per la circolazione del virus che sembra ora aver preso di mira soprattutto i paesi orientali. Le istituzioni europee sono pronte a intervenire? Non sarebbe opportuno fornire ogni possibile aiuto agli Stati confinanti anche per – egoisticamente – preservare così i propri territori? Saprà l’Europa reagire in modo differente, soprattutto se – come molti temono – dovremo fronteggiare una ‘seconda ondata’?

Sarà il caso allora che, dal semplice funzionario di Bruxelles fino ai leaders europei, tutti tengano ben esposta sulla propria scrivania una inchiesta uscita in queste ore sul quotidiano britannico The Guardian che, in collaborazione con il Bureau of Investigative Journalism, ha ricostruito le negligenze operative e gestionali delle istituzioni europee, incapaci di riconoscere tra gennaio e febbraio la gravità della situazione italiana, di coordinare una risposta adeguata e di fornire la necessaria assistenza.

Il Guardian ricorda i messaggi lanciati dall’Italia

Il titolo dell’inchiesta del quotidiano inglese “L’appello dell’Italia per un aiuto urgente è stato ignorato mentre il coronavirus percorreva l’Europa” è una pesante accusa nei confronti di chi si è trovato a gestire una emergenza inattesa. The Guardian scrive che il 26 febbraio “un messaggio urgente è stato inviato da Roma alla Commissione europea”, una richiesta di aiuto per fronteggiare la diffusione ormai incontrollata del coronavirus e i casi di infezione che si triplicavano ogni 48 ore. Ricordiamo quei giorni e quelle ore.

Le immagini di quei momenti drammatici, gli ospedali stracolmi di malati, medici e infermieri senza più materiali di protezione personale a disposizione, carenze di ventilatori rispetto a un numero di pazienti gravi da assistere che cresceva impetuosamente.

Inchiesta europea sul Covid-19 e l’indifferenza generale

Le necessità, i bisogni di ciò di cui aveva bisogno il nostro Paese vennero caricati sul sistema Cecis della Ue (Common Emergency Communication and Information System). Kanez Lenarcic, responsabile per la gestione delle crisi per la Commissione europea, sostiene che “nessuno tra gli Stati membri ha risposto alle richieste dell’Italia e alla richiesta di aiuto della Commissione”. Un silenzio pesantissimo. Ma, assicura Lenarcic, non per “carenza di solidarietà. Si trattava di mancanza di equipaggiamenti”. Ma per il quotidiano britannico, l’indifferenza fu generale, una sottovalutazione globale di un virus che avrebbe sconvolto l’Europa nelle successive settimane.

Sottovalutazioni e leggerezze anche del nostro paese che – ad esempio – non partecipò, alla pari di molti altri, alla prima conference call sul Covid-19 organizzata il 17 gennaio dallo European Centre for Disease Control and Prevention.

Escono alcuni particolari disarmanti

Colpa di una email di invito all’incontro di cui il rappresentante italiano non si accorse! I Paesi partecipanti non trovarono comunque alcun accordo su una linea comune da adottare e quando l’epidemia cominciò a diffondersi e a colpire non solo l’Italia, di fronte a una nuova grave crisi, l’Europa si rivelò ancora una volta incapace di dare una risposta comune. I diversi Paesi decisero di assumere misure a protezione dei proprio confini, senza un coordinamento europeo.

Carichi di mascherine in arrivo in porti in Germania e Francia e destinati ad altri Paesi UE “sono stati semplicemente rubati”, spiega una fonte del quotidiano britannico. Il processo di approvvigionamento comune di mascherine e ventilatori è partito in ritardo e i Paesi hanno nel frattempo deciso di andare avanti da soli, senza informare le istituzioni europee delle misure che stavano unilaterlamente introducendo, e addirittura contattando direttamente le compagnie cinesi produttrici di mascherine, creando ulteriori difficoltà al mercato.

Quando l’Italia ha chiesto aiuto nessuno ha risposto

Il conto pagato è fin qui salatissimo: 180mila cittadini europei morti e 1,6 milioni di contagiati dall’inizio della diffusione del virus. Ora, nella proposta della Commissione per il prossimo bilancio dell’Unione Europea, i fondi per la sanità, che dovranno servire anche all’approvvigionamento di dispositivi sanitari, passa da 400 milioni a nove miliardi di euro. “La logica è quella di dare alla Commissione gli strumenti per sostenere di più i Paesi membri. Perché quando l’Italia ha chiesto aiuto, nessuno poteva darle aiuto. E anche noi non potevamo farlo”, ha spiegato Lenarcic.

Ripercorrendo i fatti e gli eventi di quelle settimane, The Guardian arriva alla conclusione che si tratta di una “storia di disattenzione dei media, distratti dalla Brexit in quel periodo, di funzionari europei impreparati o senza reali poteri per imporre un’azione congiunta, di Ministri della Salute che non riuscivano a convincere i capi di governo e i Ministri delle Finanze della necessità di agire”. Una storia che non si dovrà più ripetere.

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