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Togliete telefoni e tablet ai vostri figli: scrivere a mano mette in moto il cervello

La penna è più potente della tastiera per il nostro cervello, in Svezia a scuola hanno tolto computer e tablet per i minori di 6 anni

Bambino con smartphone

Uno studio di psicologia ha dimostrato che scrivere a mano mette in moto il cervello e attraverso il rapporto diretto con le singole lettere dell’alfabeto, le connessioni dei neuroni favoriscono il ricordo di ciò che si scrive. Mentre con la scrittura al computer questo non accadrebbe. In Svezia a scuola hanno tolto computer e tablet per i minori di 6 anni.

Questo studio mi ha colpito perché a me succede il contrario. Se non scrivo al computer non riesco a pensare a quello che sto scrivendo e mi distraggo. Ma c’è un motivo al quale adesso arriveremo. Da quando scrivo al computer con continuità quotidiana, per motivi di lavoro e di studio, ossia dagli anni ’80, ho smesso di scrivere a mano testi di una certa lunghezza. A mano prendo appunti, faccio operazioni facili, segno numeri e nomi da ricordare, ma non rammento, ora che ci penso, di aver più scritto testi lunghi, neanche più le lettere d’amore che scrivevo da ragazzo, negli anni tra i ’60 e i ’70. Se devo scrivere una lettera, fare una riflessione, una nota riservata, uso il computer. Dirò di più.

Per me scrivere al computer è un aiuto alla concentrazione. Spesso mi siedo davanti allo schermo, conosco il tema che dovrò affrontare ma ancora non so cosa esattamente avrò da scrivere e quanto. Parto e le parole fluiscono come per incanto dalla mente. Il grande vantaggio della scrittura al computer, per me, sta nel fatto che posso tornare indietro e cambiare, correggere, inserire brani nuovi, citazioni, mutare il tempo ai verbi, spostare interi blocchi del discorso più avanti o più indietro, senza dover riscrivere tutto.

Quando usavo la macchina per scrivere era fastidioso correggere

Quando scrivevo con la macchina, una Olivetti, e l’ho fatto per tanto tempo, fin da quando avevo 12 anni, e passavo facilmente dalla scrittura a mano a quella a macchina, mi creava un problema dover tagliare e ricucire i pezzi del testo, ricomponendoli a parte e magari fotocopiandoli, per poi riscrivere tutto con la macchina altre volte. Un lavoro massacrante e fastidioso. Appena ho scoperto la scrittura su computer è stata una liberazione.  Poter scrivere articoli di qualsiasi lunghezza, o tesi universitarie, o copioni per la radio e la tv, o sceneggiati, senza dover tagliare e ricucire fogli ma facendolo sulle pagine virtuali dello schermo, è stata una vera rivoluzione. Per questo da oltre 40 anni scrivo tutto al computer. Che mi facilita anche l’archiviazione.

Scrivere a mano aiuta la memorizzazione

Ma mentre faccio questo, non abbandono la scrittura a mano, così come non rinuncio alle tabelline e a fare i conti a mente o a mano su un foglietto, per ogni tipo di operazione. Adesso leggo che scrivere a mano aiuta la memorizzazione e, secondo la professoressa Audrey van der Meer, dell’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia, in uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology: “Quando si scrive a mano, la connettività cerebrale (ovvero le connessioni temporanee tra diverse aree neurali durante l’azione della scrittura) è molto più elaborata rispetto alla scrittura al computer. Questa ampia connettività cerebrale è poi cruciale per la formazione della memoria e per l’incorporazione di nuove informazioni e, di conseguenza, è vantaggiosa per l’apprendimento.”

La penna è più potente della tastiera per il nostro cervello

Che la penna sia più potente della tastiera è una considerazione che condivido, ma nel mio caso, la memorizzazione funziona anche solo usando la tastiera del computer. Perché? La risposta è in quello che ho appena scritto. Perché non ho mai abbandonato la penna e la riflessione mnemonica pur usando continuativamente la tastiera. La scrittura al computer mi ha facilitato il lavoro ma l’abitudine di prendere appunti e di organizzarli per arrivare ad un testo definitivo l’ho sempre mantenuta. Quindi diciamo che è come se scrivessi a penna ma con la facilitazione che mi da poter correggere quello che scrivo sul momento. Semplificandomi poi la riorganizzazione del testo una volta giunto al termine.  Tutto questo però è stato possibile grazie al fatto di aver usato la penna, prima a inchiostro e poi la biro, nelle elementari e nelle medie. Tutto il mio corso scolastico, compresi i temi di Italiano nelle superiori è stato fatto scrivendo con la penna. È stata questa la base che mi ha consentito, come dice lo studio citato, di attivare le connessioni neuronali e prendere confidenza con le lettere dell’alfabeto e la loro forma maiuscola, minuscola, corsiva. Non faccio fatica a pensare che se il bambino perde questo passaggio, gli risulterà più complicato ritrovare quel contatto in una scrittura a tastiera, rispetto a quella manuale.

