Buoni pasto, con i nuovi ticket non ti paghi nemmeno un panino | Hanno cambiato tutte le regole e tu perdi i soldi

Cambia tutti per i ticket - romait.it
Con questa riforma i tuoi buoni pasto non servono più a nulla. Ti tocca pagare tutto coi tuoi soldi
I buoni pasto sono entrati ormai da decenni nella vita di milioni di lavoratori italiani. Si tratta di un sistema nato per integrare lo stipendio, fornendo un piccolo ma utile sostegno quotidiano, soprattutto per la pausa pranzo.
I ticket, che in origine erano solo cartacei, hanno permesso a intere generazioni di risparmiare sulle spese alimentari e di gestire in modo più flessibile il proprio budget.
In tanti li hanno considerati una forma di benefit aziendale, un di più che accompagna lo stipendio mensile e che può essere utilizzato nei supermercati, nei bar, nei ristoranti e perfino in alcune gastronomie locali.
Con il tempo la loro diffusione è cresciuta fino a diventare una parte quasi irrinunciabile del pacchetto retributivo per impiegati e dipendenti, sia nel pubblico che nel privato. Avere i buoni pasto non significa soltanto poter consumare un pranzo senza intaccare direttamente il portafoglio, ma anche avere un margine di libertà nella gestione delle spese alimentari familiari.
Evoluzione dei ticket
Il valore medio dei ticket oggi si aggira attorno ai sette euro, con la possibilità di arrivare fino a otto euro esentasse se digitali. Sono somme che, sommate mese dopo mese, fanno la differenza e che spesso vengono spese più nei supermercati che al ristorante, perché garantiscono risparmio concreto nella spesa quotidiana.
La modernizzazione non ha risparmiato nemmeno questo strumento. Dalla classica tessera cartacea si è passati alla card elettronica, che funziona come una normale carta di pagamento. La comodità di strisciare al supermercato senza dover contare i ticket di carta è stata accolta con favore sia dai lavoratori che dagli esercenti, anche se non sono mancati i problemi legati alle commissioni. Proprio queste ultime sono state al centro del dibattito negli ultimi anni, con i commercianti che denunciavano percentuali troppo alte da versare alle società emettitrici.
Il futuro dei buoni pasto viene però messo in discussione da una riforma. Per i lavoratori restano uno strumento utile e ormai consolidato anche se si teme la riduzione del loro valore, invece per i commercianti ci potrebbe essere forse un po’ di respiro economico.

Novità in arrivo
Da settembre 2025 le cose cambiano. Come riportato da fanpage.it, entra in vigore un tetto massimo del 5% sulle commissioni, valido non solo per i dipendenti pubblici, come già avveniva, ma anche per il settore privato. La misura, introdotta con la legge sulla concorrenza del governo Meloni, mira a ridurre il peso per i negozianti. In media, fino a oggi, le commissioni erano dell’11% ma in alcuni casi arrivavano perfino al 20%. Ciò significava che su dieci euro incassati due finivano direttamente alle società emettitrici. Una situazione considerata insostenibile per molti esercizi commerciali. Dal 1° settembre nessun contratto potrà superare questa soglia. I vecchi accordi resteranno validi fino al 31 dicembre 2025, dopodiché ogni buono con commissioni superiori sarà inutilizzabile. In pratica dal 1° gennaio 2026 tutto il sistema sarà uniformato. Per i lavoratori non cambierà nulla: il valore del ticket resterà lo stesso e potrà essere speso con le stesse modalità.
Chi paga il prezzo della riforma saranno le società che gestiscono i buoni. L’associazione di categoria Anseb ha infatti espresso critiche, segnalando che le entrate diminuiranno e che le aziende potrebbero scaricare i maggiori costi su quelle che acquistano i buoni per i propri dipendenti. Questo, secondo Anseb, potrebbe portare a tagli nel welfare aziendale o a riduzioni nel valore dei ticket distribuiti. Tuttavia, come sottolineato da Confcommercio, i buoni sono totalmente deducibili per le imprese e non incidono sull’Irpef dei lavoratori, quindi l’allarme potrebbe rivelarsi esagerato.