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A tu per tu con la cuoca a domicilio Maria Elena Curzio

Ha studiato le tecniche di base dallo chef Gennaro Esposito e poi ha iniziato a fare la cuoca a domicilio e ha avuto successo

Immaginate di organizzare una cena con i vostri amici e di non preoccuparvi di nulla, nemmeno della spesa, perché a preparare e a cucinare ci pensa una cuoca che viene a casa vostra per farvi degustare un menù scelto insieme a voi. Abbiamo incontrato Maria Elena Curzio, fondatrice dell' Associazione Nazionale Cuoche a Domicilio, che ci ha parlato del suo progetto e della sua idea del cibo come racconto e trasmissione di storie e cultura.

Quando è nata la passione per il cibo e quando hai capito che poteva diventare un mestiere?

Sono cresciuta a Napoli nella cucina di mia nonna. Pur avendo una casa molto grande,  studiavo in cucina con lei e mi piaceva stare in sua compagnia perché mi raccontava le ricette. Amavo osservare come muoveva le mani. Sono stata per molti anni una ragioniera e la mia attività è sempre stata quella di analizzare i bilanci. Ho continuato a lavorare fin quando, in seguito ad un grave problema di salute fortunatamente risolto, ho pensato di dedicarmi a quello che veramente mi piaceva fare più di tutto: cucinare per le persone. Così ho studiato  le tecniche di base e ho chiesto allo chef Gennaro Esposito di ospitarmi nella sua cucina. Mi ha risposto, dopo tante e-mail, quando gli ho inviato una lettera scritta a mano. Lui ha sostenuto il mio progetto, mi ha invitato a Vico Equense alla festa che organizza ogni anno e  da lì è nato tutto.

Nel 2011 è nata l’Associazione nazionale cuoche a domicilio della quale sei fondatrice e presidentessa.  Parlaci di questa iniziativa.

Ho voluto creare un'associazione basata sulla cultura del cibo, sulla tradizione e su quei racconti che si facevano in cucina e che non si fanno più. Perderli sarebbe come strappare una pagina da un libro di storia. Mi sono resa conto che mancava il racconto del cibo e quindi ho pensato di entrare nelle case per raccontare un territorio, dei sapori, dei gesti. Ѐ come se viaggiassimo nel passato. Per questo cerco di stimolare le socie ad una ricerca che abbia anche un carattere antropologico. La mia intenzione è quella di riprendere le tradizioni culinarie delle famiglie e, nello stesso tempo, di essere vicina ai produttori raccontando i prodotti e le colture, anche quelle dimenticate. L'associazione ha un carattere nazionale anche perché ogni socia può essere un riferimento nella propria regione.

Perché hai scelto di riservare l’associazione esclusivamente alle donne? Chi sono le vostre socie?

In origine la cucina a domicilio era un mestiere molto antico che praticavano i monsù, cuochi di origine francese e grandi maestri di cucina che viaggiavano a piedi per l'Italia portando spesso con sé i semi di prodotti particolari. Quando arrivavano nelle cucine dei nobili portavano cibi che erano del tutto sconosciuti. Solo gli uomini, però, potevano viaggiare mentre le donne cucinavano in casa dedicandosi soprattutto al recupero  delle materie da scartare. Gli uomini cucinavano le eccellenze e le donne quello che rimaneva, le cose più povere che però non erano meno buone. Mi piaceva recuperare l'idea della signora di casa che non è solo casalinga ma anche colei che trasmette una passione. Le donne sono più curiose degli uomini e più attente ai particolari. Le socie sono donne che spesso hanno un altro lavoro ma che hanno abbracciato una comune passione:  quella di cucinare a casa delle persone.

Come è organizzata la preparazione di una cena a domicilio?

Veniamo chiamate attraverso il nostro sito sul quale si individuano le varie cuoche. Personalmente vado a fare un sopralluogo, mi accerto che non ci siano intolleranze e propongo i miei menù cercando di orientare la scelta su quello che spesso non si conosce. Faccio io la spesa e arrivo un paio d'ore prima della cena o del pranzo, organizzo la tavola e cucino. Nel rispetto dei tempi che gli ospiti si prendono per loro, sono presente durante la cena per dare spiegazioni e raccontare alcune cose che riguardano le pietanze. C'è sempre un piatto che associo ad una storia in modo che le persone possano esserne incuriosite e ricordarlo.

Com’è entrare nelle case degli altri, nelle cucine in particolare?

In Italia la cuoca a domicilio è vista come quella che porta la teglia di lasagna, la scalda nel forno e se ne va quindi l'approccio è un po' complicato. Non vogliamo scimmiottare i grandi chef,  vogliamo restare quello che siamo e magari riuscire ad educare le persone al gusto, in modo che quando arrivano al ristorante stellato abbiano una maggiore consapevolezza e qualche curiosità in più. Inoltre ci auguriamo di creare con il nostro lavoro una rete e delle amicizie, non solo per il servizio offerto ma anche per lo scambio e il dialogo che si crea tra le persone.

Tra di voi ci sono cuoche non italiane?

Sì, abbiamo una socia africana che importa spezie, soprattutto la vaniglia del Madagascar. Lei ha pensato di tornare nel suo paese, prendere la vaniglia prodotta dalla sua famiglia e distribuirla ai grandi pasticceri del Piemonte. Da questa iniziativa è partita  la sua principale attività per la quale è stata premiata come imprenditrice donna.

Tra le tue iniziative hai pensato di associare dei piatti ad alcune donne della storia. Ѐ così?

Il cibo caratterizza tutta la storia dell'umanità. Ci sono donne della storia che prediligevano determinati piatti. Ad esempio Cleopatra curava il proprio corpo attraverso il cibo, amava piatti in cui si usavano le mandorle, il miele, il latte ed è interessante capire come abbia influenzato una certa alimentazione trasferendola anche alle persone che aveva intorno.

La scrittrice e giornalista Matilde Serao era molto legata ad un antico dolce, la coviglia, tipico della tradizione napoletana. Si tratta di un semifreddo che si serviva nei bicchierini di metallo e che poteva essere soltanto al caffè, al cioccolato e alla vaniglia.

Madre Teresa di Calcutta, invece,  preferiva un piatto molto povero che consisteva in un rotolo di pasta filo con le verdure. Questo tipo di ricerca mi appassiona molto. Prima i cantastorie si spostavano da un paese all'altro, raccontavano delle storie e conoscevano le altre culture. Io voglio fare  la cantastorie del cibo cucinando.

 

 

Foto presa dal profilo facebook di Masria Elena Curzio 

( intervista già pubblicata su www.lecittadelledonne.it )

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