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Emanuele Filiberto di Savoia, il principe che ha imparato a essere uomo: “La vita mi ha insegnato a restare me stesso”

Tra ricordi, errori e rinascite, Emanuele Filiberto di Savoia racconta l’uomo dietro il titolo: l’esilio, l’amore, la fede e il bisogno di normalità

Emanuele Filibero di Savoia con l'amico Antonio Parisi

Emanuele Filibero di Savoia con l'amico Antonio Parisi

Un principe, certo. Ma anche un uomo che ha imparato a cadere, a rialzarsi e a sorridere. Emanuele Filiberto di Savoia, 52 anni, non è più il giovane “principe d’Italia” apparso in smoking sui palchi televisivi. Oggi in una intervista al Corriere della Sera parla con la calma di chi ha attraversato la tempesta e ha deciso di non nascondersi più dietro il nome. “Sono sempre stato me stesso – dice –. Ho avuto tanto, ma non ho mai dimenticato la gratitudine. E se qualcuno non mi ama, è un suo problema”.

La sua è la storia di chi, pur nato con un titolo nobiliare, ha dovuto conquistarsi la normalità.
E forse è proprio per questo che gli italiani, spesso diffidenti verso i Savoia, hanno finito per affezionarsi a lui.

Emanuele Filiberto, il principe che non si nasconde più

Da bambino, l’Italia era solo un racconto. “Sono cresciuto in Svizzera, tra scuola, amici, hamburger e partite a bocce. Mi parlavano di principi e regine, ma per me era tutto irreale”. Poi, nel 2002, il ritorno. “Avevo paura, ma quando ho toccato l’Italia con mano ho capito che era molto più bella di quanto immaginassi”.

A quel punto, il principe diventò personaggio. Da Ballando con le stelle, dove fece record di televoto, al Festival di Sanremo con Italia amore mio, Emanuele Filiberto entrò nelle case di milioni di italiani.
“Avrei potuto restare chiuso in un castello, ma ho scelto di parlare con la gente. È lì che ho capito di poter essere non solo il principe, ma il figlio, il marito, il fratello di tutti”.

“Sanremo? Non lo avevo mai visto prima. Né l’ho riguardato dopo”

Quando nel 2010 arrivò secondo con Pupo e il tenore Luca Canonici, qualcuno parlò di pressioni “dall’alto”. Lui oggi ride: “Pupo disse che arrivò una telefonata dal Quirinale, ma io non ci credo. Com’è andata è andata. Sanremo non lo avevo mai visto prima, né l’ho riguardato dopo”.

Dietro la leggerezza, c’è sempre una riflessione. “A volte si dimentica che anche chi nasce con un titolo deve imparare a stare al mondo. Io l’ho fatto in pubblico, davanti a tutti”.

Il peso della storia: “Le leggi razziali furono un documento vergognoso”

Quando parla della sua famiglia, la voce si fa più seria. “Mio nonno firmò le leggi razziali. È stato un atto vergognoso. L’ho condannato insieme al Rabbino Capo Di Segni. Ma va ricordato che era un periodo di guerra, con un regime dittatoriale. Non giustifico, ma contesto il giudizio facile”.

Poi lancia un appello ai giovani: “Mi fa male vedere ragazzi che fanno il saluto romano. È segno di un vuoto di identità e di valori. Studiate la storia, perché è lì che si trova la verità”.

“La politica? È come una bottiglia. Per oggi non bevo”

C’è stato anche un Emanuele Filiberto politico, candidato alle Europee del 2009. Oggi, però, non ne vuole sapere. “La politica può diventare una dipendenza. Per oggi non bevo. Domani, chissà”.

Lo dice con un sorriso, ma dietro c’è la consapevolezza di chi ha imparato a separare il ruolo pubblico dalla vita privata. “Non voglio fare il politico, voglio essere un cittadino. E continuare a raccontare la mia storia senza filtri”.

Clotilde, Adriana e la ricerca di equilibrio

L’amore, per lui, non è mai stato semplice. Il matrimonio con l’attrice Clotilde Courau, madre delle sue figlie Vittoria e Luisa, è finito nel silenzio. “Siamo riservati. Non volevamo comunicare la separazione perché non riguarda nessuno. Ma ho sbagliato a non parlarle subito di Adriana, e l’ha saputo dai giornali. Mea culpa. È una lezione che non dimenticherò”.

Oggi accanto a lui c’è Adriana Abascal, imprenditrice e modella messicana. “Ci siamo conosciuti a Parigi, durante una cena. È scattata subito una scintilla. Stiamo bene insieme, anche se viviamo in città diverse. La vita continua, e io la sto vivendo serenamente”.

Padre affettuoso, figlio riconoscente

Quando parla delle figlie, il tono si addolcisce. “Clotilde mi rimprovera perché non sono abbastanza severo. Ma i padri, con le figlie femmine, non lo sono mai”.

Il ricordo del padre, Vittorio Emanuele, è ancora vivo. “Mi ha dato l’amore che non ha ricevuto. Era carismatico e divertente. Mi manca tanto”.
E sulla madre, Marina Doria, 91 anni, dice: “È stata una moglie eccezionale e una madre buona. Siamo molto legati. Ha trascorso l’estate con noi in Corsica. Mi spaventano la malattia e la sofferenza, non la morte”.

“Mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: non puoi permetterti di fermarti”

C’è un momento in cui Emanuele Filiberto smette di essere “il principe” e diventa solo Emanuele. “Ho avuto momenti di fragilità, come tutti. Ma mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: non puoi permetterti di fermarti. Vai avanti. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. E posso ancora bere”.

Un uomo che ha imparato a convivere con la sua storia, ma anche a superarla. Che non ha bisogno di un trono per sentirsi parte della sua terra. Un principe senza favole, ma con un cuore che, dopo tutto, batte italiano.