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Caso Ferragni, indagato per truffa anche il suo braccio destro

Fabio D’Amato, collaboratore di Chiara Ferragni, è indagato nell’inchiesta della Procura di Milano sul pandoro e le uova di Pasqua

Chiara Ferragni e Fabio D'Amato

Chiara Ferragni e Fabio D'Amato

Si aggiungono nomi al fascicolo di indagine per truffa aggravata che coinvolge la popolare influencer. Anche Fabio D’Amato, stretto collaboratore di Chiara Ferragni, è indagato per i casi del pandoro e delle uova di Pasqua nell’inchiesta della Procura di Milano. E’ quanto risulta dal provvedimento del pg della Cassazione che ha stabilito che, tra Cuneo Milano, dovrà essere proprio la Procura del capoluogo lombardo a indagare sul caso perché i contratti tra le società dell’influencer e la Balocco sono stati siglati a Milano.

I guai si moltiplicano e i follower scappano

I topi scappano dalla nave, quando c’è il pericolo che affondi. Così succede ai marchi pubblicitari che sponsorizzavano lautamente Chiara Ferragni. Abbiamo visto come in pochissimo tempo si passa dalle stelle alle stalle, anche se Chiara Ferragni ha tali capitali accumulati che il pericolo di ritrovarsi nelle stalle non è contemplato e non glielo auguriamo, in ogni caso.

Lo scandalo della “truffa della beneficienza” orchestrata con la fabbrica del pandoro Balocco, è stato come l’inizio di una caduta di birilli al bowling, via uno via l’altro tutti stanno cadendo per abbandonare il più in fretta possibile la nave. Magari non affonda, ma intanto gli investitori scappano, come sempre fanno appena il testimonial di turno cade in disgrazia o appena si sente l’odore di un possibile scandalo. È già accaduto in passato, si ripete adesso.

I testimonial sono un “punching ball” da amare e odiare

C’è bisogno di Famiglie Reali nelle nostre società occidentali, di principi e principesse, di re, regine e influencer per poter sognare di essere un giorno al loro cospetto, vivere nel loro lusso, nella loro esclusività e poterli massacrare e coprire di insulti e di odio alla prima delusione. In fondo sono un utile punching ball per la società, assieme ad attori, sportivi e cantanti, per non pensare al quotidiano, per non porsi problemi più seri che comporterebbero fatica e studio per essere compresi. 

Dopo la fine del rapporto con la Balocco, anche Pantene abbandona la Ferragni. Daygum ritira le gomme da masticare.  Monnalisa, marchio di abbigliamento per bambini sta valutando come defilarsi. “Siamo un’azienda quotata in Borsa e dobbiamo prima valutare con il nostro Cda il da farsi. Le feste di Natale hanno rallentato un po’ questo processo” ha dichiarato a Repubblica la responsabile creativa Barbara Bertocci.

Safilo e Coca Cola non hanno aspettato un minuto

I primi ad andarsene sono stati Safilo (occhiali) e Coca Cola.  Safilo non ha nemmeno aspettato che la procura formalizzasse l’iscrizione nel registro degli indagati per interrompere l’accordo di collaborazione. La multa comminata dall’Antitrust è stata sufficiente per far leva sulla clausola di buona condotta presente nel contratto tra l”influencer e il colosso dell’eyewear.

A ruota, Coca-Cola ha annunciato lo stop all’utilizzo delle immagini registrate a dicembre, prima che scoppiasse il caos mediatico, per un spot che sarebbe dovuto andare in onda a ridosso del Festival di Sanremo. A differenza di Safilo, Coca-Cola ha assunto un atteggiamento più morbido e non tranchant, riservandosi eventualmente di utilizzare quelle immagini in futuro.

