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Caso Cucchi, Cassazione: il “pestaggio” nella caserma è la “causa primigenia” della morte

La Cassazione ha proclamato la sentenza finale dopo 13 anni secondo la quale i due carabinieri sono condannati definitivamente alla reclusione

Stefano Cucchi mentre sorride

Stefano Cucchi

Secondo il verdetto dei giudici della Cassazione “la causa primigenia” dell’intera vicenda che ha portato alla morte del giovane geometra romano è stato il pestaggio avvenuto nella caserma la sera del 15 ottobre 2009. La sentenza dello scorso 4 aprile ha riportato la condanna di reclusione sino a 12 anni per omicidio preterintenzionale ai due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro.

Stefano Cucchi mentre sorride al
Stefano Cucchi

La decisione della Cassazione

La Cassazione continua scrivendo che il “pestaggio di Stefano Cucchi avvenuto nella caserma Casilina di Roma è stata la causa primigenia di una serie di fattori sopravvenuti, tra i quali anche le negligenti omissioni dei sanitari” i quali hanno causato la morte del giovane geometra.

Inoltre, la Cassazione ha bocciato i ricorsi portati avanti dalle due forze dell’ordine pronunciando che “la questione della prevedibilità dell’evento” non è possibile in quanto la modalità con la quale i due carabinieri hanno colpito il volto della vittima ha provocato innumerevoli lesioni interne. “L’evento finale è stato determinato anche dal concorso di una pluralità di fattori sopravvenuti, la cui sinergia, con quella che ha identificato come la causa primigenia ha favorito il processo degenerativo risultante nello scompenso cardiaco fatale alla vittima”.

La sera del pestaggio

I giudici “non hanno escluso, e anzi hanno affermato, che nel caso concreto la struttura della spiegazione causale sia complessa e possa contemplare anche le negligenti omissioni dei sanitari e il progressivo indebolimento dell’organismo di Cucchi determinato dalla prolungata carenza di alimentazione e di idratazione”.

Inoltre, “hanno evidenziato come tali circostanze non solo non possano ritenersi indipendenti dall’azione dell’imputato, ma altresì non abbiano effettivamente deviato l’originaria serie causale, avendone semplicemente favorito o accelerato il decorso evitando di impedirne lo sviluppo, costituendo in tal senso mere concause dell’evento”. 

La sentenza

La quinta sezione della Cassazione continua spiegando il perché della sentenza finale dello scorso aprile, la quale ha condannato i due carabinieri: “l’intenzione dei due carabinieri fu di punire Stefano Cucchi per il suo atteggiamento”.  Infatti, il comportamento degli imputati non era quello di “vincere su una sua resistenza”. Il comportamento ostruzionistico tenuto dallo stesso Cucchi si era già esaurito al momento della violenta aggressione fisica ai suoi danni.

Con queste parole, i giudici della Cassazione concludono riportando come “tale ricostruzione risulti pienamente aderente alla nozione di motivo futile”. L’aggravante “ricorre dove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento”.