Ucraina, l’invio di armi agita anche gli Usa: con risvolti molto più pratici
In Italia è un problema principalmente politico: a Washington invece temono di restare sforniti in caso di nuovi conflitti, oltre a sospettare dei trafficanti di Kiev
A quanto pare, la questione dell’invio di armi in Ucraina non è un problema solo italiano. Anche negli Stati Uniti, infatti, è stato lanciato un (doppio) allarme che ruota intorno al sostegno militare allo Stato guidato da Volodymyr Zelensky. Per quanto, rispetto al Belpaese, i timori yankee abbiano dei risvolti decisamente più concreti.
L’invio delle armi in Ucraina
La vexata quaestio dei rifornimenti bellici all’Ucraina agita dunque Washington almeno tanto quanto Roma. La differenza sostanziale è che da noi il dibattito è connotato principalmente in modo, per così dire, metafisico. In parte perché, come ricorda Il Fatto Quotidiano, l’elenco dei «mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari» destinati all’esercito gialloblu è stato secretato. In parte per via delle possibili (ma poco probabili) ripercussioni sull’esecutivo del Premier Mario Draghi.
Peraltro, è interessante come le fibrillazioni nella maggioranza non siano solamente inter-partitiche, ma anche intra-partitiche. Come infatti sottolinea Sky TG24, da un lato il ricostituito asse Lega-M5S chiede sempre più insistentemente di «parlare di pace, non solo di armi». Dall’altro la linea filo-governativa suscita dubbi crescenti in Pd e Forza Italia, col leader azzurro Silvio Berlusconi che non ha lesinato critiche a Usa e NATO.
Anche Oltreoceano, intanto, sono echeggiate delle “sirene di guerra”, però piuttosto differenti: perché oltre al carattere metaforico, ne hanno pure uno parecchio pratico.
Doppio allarme dagli Usa
Il primo campanello lo ha suonato il Washington Post a proposito dell’impossibilità di tracciare gli equipaggiamenti giunti in Ucraina. Paese definito un centro del traffico d’armi, le quali rischiano dunque di finire in mano ai contrabbandieri anche a causa della scarsa presenza americana in loco.
Poi, come riferisce France24, hanno rincarato la dose, in maniera bipartisan, due deputati statunitensi, il democratico Adam Smith e il repubblicano Mike Rogers. Entrambi membri di spicco del “Comitato Forze Armate” della Camera, hanno lanciato un forte monito sull’urgenza di ricostituire l’arsenale autoctono. Avvisando contestualmente che per raggiungere l’obiettivo potrebbero volerci anche quattro o cinque anni.
Replenishing US arms supplies a matter of ‘urgency’ amid huge shipments to Ukraine https://t.co/RkapE8Nsny pic.twitter.com/UcRP7Vw5du
— FRANCE 24 (@FRANCE24) May 14, 2022
I motivi di quest’improvvisa carenza sono molteplici. Quelli aviti sono dovuti alla (relativa) bassa produzione dell’industria bellica, a sua volta legata al fatto che gli operai, presi «da Starbucks», non hanno le necessarie competenze. La causa contingente, invece, riguarda l’eccessivo numero di armamenti dislocati all’estero, in particolare proprio dalle parti di Kiev.
Per fare un esempio, un esperto ha calcolato che «realizziamo circa 800 Javelin [missili anticarro, N.d.R.] all’anno», ma «ne abbiamo mandati circa 5.500 in Ucraina». Col pericolo che le riserve a stelle e strisce risultino insufficienti in caso di nuovi conflitti, magari con Corea del Nord, Iran o Cina.
#guerraucraina #Draghi #Zelensky pic.twitter.com/qdSrbimOWN
— Le frasi di Osho (@lefrasidiosho) May 2, 2022
Insomma, pare che, come spesso gli capita, Sleepy Joe Biden abbia nuovamente fatto malissimo i suoi conti. Soprattutto perché, come scrivevamo, prima o poi la propaganda cede sempre il passo alla realtà.