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Cara Roma, ti manca il senso civico. Qui regna il menefreghismo dei cittadini

Facciamo un percorso immaginario attraverso i vizi e i problemi della Capitale, agli occhi di un neocittadino che sia costretto ad affrontarli uno per uno

Roma

La città di Roma è innegabilmente bella ma viverci è diventato un’avventura a ostacoli. Facciamo un percorso immaginario attraverso i vizi e i problemi della Capitale, agli occhi di un neocittadino che sia costretto ad affrontarli uno per uno.

Due proverbi romani recitano: Chi lavora fa la gobba, chi nun lavora fa la robba! (ovvero Chi lavora fa la gobba, chi non lavora ruba!) e un altro: Se lavora pe’ campà, nun se campa pe’ lavorà. Con questo non voglio dire che a Roma piuttosto si ruba che lavorare, giammai lo è se mai lo è stato.  

A Roma vige ancora il sano principio che il lavoro serve a vivere meglio, non che si lavora come fine dell’esistenza e tutto sommato ha un senso razionale e filosofico importante. Una filosofia che la accomuna a Napoli e la allontana da Milano. La città, diciamo, ti invita a vivere la vita al meglio e non sciuparla in ore di ufficio e di fabbrica.

A Roma la plebe è stata sempre viziata dal potere

Storicamente, sin dall’epoca dell’Impero, i romani, come gli abitanti di molte città sede di monarchi e del potere, non sono mai stati molto propensi alla fatica. È un luogo comune ma ha un senso.

Ovunque ci sia una corte ci sono i cortigiani e c’è una plebe che vive a ricasco del potere, delle briciole che cadono dalla tavola. Il signore ha tutto l’interesse che vi siano persone a lui devote, che non debbano faticare per sopravvivere.

Gli saranno sempre devoti e fedeli. I lavoretti di giornata, le incombenze, e i piccoli favori, permetteranno loro di sbracare il lunario. Ciò non toglie che vi siano anche artigiani, carpentieri, fabbri, sarti che invece debbono sobbarcarsi ore e ore di fatica per arrivare alla fin del mese. Gli uni e gli altri hanno sempre convissuto, nonostante i luoghi comuni.

Nun c’ha voja de lavorà

Questa situazione ha nel tempo avvalorato il pensiero del romano sfaticato che nun c’ha voja de lavorà. A Roma arrivavano i tributi da tutte le aree dell’Impero. Gli altri pagavano le tasse e i cittadini di Roma le consumavano. Non è più così da tempo.

L’ultima Roma simpaticamente sfaticata è quella degli anni ’50 immortalata nei film di Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Maurizio Arena e Renato Salvadori. Prima del boom, prima delle Olimpiadi del ’61, che cambiarono l’aspetto di molti quartieri, facendo sentire Roma una Capitale internazionale e non quel paesone cresciuto, in cui le anziane restavano a chiacchierare sulla porta di casa e i ragazzi cercavano avventure con le straniere, ma inseguiti e redarguiti dalle fidanzate romane.

Non c’è più quella Roma. La ritrovate nei cinema in bianco e nero e nei ricordi di pochi anziani.

Cara Roma, ti manca il senso civico

Oggi per una persona che si trasferisca a Roma da fuori, sia nato all’estero o in altre regioni d’Italia, a parte la impareggiabile bellezza, quello che più nota è l’assoluta mancanza di senso civico delle persone, di qualsiasi età, ma in particolare dei più giovani. Le amministrazioni comunali poco possono quando devi lottare contro l’incuria e lo stato di abbandono in cui versa la città, per disinteresse in primis dei suoi abitanti.

Tutto ciò si nota dalle cacche dei cani sui marciapiedi, dalla sporcizia lungo le strade, dai cassonetti danneggiati, sgangherati, con una differenziata spesso sbagliata, dai parcheggi in doppia e tripla fila o sui marciapiedi, cui si aggiungono ora i monopattini a noleggio abbandonati ovunque, a ingombrare il passaggio dei pedoni e dei disabili.

Quello che si nota, abbastanza tipico delle grandi metropoli, è il menefreghismo del cittadino medio. Invece che tornare solo ad insegnare Educazione Civica nelle scuole, rendendola però aspetto fondamentale come l’Italiano o la Condotta, bisognerebbe che la scuola, ogni classe a turno, alla giapponese, venisse incaricata di fare azioni di pulizia stradale, sotto la supervisione di un operatore ecologico.

Una volta al mese, una classe di 40 ragazzi e ragazze vanno a ripulire un Parco, una strada, una piazza e la loro impresa viene documentata sui social e resa nota a tutta la città. Così si educa i ragazzi e chi li vede, alla pulizia, non più solo con un’ora di noiosi principi civici.

