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Elezioni 2022 il 25 settembre, quali alternative dopo il fallimento dei “migliori”?

Alle urne con la guerra in corso e un autunno difficile alle porte, si vota con il Rosatellum

Giorgia Meloni ed Enrico Letta

Giorgia Meloni ed Enrico Letta

E’ avvenuta la resa dei conti tra i partiti che sostenevano il governo Draghi e quelli che volevano farlo cadere per andare alle elezioni anticipate. Nell’arco di cinque mesi dal suo insediamento, l’Esecutivo è andato avanti continuamente a forza di Decreti Legge per soffocare gli scontri interni della sua eterogenea maggioranza.

Governo Draghi: il ruolo del Parlamento

Una maggioranza che spaziava dalla destra alla sinistra, incluso un centro sempre più variegato e irriconoscibile, imponendo una sua linea efficientista. Ha così ottenuto alcuni successi e riconoscimenti in Europa, soprattutto per il prestigio di cui godeva il Premier, grande manager della finanza prestato alla politica.

Il modo di agire ha però esautorato il Parlamento, molto più di quanto non avessero fatto i precedenti governi Conte 1 e Conte 2, non ricevendo però le stesse critiche dalla grande stampa.

Ora però, dopo la gestione tanto criticata dell’emergenza pandemica, che peraltro viene ancora riproposta nonostante il miglioramento della situazione sanitaria (per cui è il caso di dire che dovremmo perdere ogni Speranza), i conflitti nella maggioranza sono aumentati in modo esponenziale, a causa della guerra tra Russia e Ucraina.

Origini dell’attuale guerra tra Russia e Ucraina

Come si sa, la guerra è iniziata alla fine di febbraio con l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Ed è stata da tutti sottovalutata per la sua valenza e la durata del suo svolgimento, come è stato detto da molti commentatori.

Forse giova ricordare che l’ostilità tra i due Paesi belligeranti è molto più antica. Risale infatti al periodo della dissoluzione dell’URSS (1991) e della grave crisi economica e politica della Federazione Russa all’epoca della perestroika di Gorbachov.

Allora l’Ucraina divenne indipendente dalla Federazione, come gli Stati Baltici e le altre repubbliche: Polonia, Cecoslovacchia, Bulgaria, Romania, Ungheria.

Caduto oramai il Patto di Varsavia, ci furono dichiarazioni di intenti da parte dell’UE e degli USA affinché la NATO non si estendesse ad Est della Germania.

In seguito alle varie manovre politiche degli USA e dell’UE e della stessa Russia, che portarono alle manifestazioni di Piazza Maidan, nel 2014 la Federazione si annetté la Crimea. Seguendo anche formalmente la volontà della popolazione (referendum 16 marzo 2014); inoltre riconobbe le repubbliche filorusse del Donbass (Doneck e Lugansk).

Negli anni successivi il conflitto Ucraina-Russia proseguì, in forma “mitigata” da un protocollo di pace, lontano dai riflettori dell’opinione pubblica.

C’è da dire però che la NATO ha sempre manovrato per assorbire l’Ucraina, come dimostrano alcuni documenti riservati (vedi Nato e Ucraina, del prof. A. Orsini). Anche Joe Biden ha perseguito una politica aggressiva verso la Russia, già prima di essere eletto Presidente.

Così, in seguito alla dichiarazione del nuovo Presidente ucraino Zelensky di voler portare il suo paese nell’UE e nella NATO, la Russia ha attaccato l’Ucraina, il 22 febbraio del corrente anno.

Sottovalutazione della guerra da parte dei contendenti e dei loro supporters

Come detto all’inizio, tutti i soggetti interessati hanno sottovalutato la portata e la durata di questa guerra che si svolge nel cuore del continente europeo.

Per primo Putin, che forse sperava di soggiogare il paese aggredito con una guerra lampo.

Al contrario, gli ucraini si sono dimostrati altrettanto nazionalisti dei loro odiati cugini russi e, armati in modo smisurato dall’Europa e soprattutto dagli USA di Biden e dalla Gran Bretagna di Jhonson, hanno fermato e contenuto la loro avanzata.

Probabilmente anche in Europa molti credevano che la guerra sarebbe durata poco e che la Russia sarebbe stata indotta a trattare dalla pressione delle sanzioni economiche dichiarate dalla comunità internazionale. Al contrario, i contendenti si sono irrigiditi sulle rispettive posizioni e la guerra si è inasprita, coinvolgendo anche i civili, come è sempre accaduto in tutte le guerre.

