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ULTIM’ORA – Garlasco, ora su Stasi non ci sono più dubbi | L’indizio che cambia il processo e annienta la difesa

Alberto_Stasi_-_romait.it

Un punto fermo che sconvolge un caso fermo da 18 anni, quello che hanno scoperto su Stati blocca tutto.

Nel caso Garlasco, che da quasi vent’anni continua a oscillare tra perizie contrapposte, ricorsi, ribaltamenti e piste mai del tutto chiarite, oggi arriva un passaggio che rischia di riscrivere l’intera storia giudiziaria. La nuova perizia genetica firmata dalla biologa forense Denise Albani ha infatti introdotto un elemento che la difesa di Alberto Stasi definisce senza esitazioni «il primo punto fermo di tutta questa vicenda». Una certezza che, per chi rappresenta Stasi, non lascia spazio a interpretazioni: sotto le unghie di Chiara Poggi non c’è traccia del suo DNA. Un dato che, fino a ieri, era considerato “non interpretabile” e dunque mai realmente utilizzabile in un senso o nell’altro. Ma ora lo scenario cambia, con toni che non lasciano indifferenti gli inquirenti né l’opinione pubblica.

Secondo l’avvocata Giada Bocellari, la nuova perizia non solo chiarisce definitivamente l’assenza di materiale genetico attribuibile a Stasi, ma ribalta anche la presunta inutilizzabilità del campione. La traccia sotto le unghie di Chiara, che per anni era stata liquidata come «degradata», spunta ora come compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio su due dita diverse, con valori indicati come «forte» e «moderatamente forte». Un cambio di prospettiva radicale: ciò che per lungo tempo era stato considerato un reperto vuoto, privo di valore probatorio, diventa da un giorno all’altro un elemento potenzialmente decisivo.

La posizione della difesa e le nuove ombre sulla ricostruzione del delitto

La difesa di Stasi non usa mezzi termini: la perizia Albani «cristallizza» l’assenza totale di DNA dell’ex imputato, trasformando quello che per anni era stato un semplice “non dato” in un punto fermo. Bocellari lo definisce «un dato mai così chiaro», sottolineando come la non presenza di DNA, in un contesto in cui la vittima ha opposto resistenza, sia un fattore di enorme peso giudiziario. Al contrario, la compatibilità genetica emersa sulla linea paterna di Sempio riaccende un’ipotesi investigativa che negli ultimi anni era rimasta periferica, e che ora torna con forza al centro del dibattito.

Anche l’avvocato Antonio De Rensis, che affianca Bocellari nella difesa, spinge su una domanda retorica che sa di provocazione: «Cosa si sarebbe detto 18 anni fa se questi dati fossero stati attribuiti a Stasi?». Una frase destinata a far discutere. Per De Rensis, infatti, la perizia non è un punto di arrivo ma una base di partenza. Un viatico verso nuove verifiche tecniche che potrebbero rivelarsi determinanti: dalla famigerata “impronta 33” rilevata sul muro delle scale allo scontrino del parcheggio, due elementi che l’avvocato definisce «potenzialmente sorprendenti» per gli sviluppi dell’indagine.

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Hanno una risposta certa

Il vero nodo, ora, non è solo il dato genetico, ma il come e il quando quel DNA sia finito sotto le unghie di Chiara Poggi. Un dettaglio che apre scenari delicatissimi, comprese le verifiche sulla presenza di più persone nell’abitazione e sulle eventuali contaminazioni avvenute la notte del delitto. Un puzzle ancora incompleto, ma che con questo nuovo tassello prende una direzione precisa.

La conclusione è netta: per la difesa di Stasi, la certezza non riguarda la colpevolezza o l’innocenza definitiva, ma l’unico dato scientifico oggi inattaccabile. Nessuna traccia di Stasi. Una compatibilità riconducibile alla linea paterna di Sempio. E un caso giudiziario che, invece di chiudersi, sembra pronto a riaprirsi con una forza che non si vedeva da anni. Se le prossime analisi confermeranno quanto ipotizzato, il processo di Garlasco potrebbe davvero imboccare una strada completamente nuova.