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CCNL Aeroporti: firmato il rinnovo, ma per i lavoratori è un passo indietro

In un comparto strategico, con bilanci in attivo e flussi di traffico in crescita, firmare un contratto che non riconosce i sacrifici dei lavoratori è una scelta miope

Aereo, aeroporto, pexels, ahmedmuntasir

Aereo, aeroporto, pexels, ahmedmuntasir

Il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale per i gestori aeroportuali, firmato dopo una lunga attesa, sembra rispondere a criteri di ordine e sistematicità. Ma un’analisi attenta del testo mostra una realtà ben diversa: il lavoro esce ancora una volta svantaggiato, con tutele ridotte, arretrati quasi azzerati e aumenti che non colmano la distanza inflazionistica. È una dinamica che si ripete e che solleva interrogativi urgenti sulla sostenibilità sociale del sistema aeroportuale italiano.

Un contratto firmato in ritardo, ma pagato in anticipo

La prima questione non è solo temporale, ma sostanziale. Il nuovo CCNL ha decorrenza economica dal 1° gennaio 2025, nonostante la scadenza del precedente fosse fissata al 31 dicembre 2022. In concreto, significa che per 36 mesi di lavoro i dipendenti non riceveranno alcun adeguamento tabellare. A copertura di questo lungo periodo scoperto viene riconosciuta una una tantum di 1.800 euro lordi: un importo che, alla luce dell’inflazione accumulata e dei profitti registrati nel settore, risulta decisamente insufficiente.

Questa prassi, divenuta frequente negli ultimi rinnovi, non è solo penalizzante ma anche distorsiva. Trasforma l’una tantum in una sorta di saldo definitivo, snaturando il senso dell’Indennità di Vacanza Contrattuale introdotta con la riforma del 1993, nata per coprire l’attesa del rinnovo e non per chiuderne i conti.

Aumenti distribuiti nel tempo, ma privi di impatto reale

Il contratto prevede un aumento complessivo di 210 euro, spalmato in tre tranche tra il 2025 e il 2027. Se confrontato con l’inflazione cumulata dal 2022 al 2024, che supera il 16%, il quadro diventa ancora più critico. I lavoratori riceveranno aumenti dopo che il potere d’acquisto ha già subito un’importante erosione, senza alcun recupero reale.

Manca inoltre una clausola vincolante che imponga rinnovi con cadenza regolare, e questo lascia la porta aperta a futuri periodi di stallo salariale. Un’anomalia che rischia di diventare strutturale, con ricadute gravi sul tenore di vita dei lavoratori.

Una normativa che non evolve con il lavoro

Dal punto di vista normativo, il nuovo CCNL resta ancorato a un modello organizzativo ormai superato. La mancata introduzione di un incremento dei giorni di ferie – richiesta che da anni viene avanzata in un settore ad alta intensità operativa – è emblematica di una scarsa sensibilità verso i temi del benessere psico-fisico e della conciliazione tra vita privata e professionale.

Il lavoro negli aeroporti è cambiato, richiede flessibilità, formazione continua, disponibilità a coprire turni disagiati. Ma il contratto sembra non cogliere questa trasformazione.

Welfare e previdenza: timidi segnali, impatto limitato

Le misure sul welfare – come il raddoppio del contributo al fondo sanitario integrativo e un lieve aumento al fondo previdenziale – vanno nella giusta direzione, ma restano deboli. Soprattutto perché non hanno un impatto omogeneo su tutta la platea dei lavoratori, essendo legate a meccanismi di adesione volontaria.

Inoltre, gli incentivi fiscali di cui beneficiano le imprese finiscono per neutralizzare gran parte dei costi. Il beneficio netto per il lavoratore è quindi minimo, e non colma certo le lacune lasciate dalla parte salariale.

Una durata contrattuale che pesa sui lavoratori

Il contratto copre 66 mesi (fino alla fine del 2027), ma di fatto riconosce aumenti solo per 36 mesi. Questo squilibrio rischia di diventare un precedente pericoloso: si allunga la vigenza senza garantire un corrispondente riconoscimento economico. Un’impostazione che svuota di senso la contrattazione collettiva come strumento di tutela reale.

Indennità simboliche, ma il lavoro è concreto

L’incremento dell’indennità giornaliera di appena 3 euro appare quasi simbolico, specie in un settore in cui la presenza fisica, la puntualità e la competenza del personale sono alla base della qualità del servizio. Continuare a trattare la presenza lavorativa come un optional, da ricompensare con misure marginali, alimenta una narrazione distorta del ruolo dei lavoratori aeroportuali.

Fragilità tutelate a metà

Il contratto introduce alcune misure specifiche a favore delle vittime di violenza e dei lavoratori affetti da gravi patologie. Sono segnali importanti, ma restano isolati. Manca una visione integrata del concetto di “qualità del lavoro”, che tenga conto delle vulnerabilità emergenti, delle nuove forme di stress lavorativo e delle sfide legate all’invecchiamento della forza lavoro.

Un’occasione persa per ricostruire fiducia

In un comparto strategico, con bilanci in attivo e flussi di traffico in crescita, firmare un contratto che non riconosce i sacrifici dei lavoratori è una scelta miope. La contrattazione dovrebbe rappresentare uno strumento di equilibrio tra gli interessi economici delle imprese e la dignità di chi lavora. In questo caso, quel bilanciamento non c’è.

Il risultato è un testo formalmente ordinato ma sostanzialmente squilibrato. E lascia sul tavolo un interrogativo che resta aperto: quanto ancora si può chiedere al lavoro senza restituire nulla in termini di equità, riconoscimento e diritti?