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De Sica su vino abruzzese è ancora polemica. Ci dice la sua Stefano Zecchi

Il filosofo sulla frase del film con De Sica: “Può danneggiare, ma i consorzi non possono pretendere ci si inginocchi davanti al loro vino”

Stefano Zecchi

Stefano Zecchi

Può una battuta di un film in prossima uscita suscitare clamore e indignazione? A quanto pare sì. E’ il caso di “Natale a tutti i costi” nuovo film di prossima uscita sulla piattaforma Netflix e di un attore, Christian De Sica, nelle ultime ore oggetto e bersaglio di numerosi disappunti.

Tutto nasce da una frase che il personaggio interpretato dallo stesso attore pronuncia nel film e che, soprattutto, è stata visualizzata in questi giorni, in occasione del trailer promozionale della pellicola.  Questa la scena, De Sica è seduto a tavola per il cenone di Natale. Suo figlio, interpretato dall’attore Claudio Colica gli versa nel bicchiere del vino “che ha vinto come bottiglia dell’anno in Abruzzo“. A quel punto, il personaggio di De Sica risponde con una battuta: “ah sì? È una m…”.

Una battuta che non è piaciuta per niente a Marco Marsilio, presidente della regione Abruzzo, il quale ha definito la cosa “un’offesa gratuita e ingenerosa, oltre che profondamente ingiusta. Non vorremmo che tale scelta” – ha continuato il governatore – “fosse figlia di un vecchio pregiudizio nei confronti del vino abruzzese, che invece da decenni ha raggiunto punte di eccellenza e continua a ottenere prestigiosi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale”. A sostenere la stessa tesi anche il Consorzio per la tutela dei vini d’Abruzzo, che ritiene la frase tendente a sminuire il lavoro di viticoltori abruzzesi.

E’ vero non è un periodo florido per le considerazioni positive. Qualche giorno fa il geologo Mario Tozzi aveva espresso personali perplessità in merito alla città di Terni. Ora arriva la polemica relativa al miscredito nei confronti di un prodotto del Made in Italy.

Dov’è l’errore? Nell’eccessiva considerazione di queste vicende? Quanto siamo vittima del Politically correct? O, di converso, bisognerebbe orientare noi stessi verso una maggiore attenzione e dunque, ben vengano le censure nei confronti di frasi denigratorie?

Lo abbiamo chiesto al Prof. Stefano Zecchi, filosofo, scrittore e opinionista italiano.

Stefano Zecchi
Stefano Zecchi

“I consorzi cercano di proteggere i loro prodotti, è naturale e umano” – dice Zecchi – “ma pensare di doversi censurare perché ci si debba volere tutti bene è una grande ipocrisia

Non crede che in effetti servirebbe molto di più, laddove fosse stata questa l’intenzione, per screditare un prodotto illustre del Made in Italy?

“Questo non lo so. Tutto sommato De Sica è una figura molto popolare, che entra facilmente nell’immaginario delle persone e le sue battute sono dette in un modo brillante. Bisognerebbe restare calmi, perché altrimenti si fanno delle guerre laddove invece non è stato sparato alcun colpo. O al limite, qualora fosse stato fatto, parliamo di un colpo di fionda. E’ vero che questa frase, proferita da una persona molto nota e connotata da un’ironia espressiva, può danneggiare. Ma è altrettanto vero che i consorzi non possono pretendere che ci si inginocchi davanti al loro vino”.

Siamo vittima e un po’ troppo imbrigliati in questo Politically correct? Doveva renderci migliori, ma non so quanto ci sia riuscito…

“Certo. Bisognerebbe capire il motivo. Ed è la nostra insicurezza. Se ci fosse una vera consapevolezza, del nostro dire e del nostro fare, ce ne fregheremmo del parere altrui. Una persona riuscirebbe ad arginare e circoscrivere meglio la contestazione, la critica. Quando c’è dell’insicurezza si apre il fronte e restiamo indifesi di fronte a un Politically correct che ci aggredisce, ci fa andare in depressione. Invece di alzare le spalle e dire che è una scemenza, ci crocifiggiamo”.