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Astronomia, scoperte (forse) tracce delle prime stelle dell’Universo

Il telescopio James Webb potrebbe aver scorto in un sistema lontanissimo l’ombra degli astri nati “subito dopo” il Big Bang: intanto la cometa 3I/ATLAS infiamma gli scienziati, e purtroppo anche i social

Astronomia, immagine artistica delle prime stelle

Immagine artistica delle prime stelle (© NASA - WMAP Science Team / Wikimedia Commons)

Uno dei grandi enigmi dell’astronomia riguarda le prime stelle formatesi nell’Universo dopo il Big Bang. Corpi celesti lontanissimi, che molto probabilmente hanno già finito di brillare da tempo immemore. E di cui ora, però, un team di ricercatori guidati da Eli Visbal dell’Università di Toledo, in Ohio, ritiene di aver individuato, per così dire, l’ombra.

Astronomia, immagine artistica delle prime stelle
Immagine artistica delle prime stelle (© NASA – WMAP Science Team / Wikimedia Commons)

Le ombre delle prime stelle

Il Grande Scoppio è avvenuto all’incirca 13,8 miliardi di anni fa, e si ritiene che gli astri primordiali comparvero tra 100 e 200 milioni di anni dopo. Erano costituiti, come rileva Focus, pressoché solo da idrogeno ed elio, il che consentiva loro di raggiungere masse elevatissime ma comportava pure una “morte” relativamente rapida. Quelli che non collassavano in buchi neri esplodevano come supernovae, formando gli elementi più pesanti e dando origine alle nuove generazioni stellari.

Rappresentazione delle diverse fasi evolutive dell’Universo
Rappresentazione delle diverse fasi evolutive dell’Universo: si può notare l’età a partire dalla quale le stelle hanno iniziato a formarsi (© NASA / Wikimedia Commons)

L’intero ciclo vitale, scrive l’INAF, durava pochi milioni di anni, esaurendosi quindi molto prima che nascesse il nostro Sistema Solare, all’incirca 4,5 miliardi di anni fa. La luce che i nostri progenitori cosmici hanno emesso nell’antichità, però, vaga ancora nello spazio, dovendo viaggiare per 13 miliardi di anni prima di raggiungerci. Tuttavia, quando colpisce la Terra, è estremamente indebolita dal lunghissimo tragitto.

Astronomia, raffigurazione del Sistema Solare, con le distanze non in scala
Raffigurazione del Sistema Solare, con le distanze non in scala (© CactiStaccingCrane / Wikimedia Commons)

Per ovviare al problema, si può sfruttare l’effetto lente gravitazionale, che permette di creare immagini ingrandite e più luminose di oggetti remotissimi che altrimenti resterebbero invisibili. È ciò che ha fatto, come riporta Il Meteo, il James Webb Space Telescope della National Aeronautics and Space Administration. Il quale, aggiunge La Repubblica, è dunque riuscito a scrutare in una regione inesplorata distante appunto 13 miliardi di anni luce.

Il James Webb Space Telescope visto dal razzo che lo ha portato in orbita, subito dopo il distacco
Il James Webb Space Telescope visto dal razzo che lo ha portato in orbita, subito dopo il distacco (© Arianespace, ESA, NASA, Canadian Space Agency, CNES / Wikimedia Commons)

È stato così individuato il primo sistema stellare, Lap1-B, che sembra soddisfare tutti e tre i criteri teorici che definiscono le cosiddette “stelle di popolazione III”. La composizione chimica, le enormi dimensioni, e la formazione di cluster grandi appena qualche migliaio di masse solari, circondati da un alone di materia oscura. Questi risultati sono stati recentemente pubblicati su The Astrophysical Journal Letters e, pur necessitando di ulteriori approfondimenti, appaiono già decisamente promettenti.

3I/ATLAS è la star dell’astronomia

Nelle ultime settimane, comunque, la scena se l’è presa tutta qualcun altro. 3I/ATLAS, il cui nome deriva dall’omonimo osservatorio cileno responsabile della sua scoperta, e dall’essere il terzo oggetto interstellare a visitarci dopo 2I/Borisov e 1I/’Oumuamua.

Astronomia, la cometa 3I-ATLAS ripresa dalla navicella cinese Tianwen-1 a 28,96 milioni di km di distanza
La cometa 3I-ATLAS ripresa dalla navicella cinese Tianwen-1 a 28,96 milioni di km di distanza (immagine dalla pagina Facebook di Luigi Bignami)

La sua popolarità, spiega l’ANSA, è legata alla strampalata ipotesi che non si tratti di un fenomeno naturale, bensì di un’astronave aliena. Amenità partorita, aggiunge Il Sole 24 Ore, dal fisico teorico israelo-americano Avi Loeb sulla base di alcune anomalie riscontrate nel comportamento dell’intruso spaziale. Abbastanza per infiammare, come riferisce Il Giornale, i complottisti che infestano i social media, persuasi di essere presi per la NASA e che “non cielo [sic!] dicono”.

Avi Loeb
Avi Loeb (immagine dalla sua pagina Facebook)

Peccato che l’ospite proveniente da un altro mondo non sia altro che una cometa, le cui “stravaganze”, conclude Rai News, non hanno proprio nulla di artificiale. Anche se, come da nota lezione warholiana, le hanno rapidamente guadagnato il titolo di (è il caso di dirlo) star dell’astronomia.