Così, mentre i media e la politica condannavano la strage di Mariupol, nessuno ha fatto un’azione per obbligare o indurre Ucraina e Russia a trattare; anzi, oggi Zelensky dichiara che vincerà sicuramente con l’aiuto delle forniture militari dell’Occidente.

La politica della Nato dopo il crollo dell’Urss e le mire di Biden

La scelta del governo Draghi di appoggiare fino in fondo l’Ucraina inviandole sempre più armi, insieme ad altri dissensi sulla politica interna (reddito di cittadinanza, minimo salariale, bonus edilizio, aiuti alle imprese) ha portato infine alla scissione del M5S operata da Di Maio a favore del Governo, mentre la frazione maggioritaria si riconosce nella leadership di Conte.

Al di là di espressioni idealistiche come, da parte di Draghi ed altri leaders europei, sulla necessità di appoggiare a spada tratta la nazione aggredita– “la difesa della libertà dell’Ucraina coincide con la difesa di tutti noi; inoltre è una questione di principio” – , contano gli interessi politici delle grandi Potenze in contrasto da sempre, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Perciò, dopo il crollo dell’URSS e la caduta del Patto di Varsavia, gli Stati Uniti non hanno rispettato la loro dichiarazione di intenti di cui sopra; anzi, hanno esteso i confini della NATO ad Est con tutti i presidenti in carica, eccetto Trump, che era riuscito ad attuare un dialogo con la Russia come con la Corea del Nord.

Con Biden questa politica viene oggi ancor più intensificata; il Presidente democratico, consapevole della perdita di prestigio del suo paese nei confronti del resto del mondo, vorrebbe ridurre al minimo il potere della Russia, anche perché la politica di questa converge con quella della Cina. Ma proprio agendo così accelera questa convergenza.

Per i suoi scopi Biden usa in maniera strumentale i Paesi dell’Occidente europeo che si sentono ancora in debito con l’America per essere stati salvati dal nazifascismo.

Come per esempio il nostro Paese, che nutre ( o finge di nutrire ) ancora questa riconoscenza per la riacquistata libertà con la fine della II Guerra Mondiale, incapace di riconoscere che gli USA intervennero per i loro interessi. Per i quali manovrarono per i decenni successivi la politica italiana, influendo pesantemente sui nostri governi e cercando perfino di destabilizzare l’Italia con le manovre della CIA, dietro i gruppi nazionalisti e nazifascisti: basti ricordare i vari tentativi di colpo di stato da parte del generale De Lorenzo ( il piano Solo), di Borghese e la strategia della tensione degli anni ’60-’70.

La politica dell’Europa e del Governo italiano per la gestione della crisi

Lo stesso modo di agire si esplica oggi nell’appoggio politico militare all’Ucraina.

Agli Usa non interessa che la guerra si prolunghi nel tempo, generando una nuova grave crisi economica e sociale in Europa.

Sembra che gli effetti della guerra non abbiano interessato neppure al governo Draghi.

Infatti, questi ha incrementato fortemente l’impegno finanziario del Paese nella fornitura di armi, incurante della recessione che la guerra sta provocando da noi ed in tutta l’Europa a causa della mancanza di energia ( il gas russo), di molti prodotti e principalmente del grano dell’Ucraina.

Siamo giunti così all’assurdo di spendere una parte del Pil per la causa della libertà e nel contempo di chiedere sacrifici ai cittadini; le Regioni stanno varando piani di razionamento del gas per il riscaldamento, mentre il ministro Cingolani prepara una campagna pubblicitaria per indurci a risparmiare gas e acqua. I Verdi sostengono che sostituire il gas russo con quello di altra provenienza ci costerà il 40% in più.

Anche l’UE, accusando una recessione generalizzata, propaganda un periodo di austerity.

Anzi, fa di più.

Il 20 luglio la Commissione europea ha varato un regolamento per il contingentamento dei consumi, che sarà presentato il 26 al Consiglio UE per l’approvazione, che sarà vincolante per tutti.

Sciolte le Camere, si voterà a settembre. Prospettive incerte e poco interessanti per i cittadini

In questo quadro, come abbiamo detto, sono esplose le divergenze all’interno della maggioranza del nostro governo.

Il M5S guidato da Conte non ha votato il “decreto Aiuti”, che conteneva anche la decisione di realizzare a Roma un termovalorizzatore per risolvere la questione dei rifiuti.

La destra ha criticato più duramente il Governo perché troppe imprese hanno chiuso.