La Daygum si nasconde dietro una partnership limitata

L’azienda Perfetti Van Melle è la multinazionale che produce le gomme da masticare Daygum. Nelle ultime ore sono in rimozione i pacchetti di gomme da masticare nella versione in collaborazione con il marchio digitale dell’imprenditrice nei punti vendita Carrefour (e anche in altri supermercati). L’azienda ha spiegato che la partnership con la Ferragni era prevista per una edizione limitata e, già che ci sono (maliziosamente pensiamo noi), la limitano prima del tempo.

Non si hanno notizie, ma arriveranno senza dubbio, da l’Oréal, Nestlé, Procter & Gamble, Calzedonia, Intimissimi, Nespresso, Morellato, Tod’s. Rinunciare al testimonial fa male all’azienda perché comunque rappresenta quanto meno una perdita di credibilità e anche finanziaria.

Quando inizia la tempesta niente pare possa placarla

La tempesta che sta travolgendo l’impero di Chiara Ferragni si sta intensificando anziché placarsi. L’ammissione di colpa e la donazione all’Ospedale che poteva, secondo l’influencer, contribuire a ripristinare l’immagine della testimonial invece sta sortendo l’effetto opposto.

Insomma il tappo è peggio del buco e ora l’uragano minaccia di travolgere un impero di 30 milioni di follower, che era sempre in costante ascesa, fino al caso dei pandori. Solo nel 2022 l’immagine della Ferragni aveva prodotto profitti per 10 milioni di euro.

La “responsabile” di questo cataclisma sarebbe Selvaggia Lucarelli. È lei che ha fatto partire il caso mediatico con la denuncia di un anno fa. Adesso la fuga delle aziende trova giustificazione anche nei ridotti acquisti dei prodotti che vengono ancora promossi con l’immagine della influencer.

Proprio questo dato negativo a indotto i dirigenti di Pantene a ritirare dai supermercati e dalle profumerie le pubblicità con il volto della Ferragni. Il rischio che il sentiment negativo attorno alla testimonial contagiasse anche i brand ai quali ha prestato il volto era chiaro e concreto fin dall’inizio, come dimostra il costante flusso in uscita di follower dal profilo dell’influencer, che non ha mai avuto una serie negativa così lunga.

In questi casi non si sa cosa sia bene fare perché qualsiasi mossa si faccia il risultato è sempre una riduzione di vendite, con fuga di clienti e di follower.

La legge per regolare il settore e i rapporti coi marchi

Una legge che regoli l’attività di questa professione si rende necessaria e l’Italia seguirà l’esempio della Francia che dal giugno scorso ha una legge in proposito, con un albo professionale e una serie di divieti tra i quali la promozione della chirurgia estetica e di determinati prodotti contenenti nicotina, dispositivi medici, scommesse sportive e gioco d’azzardo. Da noi si sta valutando il rispetto da parte degli influencer del testo unico sui servizi di media audiovisivi già esistente dato che, secondo l’Agcom questi “svolgono un’attività analoga o comunque assimilabile a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi“. Nella futura legge italiana dovrebbe essere essenziale istituire meccanismi di trasparenza sulle relazioni commerciali tra influencer e marchi.

L’implementazione di una disposizione simile in Italia contribuirebbe a evitare la pubblicità occulta, ponendo l’onere sugli influencer di dichiarare in modo esplicito qualsiasi forma di compensazione o vantaggio ottenuti per la promozione di prodotti o servizi.

Si indaga ora su altri casi precedenti e che risultano poco chiari

Esattamente su questo tipo di ipotesi di reato si sta muovendo la Procura di Milano con l’indagine sugli altri due casi su cui sono stati accesi i riflettori dai pm milanesi, ossia quelli delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e della bambola, in realtà chiamata “Mascotte Chiara Ferragni“, prodotta in collaborazione con Trudi.

