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Abitare a Roma oggi è impossibile, ma fino agli anni ’80 era bello vivere qui

Se un turista va a Parigi ci vuole tornare. Il 65% dei turisti lo fa. Se un turista viene a Roma, non ci torna più. Il 65% infatti non torna

Taxi in via Nazionale a Roma

Quanto sei bella Roma! Cantava Claudio Villa. Poi siamo passati a Roma Capoccia di Antonello Venditti ma il senso era sempre lo stesso. Era bello vivere a Roma. Non insisterò molto su questo concetto, credo ampiamente condiviso. Mi riferisco a un’epoca neanche troppo lontana, diciamo almeno fino a tutti gli anni ’80. La città conservava molto del suo spirito ante e dopo guerra. Il clima, i parchi, il centro storico, le opportunità di svago, lungo la costa laziale tra Sperlonga e Santa Marinella, le montagne tra Terminillo e Ovindoli, il crescere delle zone residenziali eleganti, la dolce vita notturna.

C’era un tessuto amicale a Roma

Soprattutto c’era un protettivo tessuto amicale, a ogni livello sociale. Ci si vedeva spesso, a casa, nel fine settimana. Le gite, gli scherzi, i week end, la partita, le avventure, i figli che crescono. Si poteva ancora guadagnare bene e investire qualcosa nelle vacanze nelle isole, a Ponza, in Maremma, in Versilia, a Pescara. C’era l’Estate Romana, Massenzio, le rassegne di cinema, i concerti rock, tutti a ballare. “La Sera dei Miracoli” di Lucio Dalla rende bene quel clima di letizia e di scoperta: “E la gente corre nelle piazze per andare a vedere… Si muove la città… con le piazze, giardini e la gente nei bar…” Ora dopo le 23 c’è il deserto.

Poi è calata l’indifferenza, è arrivato lo stress…

D’un tratto, non so dire quando. Mi accorsi che tutto questo era finito. Lavorando molto dalla mattina alla sera, travolto dagli impegni e dagli appuntamenti, le cene di lavoro e gli incontri, non ho avuto tempo di rendermi conto che gli amici erano dispersi, dentro un social network, dietro numeri telefonici dimenticati, in spazi e tempi impossibili da raggiungere.

La vita scorreva veloce più di prima, scandita da pagamenti quotidiani di multe, luce, gas, telefoni, riparazioni d’auto, caldaie, mutui. Le vacanze erano belle ma sempre più lontane e da soli, con la moglie o la compagna del momento. I problemi del ritorno erano sempre i soliti ma non riuscivo più a comunicare sentimenti, passioni, critiche, ansie di cambiamento. Trovarsi per un cinema era diventata una impresa. Rientrare a casa, docciarsi, cambiarsi e riuscire in tempo per stare al parcheggio in tempo, fuori dalla zona ZTL, arrivare in orario per l’inizio del film. I biglietti? Li fai tu per favore. Poi ti restituisco i soldi… Il film è finito. Che si fa? Ho sonno, domani mi devo alzare presto. Buonanotte. Che cacata sto’ film, ma perché ci siamo venuti? Stavo meglio a casa.

La stessa cosa la possiamo ripetere per il teatro, per una cena a casa di amici, dove si trovano altri sconosciuti, conoscenti, supponenti, antipatici, che mangiano tartine insulse e bevono bibite gassate dolci, che gonfiano.

Cos’ha di meno Roma rispetto ad altre Capitali?

Roma è la più grande città d’Italia. Più di 4 milioni di abitanti tra residenti e turisti o pendolari. Una metropolitana piccola. Un servizio di bus e treni, dalla provincia, inefficiente. Con continui ritardi e fastidi. A volte, in rapporto a New York o a Londra, a Parigi, ci sembra assurdo parlare di metropoli, Roma lo è per i problemi più che per la quantità di abitanti. Il fatto è che in quelle città, quando ci stai, è per poco tempo, tutto è bello, i servizi sono efficienti, usi il taxi o la metro, arrivi sempre puntuale, vivi in albergo, dove hai un personale che ti risolve ogni problema.

