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Chi ha perso le elezioni a Roma? Tutti quelli che non hanno votato

E pensare che solo pochi anni fa andare al voto era una questione di orgoglio personale e dignità sociale

Voto urne

Ai boomers, ovvero ai primi nati del dopoguerra, è stato insegnato che il fatto di “non andare a votare” costituiva la grave violazione di un dovere civico, fonte di vergogna sociale con rischio di annotazione sul certificato elettorale, addirittura preclusivo al possibile accesso alle professioni di notaio e di croupier, se non dannoso per i concorsi pubblici.

Quando andare al voto era una questione di orgoglio personale e dignità sociale

Ancora oggi, la legge punisce con il divieto di esercitare il diritto di voto a coloro che sono rei di aver frodato la buona fede pubblica.

In pratica, dopo il fascismo sconfitto con la disastrosa e contraddittoria uscita dal secondo conflitto mondiale, il senso di responsabilità comune in ottica di ritrovata democrazia, trasformava le domeniche elettorali in piccole feste familiari.

Si andava tutti a votare con l’orgoglio personale e la dignità politica di poter esprimere il diritto di scegliere chi era destinato a governare la cosa pubblica di appartenenza.

Dopo settant’anni, perché tanti son passati da allora, il panorama è completamente ribaltato. Al secondo turno delle elezioni amministrative romane concluse due giorni fa, quasi sei cittadini su dieci non sono andati al voto, così stabilendo il record dell’astensione elettorale che ha lasciato di stucco tutti i partiti, che peraltro, da una trentina d’anni a questa parte, tutt’altro sembrano fuorchè tali.

Più simili a movimenti di opinione occasionali e sempre male organizzati, i partiti politici veri e propri, quelli connotati da ideologie che affondavano le radici nelle nobili dottrine storiche dedicate, furono infatti cancellati in solo colpo da un noto processo giudiziario milanese avente ad oggetto tangenti, corruzione e finanziamento illecito – per l’appunto – dei partiti.

Quindi, con silente volontà popolare sempre più demotivata, il senso di appartenenza alla società civile si è quasi completamente disgregato per via della caduta sempre più fitta della “politica rappresentativa”.

Essa è oggi perlopiù sostituita da fenomeni locali di amministrazione autogestita, che apre le porte all’ideologia del “benicomunismo” e che secondo alcuni esperti aprirebbe la strada alla rivisitazione del capitalismo in chiave di sostenibilità.

Come negare, infatti, il valore delle attività svolte dai “comitati di quartiere” ormai presenti nelle principali città metropolitane?

Astensionismo elezioni Roma: sfiducia nella Politica e autogestione dei cittadini

Per fare alcuni esempi: l’autogestione privata della pulizia dei parchi, la creazione di orti vegetali in comune, la recinzione di aree pubbliche destinate ai giochi dei bimbi separati da quelle per i cani, le azioni collettive per la tutela della salute pubblica per immissioni rumorose malamovida notturna o per la protezione delle derrate alimentari nei mercati rionali e tanto, tanto altro, non dovrebbero rappresentare – da tempo – un serio campanello d’allarme per chi si propone di governare?

C’è da ritenere che questo letterale abbandono da parte delle istituzioni costituisca la vera ragione dell’astensione dei cittadini delle periferie romane. Cittadini lasciati soli a sé stessi per anni e anni ad esercitare una politica diversa da quella offerta finora e che non è stata in grado di fornire soluzioni concrete.

Se da un lato è infatti notorio che promesse elettorali sono sempre subordinate alle azioni avversarie di opposizioni scatenate se non direttamente dall’interno dei gruppi, è altrettanto necessario che l’amministrazione della cosa pubblica ascolti realmente i bisogni della cittadinanza. Invece di coinvolgerla politicamente in mood per così dire interessato, soltanto nella fase che precede la “chiamata al voto”.

Fatto è che la sfiducia ormai cronica negli esiti elettorali – che si traduce in astensionismo – è molto pericolosa, perché dall’assunto secondo il quale dal “tanto nulla cambierà”, si potrebbe passare molto più facilmente di quanto non si creda a possibili regimi totalitari.

Proprio come quello che nel 1945 abbiamo scacciato, ma che si annida come spettro inconsapevole per quelli che lasciano agli altri il diritto di decidere da chi farsi governare.

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