ULTIM’ORA Liliana Resinovich: è stato lui “La Procura ha tutto, ora basta silenzi” | Confessione senza precedenti
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Il caso di Liliana Resinovich torna prepotentemente al centro del dibattito pubblico dopo l’intervento del fratello Sergio, che davanti al tribunale di Trieste ha partecipato a un sit-in ribadendo le proprie convinzioni sulla morte della donna. Le sue parole, pronunciate con fermezza davanti a familiari, amici e cittadini, denunciano il timore che l’inchiesta possa perdere slancio e chiedono che la Procura acceleri per arrivare a una verità giudiziaria definitiva.
L’uomo sostiene apertamente la sua posizione, indicando nel marito di Liliana la figura al centro delle sue accuse e ricordando che «negli atti è scritto tutto». Un’affermazione che risuona nella piazza come un appello deciso a non lasciare irrisolti i numerosi interrogativi che da anni circondano la vicenda, segnata da perizie, testimonianze contestate e valutazioni investigative spesso ritenute insufficienti dai familiari.
Le parole del fratello e i nodi irrisolti dell’inchiesta
Nell’intervento durante il sit-in, Sergio Resinovich ha ricordato che il marito di Liliana «è stato indagato per un omicidio con l’aggravante della parentela», sottolineando però la necessità di lasciare che la magistratura completi il proprio lavoro. Allo stesso tempo, non ha nascosto l’esasperazione accumulata in questi anni: «Sono quattro anni che io non vivo, questa non è vita. Mia sorella è morta, è stata uccisa ed è provato», afferma con voce carica di dolore.
Il timore che l’indagine possa arenarsi alimenta la sua richiesta di una svolta, soprattutto alla luce dei tanti elementi che negli ultimi anni hanno alimentato dubbi e speculazioni. Nel suo discorso, Sergio ha rivolto critiche dure verso alcuni soggetti che nel tempo hanno contribuito a diffondere ricostruzioni ritenute fuorvianti. Tra questi figura il pizzaiolo che aveva dichiarato di aver fornito a Liliana alcuni sacchi neri, dettaglio spesso citato nel dibattito pubblico ma contestato dal fratello: «Sono figuranti che dicono stupidaggini, mi chiedo a che pro».
Secondo lui, testimonianze di questo tipo non solo non avrebbero alcun fondamento, ma avrebbero «complicato il lavoro investigativo», spostando l’attenzione su piste considerate inconsistenti. Un rischio che, nella sua visione, ha rallentato il cammino verso l’accertamento dei fatti e alimentato confusione tra opinione pubblica e media.

La richiesta di accelerare e il futuro del caso
Nella parte conclusiva del sit-in, Sergio Resinovich ha lanciato un nuovo appello alla Procura affinché possa imprimere un’accelerazione alle verifiche ancora in corso. Il passare del tempo, racconta, è una delle ferite più difficili da sopportare: la percezione di immobilismo rende ancora più pesante un dolore che da quattro anni accompagna ogni momento della sua vita.
I cittadini e i sostenitori presenti alla manifestazione hanno condiviso questo sentimento, chiedendo che l’attenzione sulla morte di Liliana non venga oscurata da ricostruzioni parziali o da piste che distolgono dal materiale investigativo effettivamente contenuto negli atti. L’obiettivo, per tutti, resta quello di arrivare a una verità solida, capace di restituire dignità alla vittima e risposte definitive alla famiglia.
Il sit-in si è concluso in un silenzio carico di emozione, con le immagini di Liliana alzate verso il cielo. Il fratello, stringendo la foto della sorella, ha ribadito la sua unica richiesta: continuare a cercare la verità, senza perdere altro tempo, affinché la giustizia possa finalmente fare il suo corso.