Ferragni è indagata a Milano per truffa aggravata anche per questi altri due casi. Riguardo alle uova di cioccolato è indagato anche il patron della Dolci Preziosi, Franco Cannillo. Gli inquirenti e gli investigatori meneghini avevano ritenuto nel loro atto i tre episodi legati dal “vincolo della continuazione“, nell’ambito di un presunto “medesimo disegno criminoso“.

Il pg della Cassazione ha risolto la questione di competenza sul caso del pandoro, mentre sugli altri due non sono stati sollevati conflitti e, dunque, su questi gli inquirenti milanesi continuano ad indagare. L’ipotesi di truffa, in generale, in questi casi riguarda la vendita di prodotti sponsorizzati, in particolare sui canali social, da Ferragni, traendo in inganno, secondo l’accusa, i consumatori convinti che i ricavi sarebbero andati in beneficenza.

Quanto poco tempo basta a cadere quando si è saliti molto in alto

Fa impressione nel vedere quanti fossero questi brand, come iene al pasto sulla preda. Per le aziende conta il vantaggio che possono ricavare nell’accostare il proprio marchio al volto vincente della influencer modella.

La classica faccia d’angelo, la incarnazione della purezza e della bellezza occidentale. Efebica, magra, alta, bionda, occhi chiari, felicemente sposata, madre di bambini altrettanto biondi e paffuti. Una ragazza posata, educata, disciplinata, abbastanza paparazzata, amata, che vive come in una favola. D’un colpo il castello può venir giù, come succede quando troppo rapidamente si sale e altrettanto velocemente si cade nella polvere.

La Ferragni ha chiesto scusa, per evitare problemi di immagine

Per ora abbiamo solo degli indagati e non dei colpevoli, anche se la Ferragni ha già ammesso le sue responsabilità sui pandori griffati, donando, tramite la Tbs crew srl, un milione di euro all’Ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino per le cure dei bambini, lo stesso che aveva ricevuto preventivamente una donazione irrisoria.

La Balocco aveva elargito solo 50mila euro di beneficienza, mesi prima delle vendite e il ricavato restava nelle loro casse. Anche se non si specificava chiaramente nel cartiglio che accompagnava il prodotto, che il ricavato di quella vendita sarebbe andato in beneficienza, si diceva prudentemente che “Ferragni e Balocco sostenevano l’Ospedale finanziando l’acquisto di macchinari per le cure terapeutiche di bambini affetti da Osteosarcoma e sarcoma di Ewing”. Il ché potrebbe, in termini legali, anche scagionare azienda e influencer dall’accusa di truffa.

Raccolte di beneficienza in tv: serve più trasparenza

Questo meccanismo ha acceso i riflettori sulle richieste di finanziamento delle campagne di beneficienza in Italia. A mio modesto avviso si è passato ogni limite. Quasi tutte le settimane c’è da versare uno o due euro per un’iniziativa benefica. Tutte cose encomiabili ma troppe e tutte in fila come un grande business. Quasi sempre c’è di mezzo la tv o la stampa e delle organizzazioni con uffici, costi di personale, viaggi, pubblicità da pagare.  

Il Comitato Testamento Solidale ha certificato che il 73,1% delle organizzazioni no profit ha registrato negli ultimi 10 anni un incremento del trend di raccolta fondi da lasciti.

Tra queste l’AIL, AISM, Fondazione Don Carlo Gnocchi, Fondazione Lega del Filo d’Oro, Save the Children, Airalzh – Associazione Italiana Ricerca Alzheimer, Aiuto alla Chiesa che Soffre, Amref, Comitato Italiano per l’UNICEF, Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, Fondazione Humanitas per la Ricerca, Fondazione Operation Smile Italia ETS, Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, Fondazione Progetto Arca, Fondazione Telethon, Fondazione Umberto Veronesi, Greenpeace, Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e molte altre. La trasparenza è nell’interesse stesso delle organizzazioni serie, quindi ci auguriamo che venga praticata, a prescindere da ogni eventuale costrizione legale.

Foto dal profilo Facebook di Fabio D’Amato