A Roma c’è un centro storico enorme in rapporto alla città, la zona inaccessibile è ampia e le multe arrivano, il traffico è abnorme, i taxi sono pochi perché non si consentono nuove “licenze”, un sistema assurdo che altrove non esiste. Roma è stata uccisa dall’essere Capitale. Se avessero messo la capitale a Viterbo o a Frosinone, Roma sarebbe stata liberata da almeno un milione di ministeriali, indotto compreso, auto blu, polizia e carabinieri, corazzieri e finanzieri.

La vita sarebbe scorsa più tranquilla senza manifestazioni che la bloccavano, senza pullman dei sindacati posteggiati a San Giovanni, senza scontri e sassaiole tra fascisti e autonomi. Meno delinquenza per le strade, più turismo per una città d’arte. Si sarebbe potuto mettere il ticket per entrare nel centro, selezionando i turisti un tanto al giorno.

La maleducazione è come un grande “Nulla” che invade la città e le case

Ma Roma è Capitale. Con tutto ciò che questo ha comportato. Soprattutto per i suoi abitanti. Il senso di anarchia assoluta del traffico, delle moto, dei pedoni, provoca uno stress quotidiano, a chi è costretto ad avventurarsi nelle file che avvolgono la città, principalmente la mattina dalle 7 ma anche la sera dalle 5-6.

Dal Raccordo anulare, che era utilissimo quando non era bloccato dalle auto, fino a Piazza Venezia, si procede a passo d’uomo, lungo la Nomentana, la Flaminia, l’Aurelia, la Tuscolana, la Casilina… insomma ogni strada ha il suo “tampone” a orari più o meno simili. In genere a Roma chi può non usa il mezzo pubblico perché lento e affollato. Rischi il furto del portafoglio, devi fare spostamenti a piedi, arrivi in ritardo. Il fatto è che la velocità media percepita è di soli 28km/h per le moto, i ciclomotori e gli scooter e di 24 km/h per le auto mentre per i mezzi pubblici siamo ancora a 14 km/h!

Il dramma non è solo mentre vai, ma soprattutto quando arrivi. Dove lascio la macchina? Ho vissuto come una liberazione l’arrivo del car sharing. Prendere la smart o la 500 e lasciarla ovunque è stata una liberazione. Ma è durata poco. I parcheggi sono sempre di meno. Passi più tempo a trovarne uno che ad andare da un capo all’altro della città. Poi sono arrivati le moto sharing e poi il monopattino elettrico. Sembrava una bella idea, poi hanno cominciato ad abbandonarli sui marciapiedi, appoggiati ai vasi delle piante, per terra, sulla strada. Uno spettacolo osceno. La dimostrazione della cafoneria cittadina.

Una volta era lo sfottò, ora siamo alle botte

Un altro fattore di scontento è sorto con la litigiosità degli abitanti. Sarà per il fatto che i romani veri sono ridotti al lumicino e la città è un melting pot prima di tutto italiano (da noi le regioni sono come nazioni) ma anche gli stranieri non sono pochi, soprattutto arabi, africani, latino americani, asiatici, est europei. Questa con-fusione qualcosa ha determinato. Io dico siamo diventati più “milanesi”. Ricordo che negli anni ’70 mi avevano impressionato le liti che nascevano spontanee nelle strade e sui tram di Milano. A Roma non succede tutto questo, c’è più tolleranza, dicevo.

D’un tratto anche a Roma sono cominciate le discussioni per un nulla, sui bus, nella metro, sui marciapiedi. Sono cresciute quelle nel traffico, dal classico “vaffan…” si è passati all’uso del crick sul cofano o in testa, contusi, feriti, anche qualche morto, per un parcheggio, per un sorpasso! Questa non è più la mia Roma, mi dicevo. Troppo stress, troppa cafoneria, troppa violenza.