Traffico, il percorso a ostacoli per le strade di Roma

Immaginiamo il nostro nuovo cittadino romano alle prese con tutti i problemi che si possono incontrare in città, uscendo la mattina per andare a lavorare.

Il primo ostacolo da affrontare è la dimensione della città. Roma oggi potrebbe contenere altre dieci città italiane, e anche delle più grandi, al suo interno. Attraversarla è un impegno che comporta un bel dispendio di energie, stress e benzina. Dipende dalla distanza che si deve percorrere e se il giro obbliga ad attraversare alcuni snodi terrificanti a seconda degli orari. Si va a paso d’uomo e con il tempo quelle ore diventeranno parte integrante della vita del cittadino in città. Se non si commettono infrazioni, per il nervosismo e l’impazienza all’arrivo, c’è il secondo problema.

Ma dove parcheggio?

A Roma mancano i parcheggi e quelli che troviamo sono tutti a pagamento, sennò ci sono i garages, più cari. Non è chiaro perché non si obblighino i palazzinari a costruire ampi parcheggi sotterranei per ogni nuovo blocco di appartamenti. Ed anche a ridosso del centro andrebbero costruiti parcheggi multipiano, tipo quelli degli aeroporti. Questo anche in vista della chiusura totale del centro alle auto. Tanto arriverà prima o poi. 

Se finalmente trovi un posto nel parcheggio a pagamento devi andare a prendere il ticket per il tempo di sosta. Metti tante monete fino all’ora che prevedi di andartene. La cosa difficile è avere in tasca le monete necessarie. Puoi fare un compromesso e avvicinarti il più possibile all’ora stabilita, incrociando le dita se dovessi superare la sosta. Il rischio è serio perché gli ausiliari del traffico sono appostati e cercano proprio quelli come te per sanzionarti con una sonora multa.

Mezzi pubblici a Roma: pochi e pieni

Magari poterli prendere. Non ce ne sono abbastanza. Devi prenderne più di uno per ogni itinerario che non sia turistico. Rischi il borseggio e il ritardo. I bus, o i tram che siano, vanno a rilento perché il traffico li ostacola e anche l’operazione di salita e discesa spesso sono complicate da spinte e richieste di permesso, devo scendere!

A Roma i mezzi pubblici sono scambiati per tavolozze da disegno. Vengono ricoperti di geroglifici incomprensibili che sembrano più fatti per insozzare che per abbellire la scena urbana. Un conto sono i murales colorati del progetto Big City Life, del 2015, per ridare vita al quartiere periferico di Tor Marancia e un altrole sporcature dei vagonidella Metro o degli autobus cittadini.

Le scritte sui muri

Seguono sulle pareti dei palazzi e sulle serrande, portoni, cancelli le firme dei writers fatte con le bombolette spry, una sulle altre, a cancellarsi, in una stupida lotta a chi lascia per ultimo il segno, quasi fossero dei cani che marcano il territorio con la loro pipì. Uno spettacolo indegno che non si riesce a fermare, neanche con le migliaia di telecamere che ormai inondano le strade. Eppure se questi “artisti” venissero beccati, forse un periodo di rieducazione a ridipingere tutti i muri sporcati, per ripristinare il danno, potrebbe servire a comprendere l’inefficacia di certe bravate.

Gli incroci di Roma, creature mitologiche

Troverai sempre un semaforo e sarà rosso. Mentre aspetti di ripartire si avvicineranno nell’ordine un lavavetri arrogante che ti insudicia il parabrezza affinché gli venga permesso di pulirlo in cambio di una elemosina.

Poi un venditore di quotidiani, un mezzo d’informazione antiquato, che riporta le notizie di ieri, mentre alla radio e in tv ascolti quelle di adesso e sul web le commenti pure. Si avvicina un anziano bisognoso, oppure in disabile.

Gli unici si quali ti senti di fare un’offerta, anche per liberarti la coscienza. A volte un giocoliere intrattiene la fila di automobilisti spazientiti che si dicono tra sé: questo gioca coi birilli e io devo correre in ufficio che se faccio tardi mi gioco il posto! Lui è la dimostrazione esatta che non si campa per lavorare ma dirtelo proprio lì mentre rischi di fare tardi è solo una provocazione.

Le buche di Roma, un’attrazione turistica fai da te

Nel riprendere il cammino dovrai fare attenzione alle buche. Se n’è andata la Raggi ma non è che Gualtieri abbia risolto il problema. Le buche sono rimaste.

A dimostrazione che la città con il maggior numero d’estensione di strade, ben 8.000 km, è anche quella effettivamente con il maggior numero di danni all’asfalto. Chiuderle seve a poco. A ogni pioggia si riaprono. Credo dipenda proprio da come si costruiscono le strade.

Questa è la città dei ponti romani, delle mura, delle vie consolari, dei templi che ancora sono eretti, come il Pantheon e il Colosseo.