Di conseguenza Draghi, rilevando le fratture insanabili, la scorsa settimana si è recato da Mattarella per consegnare le dimissioni. Il Presidente le ha respinte rinviando il Governo alle Camere.

La conclusione si è avuta in questi ultimi giorni: non è stato possibile ottenere una ricomposizione qualsiasi, anzi le dichiarazioni di tutte le parti politiche sono state ancor più bellicose.

Nella votazione al Senato, oltre ai 5S, Lega e Forza Italia sono uscite dall’aula.

Il giorno dopo, 22 luglio, presentandosi alla Camera dei Deputati, Draghi ha dichiarato inutile iniziare la discussione e quindi votare, poiché aveva già deciso di risalire al Colle per confermare definitivamente le sue dimissioni.

Stavolta Mattarella non ha potuto far altro che accettarle e sciogliere le Camere, confermando il Governo in carica per gli affari correnti. Inoltre, cosa inusuale, il Presidente ha rivolto tramite la Tv un messaggio ai cittadini, in cui indicava le priorità da perseguire: continuare la lotta alla pandemia, contrastare gli effetti della crisi economica, attuare quelle parti del Pnrr già avviate.

Ha pure indetto le elezioni entro il termine dei settanta giorni previsti dalla Costituzione .

Così è avvenuto, poiché il Governo ha poi fissato la data del 25 settembre; i partiti dovranno presentare le liste prima del 15 Agosto. Faranno la campagna elettorale nei luoghi di villeggiatura, per rovinare il riposo di noi cittadini?

Il nuovo Parlamento sarà “dimagrito”: i deputati passano da 600 a 400, i senatori da 315 a 200, ma ancora non sono pronti i regolamenti per il funzionamento delle due Camere e delle Commissioni.

Elezioni 25 settembre, si vota con il Rosatellum

Ma il peggio è che si voterà ancora con il Rosatellum, perciò noi cittadini non sceglieremo la persona da eleggere ed inoltre nessuno schieramento otterrà una maggioranza, anche se le previsioni favoriscono quello di destra.

Del resto, ciò accade da quando il figlio del Presidente Segni ebbe, insieme a Fini, l’infausta idea di introdurre il sistema maggioritario, come se noi fossimo gli Stati Uniti, dove esistono due soli grandi partiti (che magari comprendono alcuni gruppi minori).

Purtroppo, i nostri politici sono molto bravi nel copiare dagli altri; tanto che nel 1999 R. Prodi e A. Parisi fondarono “I Democratici” col simbolo dell’Asinello, lo stesso del Partito Democratico americano.

Del resto si sa che i somari copiano, cominciando nella scuola.

Purtroppo per noi, tutti i partiti, da destra a sinistra chiedono ai cittadini il voto per farne poi quel che più conviene a loro ed agli interessi che rappresentano.

Inoltre tutti vorrebbero, una volta al governo, poteri maggiori nelle loro mani e nessun ostacolo.

Suona perciò come un’ironica beffa la dichiarazione di SuperMario: “Io non chiedevo tutto il potere per me; anzi, come vedete ho rispetto per le istituzioni”. Certo, se gli fa comodo; altrimenti cede come Ponzio Pilato.

Non dimentichiamo che Draghi è il manager Goldmann Sachs, che iniziò con il governo Ciampi (tanto caro al PdS di allora) la svendita del nostro patrimonio pubblico; che interessi potrà difendere, se non quelli della grande finanza Usa?

Gli Altri non è che facciano di meglio.

La Lega di Salvini protegge i grossi e piccoli imprenditori sui quali fonda il suo potere al Nord, ed ha ricevuto (e forse riceve) finanziamenti dalla Russia, sempre per aiutare la nostra economia.

Berlusconi, pluricondannato per frode fiscale e rapine ad altri imprenditori segue praticamente un nostro antico motto: “con Franza o con Spagna purché se magna”. I suoi fedeli e sodali lo dipingono come uno statista (sic!) ed il PD avalla questa tesi, pensando a convergenze parallele.

Dal canto suo, il campo largo di Letta non è che un campo vuoto, soprattutto di idee.

Non sembra ci sia attualmente una forza, anche piccola, che rispecchi gli interessi di equità e giustizia di noi cittadini.

Speriamo che nasca dalla nostra insoddisfazione in autunno, quando le condizioni di vita saranno peggiorate; non dovrebbe però somigliare alla finzione di democrazia diretta dei 5S, un gruppo nella realtà diretto dall’alto, che ha illuso per anni molti italiani.