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Cittadinanza Suarez, perché è un bene che sia diventato un caso giudiziario

Cittadinanza Suarez: un paese in cui qualcuno, con la strafottenza, ottiene ciò che altri ottengono secondo requisiti

Cittadinanza Suarez

Luis Suarez

Posso confessarlo? Sono contento che il caso della cittadinanza a Suarez sia diventato anche un caso giudiziario. Perché in questo nostro strano Paese, in pochi si erano posti il problema della eticità di una tale operazione. Perché di operazione mirata (al di là dell’illecito eventuale) si è trattato. Ovvero far prendere a tutti i costi il livello B1, quello minimo richiesto per ottenere il certificato di cittadinanza. Così da permettere al celebre attaccante Luis Suarez di diventare a tutti gli effetti cittadino europeo e non dover essere più inserito nella rosa del club nella lista dei (limitati) posti riservati agli extra-comunitari.

Luis Suarez: favorito rispetto a tante persone comuni

Già il fatto in sé, pur nella generale indifferenza dei media mainstream abbagliati dall’idea che “El pistolero” potesse approdare in Serie A, aveva suscitato (in pochi) l’indignazione per come un particolare cittadino uruguaiano venisse terribilmente favorito rispetto alle tante persone comuni che devono seguire procedure complesse e i tempi biblici della burocrazia italiana (fino a 4 anni, quota alzata con il decreto sicurezza).

Le intercettazioni

In tutti c’era una sorta di consapevolezza che quella concessa a Suarez era comunque una cittadinanza ingiusta. Ma altrettanto consapevolmente piegati all’idea che al mondo del calcio possa essere concesso tutto, anche di fronte a una palese e ovvia violazione delle ‘regole di gioco’. “Non spiccica ‘na parola, parla solo all’infinito, ma non si può bocciare“, sono alcuni stralci delle intercettazioni che oggi i giornali rivelano. E ancora: “Passerà, perché con dieci milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare perché non ha il B1”.

E’ la conferma che c’è un pezzo di Paese – quanto grande sia è difficile dirlo ma certo esiste, non è affatto irrilevante ed è uno zoccolo duro da scalfire – che ritiene che i diritti non siano di tutti ma solo di alcuni. O meglio, che alcuni abbiano più diritto di altri solo per il fatto che appartengano a una determinata categoria sociale o abbiano un reddito considerevole. E che anche se le ipotesi di reato cadessero, la percezione che questa storia sta dando di sé non muterebbe di certo.

Si dipinge, insomma, una Repubblica delle banane dove il riccone o chi per lui, e grazie a compiacenti compari, ottiene con strafottenza ciò che per diritto viene ottenuto solo dietro il possesso di determinati requisiti. E la padronanza linguistica è uno di questi requisiti. E che ciò abbia come teatro Perugia e l’Università per gli stranieri è ancor più avvilente. Che si faccia giustizia, illecito o meno che sia.

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