Il Ponte Fabricio, per fare solo un esempio, venne costruito nel 62 a.C. per sostituire una precedente struttura in legno. Questo ponte non collega le due sponde del Tevere, ma mette in collegamento la sponda sinistra con l’Isola Tiberina, mentre la destra è collegata dal Ponte Cestio, più giovane, del 46 a.C. Il Ponte Fabricio serviva per raggiungere un tempio dedicato a Esculapio, posto proprio sull’isola. Chiamato anche ponte dei Quattro Capi o Pons Judaeorum, il Ponte Fabricio è il più antico di Roma e il meglio conservato della capitale, presentando ancora la sua composizione originaria. Come si giustifica che lui sia in piedi e le strade asfaltate non resistano alla pioggia?

Inondazioni e alberi che cadono

A proposito di ponti c’è da stare attenti, nelle giornate di pioggia a non ripararsi sotto i cavalcavia. Non è più una pioggerella fina all’inglese è un rovescio impetuoso, una bomba d’acqua per cui cade tutta la pioggia di una settimana in poche ore. Le strade si allagano, i tombini si riempiono di foglie e rigurgitano i flutti che cercavano una via verso il basso.

Le acque invadono i passaggi sotto i cavalcavia e restare lì incastrati significa fare la fine del topo. Quando arrivano queste bufere sarebbe meglio evitare di muoversi. Se si è per strada fermarsi ma non vicino agli alberi, anche loro poveretti hanno radici fragili e possono cadere. Talvolta è successo che il traffico s’è paralizzato per via di un albero caduto. Sono giganti di diverse tonnellate e se centrano un’auto in sosta o, peggio, una persona, sono dolori.

Barboni e Stranieri che bivaccano nelle strade di Roma

Li ho accumunati perché l’effetto è lo stesso. Ora è proibito sedersi sui gradini dei monumenti e delle scalinate ma certamente vedere i luoghi più belli del mondo adornati da poveracci bisognosi d’aiuto o da stranieri ubriachi, stravaccati per terra tra lattine di birra e guide abbandonate, non è uno spettacolo che faccia aumentare il credito della Capitale.

Bisognerebbe favorire le varie associazioni di beneficienza che si occupano di dare sollievo alla vita dei circa 22.000 barboni che vivono a Roma, anche questo è un primato! Forse il comune dovrebbe pensare a come rendere più solido e continuativo questo aiuto per togliere chi è possibile dalla strada e dargli delle opportunità di reinserimento, anche con lavoretti manuali, come si fa coi carcerati.

Ultras che invadono le strade

Quando arrivano le partite di Coppa di Roma e Lazio il centro di Roma rischia invasioni indesiderate di ultras stranieri che nell’aspetto e nei cori non sono dissimili dai nostri. Quindi non verrò accusato di “razzismo” se per me sono orde selvagge di ignoranti che andrebbero bloccati alla stazione o all’aeroporto e dirottati subito allo stadio, collocati in un settore chiuso ad aspettare la partita all’ora indicata.

Lasciarli girare per le vie cittadine, in formazione paramilitare, con bandiere agitate come mazze, canti, urla disumane e grida ignobili mi pare un’offesa alla città e alla sua storia. Non sai comportarti civilmente. Stai chiuso come un animale nello stadio. Troppe volte la tolleranza ha giocato a danno dei monumenti cittadini, come quando calarono i lanzichenecchi olandesi del Feyenoord e deturparono la Barcaccia del Bernini a Piazza di Spagna.

Chi butta carte e cicche per strada

La pratica di insozzare la via come fosse roba non tua, terra di nessuno, è diminuita nel tempo ma persiste per una percentuale ancora sufficientemente ampia di idioti, che evitano di gettare la propria immondizia negli appositi contenitori o nelle proprie auto, preferendo tirarla per strada. Che dire? Andrebbe istituita la Foto Rabbish da parte di cittadini rispettosi dell’ambiente urbano ma non credo sia legalmente possibile. C’è solo da sperare che si incrocino con una pattuglia di vigili municipali che faccia passare loro la voglia di continuare.

Immondizia non raccolta, l’eterna lotta tra Ama e Roma

È la solita vecchia questione. Non ci insisterò. Non è tuttavia risolta e il nostro viaggiatore ci si imbatterà di sicuro più volte. Speriamo che non gli succeda di trovarsi circondato da montagne di buste nere maleodoranti e da topi aggressivi in cerca di cibo.

Che si faccia questo inceneritore che qualcuno vuole chiamare termovalorizzatore, va bene, purché non si pensi che questo risolva i problemi. L’unica prospettiva del futuro non è bruciare l’immondizia, anche se per farne in parte energia, perché così restiamo in una economia lineare che produce e non riesce a distruggere tutto, ma bisognerà arrivare a una economia circolare, dove tutto quello che usiamo venga riciclato e non crei ulteriore danno all’ambiente.

