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Zangrillo: “Virus clinicamente spento”: lo studio del San Raffaele

Il professor Zangrillo ha affermato che la capacità di replicazione del virus nel nostro organismo è notevolmente indebolita, vediamo perché

Zangrillo, virus spento

Zangrillo, virus spento

Le parole del professor Zangrillo sul virus Sars-coV-2 danno speranze nella lotta contro il Covid-19. Le sue affermazioni sono fondate su uno studio svolto dall’ospedale San Raffaele di Milano. In sostanza nei pazienti ricoverati nel mese di maggio il carico virale risulta notevolmente inferiore e dunque indebolito rispetto ai pazienti di marzo.

Il dottor Zangrillo, ieri, domenica 31 maggio, ha annunciato che la Sars 2 è un “Virus che clinicamente non esiste più”, al di la delle polemiche che si sono immediatamente scatenate, cosa significa più precisamente?

Secondo uno studio condotto dal San Raffaele di Milano e ora in via di pubblicazione, la quantità di virus presente nei soggetti positivi al test si è ridotta notevolmente in questi mesi.

Ciò non significa che il patogeno abbia subito una mutazione genetica. Significa che “è cambiata la sua manifestazione clinica” nel corpo umano, spiega Massimo Clementi, direttore di Microbiologia e virologia del San Raffaele. Forse questo dipende anche da cambiamenti ambientali e climatici che hanno depotenziato la forza di replicazione del virus nel nostro organismo.

Alla domanda su come sia possibile effettuare queste valutazioni ha risposto: “Grazie a diverse tecniche quantitative, che ho sviluppato in passato anche per l’Aids.

Si tratta di sistemi messi a punto in virologia che consentono di misurare gli acidi nucleici, in questo caso l’Rna di Sars-CoV-2, ovvero le copie del virus rilevabili nel rino-faringe del paziente. Rispetto alle indagini sull’Aids, il campione biologico ottenuto da tampone può essere meno preciso rispetto al campione di sangue (perché c’è il rischio di errore umano).

Tuttavia nel nostro studio abbiamo analizzato 200 tamponi e il risultato è stato univoco. Uno scarto estremamente rilevante tra il carico virale dei pazienti ricoverati a marzo e quelli di maggio“.

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