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Vaccino anti Covid-19, si pensa a crearlo, ma c’è un piano per distribuirlo?

Il Premier Conte annuncia le prime dosi a dicembre, ma gli esperti frenano. All’inizio l’antidoto ai soggetti a rischio, per tutti solo nel 2021, col rischio di fortissime tensioni sociali

vaccino anti covid-19

Vaccino anti Covid-19

Il vaccino anti Covid-19 torna a far parlare di sé. Lo fa soprattutto in relazione alle tempistiche, visto che il traguardo della lunga maratona finalmente si avvicina. Il bi-Premier Giuseppe Conte, in tal senso, ha fatto sfoggio di ottimismo, anche se gli esperti si sono affrettati a frenare facili entusiasmi. Eppure, c’è un aspetto che nessuno pare prendere in considerazione, ma su cui occorre augurarsi che il Governo stia già lavorando. Perché, altrimenti, il rischio è trovarsi tra le dita una bomba pronta a esplodere.

Vaccino anti Covid-19, è ancora presto

«Se le ultime fasi di preparazione, il cosiddetto rolling review, del vaccino Oxford-IRBM Pomezia-AstraZeneca saranno completate nelle prossime settimane, le prime dosi saranno disponibili all’inizio di dicembre».

A indicare il possibile orizzonte temporale per il sospirato vaccino anti Covid-19, derogando all’abituale attendismo, è stato Conte Fabio Massimo il Temporeggiatore. Le cui dichiarazioni, a onor del vero, sono state riportate in modo impreciso. Il fu Avvocato del popolo, infatti, ha anche sottolineato di ritenere che «per contenere completamente la pandemia dovremo aspettare comunque la prossima primavera».

L’elisione di questa precisazione dai titoli dei media ha suscitato qualche perplessità da parte di scienziati anche vicini all’esecutivo rosso-giallo, che hanno raccomandato cautela.

I dubbi degli esperti

«Mandare messaggi dicendo che avremo il vaccino fra uno o due mesi sicuramente intercetta le aspettative di tutti quanti, ma lo vedo piuttosto irrealistico». Queste le parole del “battitore libero” Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova – nonché colui che ha salvato il Veneto nella fase 1 della pandemia. «Forse fra due mesi qualcuno dirà che abbiamo un vaccino, ma tra dirlo e fare uno studio pilota e poi distribuirlo passano tanti mesi».

andrea crisanti
Il docente di microbiologia Andrea Crisanti

Una linea di pensiero condivisa da Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma e consulente del Ministro nomen omen della Salute Roberto Speranza. Il quale si è detto convinto che usciremo dall’attuale crisi sanitaria, «ma la campagna vaccinale arriverà nel 2021, non prima». Anche se, ha aggiunto, «credo che prima però arriverà una terapia più forte, i cosiddetti anticorpi monoclonali, che sono molto promettenti».

Un concetto simile lo ha espresso anche Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e membro del Comitato tecnico scientifico. «Realisticamente credo che potremo far partire le vaccinazioni per le persone fragili, le forze dell’ordine, gli operatori sanitari nei primi mesi della prossima primavera».

Vaccino anti Covid-19, il rischio tensioni sociali

Le categorie elencate da Locatelli sono le stesse che aveva già indicato il titolare della Sanità. E non a caso, perché sono i soggetti maggiormente minacciati dal coronavirus. C’è però un corollario che dovrebbe saltare all’occhio e che pare essere invece drammaticamente sottovalutato.

Perché l’attenzione è focalizzata sull’ottenimento del vaccino anti Covid-19, il che è perfettamente comprensibile. Attualmente, in tutto il mondo sono allo studio circa 300 candidati, di cui 11 sono alla fase 3, quella finale. Tra questi c’è l’antidoto dell’inglese AstraZeneca, le cui dosi sono prodotte dalla pometina IRBM, ma anche quelli della statunitense Moderna e della partnership tedesco-americana Pfizer/BioNTech.

Una questione dirimente, però, è proprio il fatto che le dosi non bastano per tutti. Il che spiega le priorità di cui sopra. Ma dopo? Che succederà quando arriveranno i carichi successivi, e ancora una volta la produzione non coprirà il fabbisogno? Ci hanno pensato, tra un Dpcm e un altro, i vertici delle nostre istituzioni – e anche i manutengoli del pandemicamente corretto?

Hanno pensato a cosa accadrebbe se, per esempio, si decidesse di dare la precedenza ai politici? O se la disponibilità finanziaria garantisse un accesso privilegiato, poniamo, a un Flavio Briatore (preso come archetipo, sia chiaro)?

Perché uno dei motivi per cui i cittadini sopportano le restrizioni (e con sempre maggiore fatica) è che sono, più o meno, generali. Ma hanno pensato, nel chiuso dei Palazzi del potere, alle tensioni sociali che delle disparità cliniche potrebbero creare? Hanno pensato a che accadrà quando i non vaccinati inizieranno a vedere pochi eletti che potranno uscire senza l’odiatissima mascherina? O quando, magari, vedranno i vicini giocare a calcetto o dare una festa in casa? Sono proprio certi, Giuseppi & Co., che non si scatenerà una guerra tra poveri?

Speranza e fiducia

L’auspicio è che questo tema, benché alieno al dibattito pubblico, sia comunque presente tra i dossier di Palazzo Chigi. Certo, i precedenti non depongono a favore di un Governo che ha avuto mesi per pianificare, e quindi prendere contromisure contro la prevista seconda ondata. Col risultato che oggi abbiamo i mezzi pubblici ingolfati, le terapie intensive di nuovo sotto pressione, la scuola nel caos e potremmo andare avanti ancora per molto.

In effetti, la brevimiranza pare essere la cifra dell’attuale maggioranza rosso-gialla. E sarebbe anche facile ironizzare – ancora – sulla tendenza alla procrastinazione che ha meritato (si fa per dire) al leguleio volturarese il soprannome di Signor Frattanto.

Però c’è sempre una prima volta, e vogliamo sforzarci di essere fiduciosi. Finché c’è vita, dopotutto, c’è speranza. Rigorosamente con la s minuscola, s’il vous plaît.

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