Cani e gatti randagi

A Roma i gatti randagi sono tollerati, anche perché si vedono di meno e sanno occultarsi. Frequentano zone archeologiche e parchi cittadini e quindi non disturbano.

Mentre i cani, proprio perché di differente taglia e anche di differente indole, sono più facilmente visibili attorno ai cassonetti di immondizia e nelle vie di periferia a formare branchi indefinibili, non ordinati come quelli dei lupi.

Si aggregano e si disperdono, si azzuffano o si lanciano contro le ruote dell’auto che passa, per restarci travolti in qualche caso, lasciati agonizzare sull’asfalto. Passano giorni prima che qualche operatore ecologico passi di lì e si preoccupi di raccoglierne i resti.

Anche qui la soluzione che vedo passa per la sterilizzazione o l’abbattimento dei capi abbandonati. Non posiamo rischiare la rabbia.

Cinghiali a Roma, come i gatti randagi

Oramai sembra una barzelletta ma alla presenza delle famigliole di cinghiali i romani si sono quasi abituati. Tanto pericolo non c’è, a meno che uno non li molesti. Sinceramente a me fa molta pena vedere dei selvatici costretti ad aggirarsi per le periferie, non solo a Roma ma in mote altre città e paesi.

Loro si moltiplicano a dismisura, noi invadiamo i loro territori con strade e costruzioni. L’impatto è inevitabile. L’unica soluzione è l’abbattimento selettivo per tornare a un numero accettabile in rapporto al territorio. Per loro l’abbattimento è giustificato ampiamente. Prima che si ristabilisca un equilibrio grazie ai predatori passerebbero decenni.

Lavori in corso…di giorno

Che si debbano riparare le buche e le voragini che si aprono sull’asfalto romano non v’è dubbio alcuno ma che questo debba per forza avvenire di giorno nelle ore di punta non me lo so spiegare.

Esistono comode ore notturne a traffico ridotto che si presterebbero per lavorare serenamente alle riparazioni, se non ci sono da usare martelli pneumatici ed escavatori, ovvio.  S

i vede che qualcosa impedisce questa soluzione pratica che altrove viene realizzata senza colpo ferire. Sicuramente non lo si fa perché il lavoro notturno deve essere retribuito maggiormente. Ma i costi che pagano i cittadini coi ritardi e i percorsi allungati?

Manifestazioni autorizzate e non (2.000 l’anno!)

Percorrere le vie dell’Urbe presenta innumerevoli ostacoli, tutti oggettivi, comprensibili. A parte i lavori in corso diurni, ma quando l’automobilista, romano o meno, incontra la manifestazione di studenti o lavoratori o entrambi, che occupano per largo tratto intere vie di scorrimento del centro, bloccando di fatto la circolazione e mandando in tilt il traffico dell’intera città, beh… quello è il momento clou del fastidio di vivere a Roma.

Si perché in nessuna città d’Italia le manifestazioni si ripetono a un ritmo quotidiano come a Roma. Il Tempo nel 2017 sostenne che sono “quasi duemila l’anno – sei di media al giorno – per quantificare un dato in continua evoluzione, i cortei che attanagliano la Capitale, diretti da un copione costante: auto incolonnate anche d’ estate, strade offlimits, appuntamenti di lavoro saltati, ore di attesa, mezzi pubblici fermi, traffico impazzito e i contraccolpi ineluttabili sulle attività commerciali. Davvero, e senza tregua, Roma città invivibile. Soprattutto per chi abita o lavora in centro storico e dintorni, la quotidianità negata tratteggia il quadro di una situazione diventata da troppo insostenibile. Cortei, comizi, raduni, manifestazioni, iniziative varie, scioperi selvaggi ad orologeria…”

Forse non si riuscirà mai a rendere normalmente vivibile Roma. Io da sempre dico che il dramma di una città d’arte e renderla capitale, con una marea di incombenze e servizi che col tempo la uccidono. In altri Paesi s’è deciso di fare delle capitali ex novo come Brasilia in Brasile, o Naypyidaw, capitale del Myanmar. La città, costruita ex novo nei pressi di Pyinmana, al centro del paese, è stata designata capitale, al posto di Yangon, nel 2005.

Oppure spostarle in città vicine a quelle più identitarie come Canberra in Australia, Ottawa in Canada o L’Aja in Olanda. Da noi potrebbe non essere tardi spostare la Capitale a Civitavecchia e liberare Roma da 500.000 ministeriali, migliorandone il traffico e la vivibilità. Che ci pensino. Mi piacerebbe l’idea del Governo e del Parlamento intero a Civitavecchia, oppure a Rieti o a Frosinone. Viterbo no perché ha un centro medievale grazioso.

Sennò quale altra radicale soluzione ci possiamo inventare, prima di vederla morire?