Montagne di immondizia

Le cose non succedono per caso. I problemi non risolti della città, hanno scatenato le liti e il malessere fra i cittadini. Montagne di immondizia si sono accumulate ai lati delle strade. Cassonetti pieni, mai svuotati per settimane. L’immondizia ha sporcato l’immagine di una delle città più belle al mondo. Il bambino esce da scuola e deve scavalcare cumuli di rifiuti puzzolenti per tornare a casa a piedi. Ti vergogni se sei con un ospite in visita. Ci ridi su, ma sai che questo è un problema davvero tragico.

Come se ne esce?

Non lo so. La vita è breve e appena m’è capitata l’occasione me ne sono andato. Voglio vivere bene il tempo che rimane. Ogni tanto torno e vedo che le cose sono peggiorate. Certo non si può continuare così. Non è che Roma sia l’unico caso. Molti degli stessi problemi li hanno altre comunità, in altre città, anche all’estero. Vedo tuttavia che dove i servizi pubblici funzionano, le relazioni tra le persone vanno meglio. Credo che il problema, per Roma e per l’Italia, sia culturale e politico. C’è un evidente abbassamento del livello culturale della gente.

C’è molta ignoranza. Intesa proprio come scarsa conoscenza delle cose basilari del mondo. Delle regole sulle quali si regge una società per esempio e non parlo solo di Codice della Strada. Quello qualcuno lo conosce. Ma del codice etico di vita sociale. Del rispetto che si deve all’altro, prima di tutto agli anziani, alle donne, ai bambini, agli animali. Del rispetto che si deve a chiunque. La logica che muove il mondo e quindi anche una città è l’egoismo e (lo dirò in maniera educata) “i fattacci miei”. Intesi come risparmio, guadagno, taccagneria e anche come ruberia. Se posso fregare il prossimo lo farò. Non l’ha detto Murphy ma lo avrebbe detto se fosse vissuto a Roma una settimana.

Il menefreghismo di tanti romani

Da qui discendono tutti gli altri mali, le incomprensioni, le offese, i risentimenti, gli odi, il menefreghismo. Nei riguardi della città stessa per esempio. Gettare immondizia per terra, sporcare e non pulire, rompere e non riparare, danneggiare e scappare per non pagare, approfittarsi del vecchietto, della persona fragile, derubare il prossimo, infischiarsene dei suoi problemi. Come si recupera questo livello di disistima, di paura, di sfiducia nelle persone, nelle istituzioni, negli altri?

Probabilmente facendo ciascuno nel proprio piccolo quello che ci sembra giusto e corretto. Ossia comportandoci bene, come vorremmo che gli altri si comportassero con noi, Ma perché ciò avvenga occorre uno sforzo notevole delle autorità comunali e statali. Se d’incanto l’immondizia sparisse, il traffico e le file svanissero dalle nostre giornate. Se funzionassero le scuole, gli asili, aumentassero i taxi, diminuissero alcune tariffe. Se insomma la vita fosse più facile e la polizia più presente per prevenire non per reprimere.

Anche le persone comincerebbero a godere di questo clima “svizzero” e si comporterebbero come piccoli lord nella loro Contea. Questo è quello che dobbiamo chiedere, secondo me, e per cui dobbiamo darci da fare. Mi ha colpito un dato che lessi qualche anno fa. Se un turista va a Parigi ci vuole tornare. Il 65% dei turisti lo fa. Se un turista viene a Roma, non ci torna più. Il 65% infatti non torna. Lo straniero o il forestiero che veniva a vivere a Roma diventava romano, si integrava nella cultura della città, pur restando sé stesso. Oggi la città respinge, crea difficoltà, non la si capisce, è difficile da vivere. Infatti la frase che senti sempre più spesso dallo straniero è “Roma è bella si, ma non ci vivrei!