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Vaccino, lasciamo stare i complotti e riorganizziamo in fretta la sanità pubblica

Cuba sta per produrre un vaccino pubblico, un vaccino che nasce in laboratori pubblici e sarà distribuito dalla sanità pubblica

vaccinazione

Vaccinazione anti-Covid

Dopo aver superato tutta la discussione sullo scetticismo dei No Vax che solo una settimana fa sembrava essere lo scoglio più grande da affrontare, ora tutta l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica si è spostata sulla scarsa disponibilità di dosi. Ecco allora apparire subito diagrammi con dati, rapporti, modelli e classifiche che tanto stanno accompagnando questo momento storico e attraverso i quali si paragona, questo a quel Paese.

La vaccinazione si ripercuoterà sulla tanto attesa ripartenza economica

Si scopre così che Israele è in netto vantaggio con la somministrazione di vaccini rispetto ai Paesi europei e agli Stati Uniti d’America. Mentre l’Italia è nelle ultime posizioni della classifica, destando forte preoccupazione anche negli stessi organi sanitari. Una vaccinazione a rilento si ripercuote inevitabilmente anche sulla tanto attesa ripartenza economica. E ancor più sulla infida curva dei contagi che non accenna a scendere. A conferma della differenza fra domanda ed offerta c’è la dichiarazione di venerdì scorso rilasciata da Biontech, con la quale il gruppo ha denunciato l’urgenza di rivolgersi ad altri distributori per garantire il numero di dosi occorrenti in tutta Europa.

In pratica la potente macchina speculativa delle case farmaceutiche, tanto accusata dai complottisti, non riesce a soddisfare il mercato della domanda. E decide di scardinare la più basilare legge dell’economia capitalistica, chiedendo al mercato di fare riferimento ai suoi diretti concorrenti. Come se il bar sotto casa invitasse i propri clienti a recarsi al bar di fronte perché sono troppi i cappuccini da servire e la macchina ne riesce a fare solo tre alla volta. Ma qui non si parla di cappuccini.

L’organizzazione della Sanità

Qui si tratta di salute, di vite umane che ogni giorno si perdono e i numeri in tal senso sono drammatici. La capacità di vincere questa battaglia sarà solo responsabilità delle catene industriali di 5/6 gruppi farmaceutici o anche dalla struttura sanitaria interna ad ogni singolo Stato? Se ne deduce in qualche modo che la salute è una dimensione che la politica ha per troppo tempo confinato ai margini della spesa pubblica. Intendiamo dire che la politica non ha lavorato sul fronte della organizzazione della sanità. Il costo di una siringa maggiorato di chissà quante volte o il rimborso dei ticket per le cure sono la zavorra più gravosa nella spesa pubblica da anni. Tanto che uno dei più ricorrenti slogan elettorali è sempre stato quello di tagliare. E poi delegare.

Esattamente, delegare. Così che il privato è entrato nel mercato e oggi ne detiene le fila. Ce lo dice il fatto che in questo momento siamo nelle mani di un ristretto gruppo industriale, le cui capacità produttive e di distribuzione faranno la differenza. Lo conferma il fatto che la salvezza ha un costo economico e i Paesi più poveri arriveranno alla profilassi con uno o due anni di ritardo. Ce lo dice il fatto che lo Stato come gestore del servizio pubblico si può limitare solo ad acquistare e non a produrre. Un quadro sconcertante per alcuni versi.

L’esempio di Cuba e il suo vaccino pubblico

Poi si viene a sapere che Cuba, da classico avamposto di quel socialismo tanto denigrato, sta per produrre un vaccino pubblico. Un vaccino che nasce in laboratori pubblici, viene prodotto in impianti pubblici e seguirà una distribuzione pubblica. Nell’equipe di scienziati anche un italiano, l’immunologo Fabrizio Chiodi. Un vaccino oggi alla seconda fase di sperimentazione e che molto probabilmente vedrà le prime dosi iniettate già i primi di febbraio e che sarà gratuitamente messo a disposizione per tutti quei Paesi non in grado di acquistarne. Un esempio di autosufficienza e autoefficacia che ci rimanda al valore della salute e al significato di salute pubblica. In fondo affermare che oggi siamo appesi alla capacità produttiva di un gruppo di industriali, non è lontano dall’affermare che la governance non è più nelle mani della politica.

Uno scostamento di ruolo non proprio rassicurante. Malgrado ciò, preghiamo che non si blocchino le catene di montaggio, anche perché negli anni ’80 le case farmaceutiche che producevano vaccini erano 26 in tutto il mondo, oggi solo 5. Questo perché al contrario di coloro che credono nella speculazione economica dietro al Covid-19, produrre vaccini non è così redditizio. Una riflessione importante è d’obbligo. La salute è una merce troppo importante per essere lasciata alle regole del mercato.

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