Whiplash
Regia di Damien Chazelle
Vittoria al Sundance festival e Oscar per miglior attore non protagonista (J.K. Simmons), miglior montaggio e miglior sonoro.
“Allora ragazzi, Whiplash!”. Terence Fletcher dirige leggerezza di armonie delicate e gesticola rabbia di note aggressive. Un’altalena di suoni spezzati e ripetizioni di battute all’infinito.
Indispensabile disciplina e patologica ricerca della perfezione, per spingersi oltre le aspettative. Lacrime di tensione e sangue: conseguenze intollerabili dell’impegno richiesto.
All’improvviso la sua mano si chiude in un pugno furioso e i suoi occhi si spalancano increduli. Nessuno può permettersi di stonare!
Si deve rispettare il tempo. Ogni piccola sfumatura musicale deve essere perfetta. Andrew ha solo diciannove anni, ma suona la batteria come se non avesse mai fatto altro da quando è nato. La passione sconfinata annulla il resto e mentre il mondo gira e la società cambia, l’artista rimane solo e fermo, cullato in un limbo di suoni magici e spartiti volanti.
Dialoghi sprezzanti, linguaggio violento e scontri titanici in una stanza ovattata del conservatorio “Shaffer” di Manhattan.
Il temutissimo e inflessibile insegnante lotta contro la giovane promessa del jazz, in una guerra apparente e senza colpi di pistola. E’ in realtà una battaglia contro se stessi, divisi in personalità genuinamente ispirate e allo stesso tempo eccessivamente ambiziose.
Mentre la follia si nasconde dietro il sipario del palcoscenico, davanti esplodono gli applausi per premiare l’integrità e la serietà, miste a sentimento ed eccitazione. Ognuno di noi è qui per una ragione.
Le grida esasperate, gli insulti gratuiti e l’esagerazione rivelano il genio e lo trascinano fuori con forza, lontano dalla mediocrità e dall’approssimazione, relegate per sempre in un banale “ok, ben fatto”.
E’ un’assoluta necessità quella di non privare il mondo del vero talento.