Africa, elezioni e rivolte tra speranza e il segno del Gattopardo
Quarto mandato per Ouattara in Costa d’Avorio, ottavo per Biya in Camerun, dove esplode la protesta: come sempre l’ago della bilancia è l’esercito, col rischio che tutto cambi perché tutto resti com’è

Presidenziali in Camerun e Costa d’Avorio nell’ottobre 2025 (collage di immagini dalla pagina Facebook di CRTVweb e dall’account X - ex Twitter - de La Nouvelle Tribune)
Lunedì 27 ottobre sono stati ufficializzati i risultati delle due più recenti Elezioni Presidenziali svoltesi in Africa, segnatamente in Camerun e Costa d’Avorio. Entrambe le tornate si sono concluse con delle conferme, come minimo, controverse. Tra speranza, rassegnazione, orgoglio, e quello che si potrebbe definire il “segno del Gattopardo”.

Presidenziali in Africa
Dalle parti di Abidjan, come riporta Jeune Afrique, i dati provvisori indicano che l’uscente Alassane Ouattara ha schiacciato una concorrenza comunque azzoppata in partenza. Come infatti ricorda Le Monde, le candidature dei principali leader delle minoranze, il suo predecessore Laurent Gbagbo e il banchiere Tidjane Thiam, erano state respinte preventivamente. L’ex economista del FMI, aggiunge Le Figaro, ha così ottenuto la percentuale bulgara dell’89,77%, superando il 90% in diverse regioni.
Immediatamente sono arrivate le prime accuse di brogli, soprattutto dal dipartimento di Kounahiri, dove il Nostro pare aver incassato 16.000 voti a fronte di soli 14.000 elettori. In ogni caso, a differenza di quanto accaduto in occasione di passati scrutini, stavolta la contestazione sembra correre più sui social che nelle piazze.
Sia come sia, quarto mandato per l’83enne dirigente del Paese degli Elefanti, ma addirittura ottavo consecutivo per il numero uno di Yaoundé Paul Biya. Che, a quasi 93 anni (li compirà a febbraio), è il più anziano Capo di Stato in carica al mondo, monarchi esclusi, nonché il secondo più longevo. È infatti al potere ininterrottamente dal 1982, preceduto solo dall’83enne Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, che guida la Guinea Equatoriale dal 1979.

Dalla Costa d’Avorio al Camerun
L’Highlander di Mvomeka’a, come riferisce France 24, a oltre due settimane dall’apertura delle urne è stato accreditato dal Consiglio Costituzionale del 55,63% dei consensi. En passant, conquistati in modo plebiscitario anzitutto nel Nord-Ovest e nel Sud-Ovest, le terre dei separatisti anglofoni. Che però si dà il caso detestino il Padre della Nazione, considerato all’origine di tutti i mali che affliggono la popolazione di lingua inglese.
Preso quindi atto del mistero degli indipendentisti che hanno votato in massa chi nega loro l’indipendenza, quest’ultimo terminerebbe il nuovo settennato all’alba del secolo di età. Del resto, con involontaria comicità, aveva scelto come slogan della sua campagna elettorale (durata ben 5 giorni) Grandeur et Espérance, ovvero “grandezza e speranza”.

Le cifre comunque sono state prontamente contestate dal suo 79enne sfidante (e suo ex Ministro) Issa Tchiroma Bakary, autoincoronatosi vincitore col 55% circa delle preferenze. E i cui sostenitori, scrive RFI, già alla vigilia della proclamazione avevano inscenato furiose proteste, sfociate purtroppo in 4 morti nella capitale economica Douala. Nonché in 106 fermi, con tanto di abusi documentati nei posti di polizia, dove gli arrestati, tra l’altro, sono stati obbligati a denudarsi.
La tensione nel Paese dell’Africa Centrale, come rileva RTL, si è ulteriormente innalzata dopo la ratifica dell’esito elettorale. Con dei cecchini che hanno sparato sui civili in diverse città, tra cui Garoua, dove una folla si era radunata spontaneamente nei pressi dell’abitazione del candidato dell’opposizione. Il quale ha denunciato due vittime, e anche un tentativo di rapimento nei suoi confronti.
I golpe precedenti in Africa
Queste dinamiche richiamano facilmente alla memoria gli otto putsch che si sono succeduti nel Continente Nero in appena tre anni, tra il 2020 e il 2023. Che però erano caratterizzati da un forte sentimento antifrancese del tutto assente nella circostanza specifica.

In questo senso, le dimostrazioni dei Leoni Indomabili hanno molti più tratti in comune con quelle giovanili della Generazione Z. Che hanno imparato a conoscere fin troppo bene in Marocco e, soprattutto, Madagascar, dove lo scorso 14 ottobre l’autocrate Andry Rajoelina è stato infine costretto all’esilio.

In tutti questi casi, però, il rovesciamento dell’autorità costituita è stato determinato, in ultima analisi, dalle forze armate. O perché hanno condotto in prima persona il colpo di Stato, o perché la loro azione si è saldata in modo decisivo con la sollevazione popolare. Se dunque l’esercito costituisce l’ago della bilancia, è estremamente significativo che almeno una parte di quello camerunese sembri essersi schierata coi manifestanti.
Il segno del Gattopardo
Naturalmente è presto per fare previsioni sui possibili sviluppi, ed è sempre possibile che si ripeta la felice eccezione rappresentata dal Senegal “stagione 2023-2024”. Lì i cittadini, ribellandosi ai soprusi delle istituzioni, alla fine hanno imposto alla magistratura suprema il “loro” Bassirou Diomaye Faye anche senza l’appoggio dei soldati.

Certo, all’orizzonte si staglia sempre un rischio concreto, d’altronde già verificatosi nell’intera “Cintura dei Golpe”: quello che l’ancien règime finisca per essere rimpiazzato da una giunta militare. E che quindi, come insegnava il Principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, tutto cambi affinché tutto rimanga com’è.








