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Tutto quello che abbiamo imparato dall’esperienza terribile del Coronavirus

Alcune filosofie orientali sostengono che siamo su questa terra per imparare e migliorarci

Piazza di Spagna di Roma nei giorni di lockdown

Piazza di Spagna di Roma nei giorni di lockdown

Alcune filosofie orientali sostengono che siamo su questa terra per imparare e migliorarci. Ma senza scomodare la filosofia, molti i detti popolari, non ultimo il famoso latino “errare humanum est, perseverare diabolicum” ci ammoniscono sull’importanza di imparare dagli errori, per non vanificare le sofferenze e i sacrifici imposti dalle esperienze negative. Come esperienza negativa questo virus è secondo solo alla guerra. Stiamo sperimentando la paura di contrarlo, la sofferenza di piangere i troppi morti in solitudine, che forse si potevano evitare e, non ultimo, il timore del collasso della nostra già debole economia. Dunque, cosa abbiamo imparato?

Che la nostra vita non può prescindere dallo Stato e dalle sue Istituzioni. Lo Stato oggi c‘è, non è un nemico e non è qualcosa di “altro”. E quanto più il rapporto fiduciario tra cittadini e Stato è saldo, tanto più possiamo essere al sicuro. Ma lo Stato esiste in quanto condivisione e rispetto di regole e doveri comuni. Anche quello di pagare le tasse, grazie alle quali lo Stato funziona ed eroga ai cittadini servizi essenziali: per la salute, la sicurezza e la sopravvivenza. Senza per questo rinunciare a pretendere meno tasse e servizi migliori. L’evasione è dunque un crimine contro noi stessi. L’abbiamo imparato?

Che non dobbiamo rinunciare alla Sanità Pubblica, ben organizzata, attrezzata ed efficiente. Abbiamo tantissime eccellenze, una per tutti il “Cotugno” di Napoli, che non possono essere mortificate e che devono anzi essere potenziate, per affrontare, come hanno già dimostrato di saper fare, qualunque emergenza. Prima la Sanità pubblica. Si mettano l’anima in pace i sostenitori del privato ad ogni costo. L’abbiamo imparato?

Che bisogna investire molto di più sulla scuola, per trasformarla digitalmente adeguandola ai tempi che viviamo, per consentire ai ragazzi e agli insegnanti di essere in costante contatto, attraverso reti digitali dedicate. Non possiamo permetterci i campus americani, riservati ai ricchi, ma possiamo organizzare quelli virtuali. Non per sostituire il rapporto fisico tra gli studenti e con gli insegnanti – peraltro insostituibile negli Istituti tecnici, dov’è essenziale l’esperienza di laboratorio – ma per integrarlo e potenziarlo con uno strumento strategico per il futuro. L’abbiamo imparato?

Che il volontariato, organizzato professionalmente, è uno strumento essenziale a supporto della Protezione Civile. Pensate alle Case per gli anziani, anello debole di quest’emergenza, nelle quali quella rete di volontariato avrebbe potuto dare un contributo essenziale. E che la stessa Protezione Civile, che pure ha dato un grande contributo, necessita di una rete stabile di operatori articolata ed attrezzata sul territorio   con dotazioni strumentali pronte all’uso e piani di intervento predisposti e aggiornati per i diversi scenari di crisi. L’abbiamo imparato?

Che l’autonomia regionale, soprattutto in materia sanitaria, è un errore. Nella migliore delle ipotesi produce confusione, disperde risorse e alimenta il potere politico e clientelare; nella peggiore alimenta la corruzione. Non dico di abolire le Regioni, come sostiene da anni il buon Santo Versace, ma di cambiare radicalmente questa impostazione. L’abbiamo imparato?

Restano una serie di domande: si poteva agire con maggiore tempestività? Si potevano adottare strategie diversificate sul territorio italiano? La rete di esperti dell’Istituto Superiore di Sanità è stata all’altezza della situazione? E infine la madre di tutte le domande, sulle cause del terribile contributo di vittime pagato dalla sanità Lombarda, considerata fino a ieri un modello. Domande alle quali, continuando l’emergenza, non c’è il tempo per rispondere, ma alle quali dovrà essere data una risposta, possibilmente univoca e chiara, per non ripetere domani gli errori di oggi.

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