Lo studio che dimostra la diversa memorizzazione

Quando i ricercatori hanno raccolto dati dall’elettroencefalogramma di 36 studenti universitari che sono stati ripetutamente sollecitati a scrivere in corsivo o a digitare un testo, sono emerse differenze di attivazione cerebrale. Gli EEG usati misurano l’attività elettrica del cervello mediante 256 piccoli sensori cuciti su una specie di cuffia per la testa.

La connettività tra diverse regioni cerebrali aumentava quando i partecipanti scrivevano a mano, ma non quando digitavano. “I nostri risultati suggeriscono che le informazioni visive e di movimento ottenute attraverso movimenti manuali precisamente controllati durante l’uso di una penna contribuiscano ampiamente ai modelli di connettività cerebrale che favoriscono l’apprendimento”, dichiara la van der Meer.

Digitare è dunque diverso da scrivere a mano almeno nelle reazioni che provoca a livello cerebrale. È meno stimolante per il nostro cervello! Quando un bambino impara a scrivere e leggere su un tablet può averte difficoltà a riconoscere lettere speculari come b e d, o le stesse a ed o oppure le maiuscole P e R. “Non hanno sentito cosa prova il corpo quando produce quelle lettere” spiega la professoressa. “C’è evidenza che gli studenti imparino di più e ricordino meglio prendendo appunti a mano durante le lezioni”, conclude van der Meer.

Pensate ai giornalisti nelle conferenze stampa o agli studenti durante una lezione. Gli appunti si prendono a mano e solo dopo si trascrivono al computer “in bella”. Nel momento in cui tracci i segni sul foglio con la penna, sei concentrato su quello che chi sta parlando dice, fai un doppio lavoro, di comprensione e di trascrizione del concetto, spesso condensandolo in parole o parti di esse. Chi può usa la stenografia. Una volta ne ero capace poi l’ho dimenticata.

La scuola svedese torna indietro all’uso della penna e della scrittura manuale

Oggi le nostre società stanno verificando cosa significa aver abbandonato la scrittura manuale a scuola, pensando di creare dei geni della tecnologia, perché abbiamo avviato dei bambini all’uso dello smartphone o del tablet. Errore! Ci si arriva per gradi. Diverso è l’uso dei giochi, la rapidità mentale che impone il videogioco sul telefono aiuta il bambino a processi mnemonici, con un coordinamento mano-cervello che lo porterà a sviluppare una capacità di uso di queste tecnologie che noi vecchi non avremo mai. Ma sta bene così. Lo preferisco. Guardate la rapidità con cui un ragazzo digita un telefono quando deve chattare. Impressionante. Ma qui ci si imbatte in un altro problema.  

Quello della riduzione della lingua a segni, a simboletti, a formule riduttive. I giovani stanno perdendo la conoscenza della lingua inventando un altro linguaggio però più ridotto. Meno parole usi meno pensi.  È un problema serio. La semplificazione della lingua rende le persone dipendenti e incapace di pensieri complessi. Si chiama analfabetismo funzionale. Molte persone sanno leggere ma capiscono poco di quello che leggono. Un fenomeno che tocca ormai il 30-40% della popolazione. Ricordate Nanni Moretti intervistato da una giornalista che usa termini impropri in Palombella rossa: “Ma come parli? Che dici? Le parole sono importanti!” per poi sentenziare “Chi parla male, pensa male!” ed aveva ragione da vendere.

Abbiamo confidato troppo nella tecnologia e ora scopriamo che non possiamo fare ameno della grafia nell’apprendimento

Nelle scuole dei paesi occidentali c’è stato un allineamento generale sulla scrittura digitale e questo ha portato sempre più a un allontanamento dalla grafia a mano, preferendo quella computerizzata, che sia con l’uso di uno smartphone, di un tablet o di un pc. Ma in Svezia, nel settembre passato, c’è stata una inversione di tendenza. Si è tornati indietro, per favorire il ritorno al libro stampato e alla scrittura manuale, prevedendo l’abolizione completa dell’apprendimento digitale per i bambini sotto i sei anni.

“Esistono prove scientifiche evidenti del fatto che gli strumenti digitali compromettano anziché migliorare l’apprendimento”, secondo il Karolinska Institute, una scuola svedese di medicina focalizzata sulla ricerca, una delle più importanti università di medicina al mondo, quella che seleziona ogni anno il vincitore del Premio Nobel: “Crediamo che bisognerebbe focalizzarsi sull’acquisizione delle conoscenze attraverso libri di testo stampati e competenze degli insegnanti, piuttosto che attraverso fonti digitali liberamente disponibili di cui non è stata controllata l’accuratezza si sostiene nello studio dell’Università scandinava.

Un monito arriva anche dall’Unesco che ha lanciato un “appello urgente per un uso appropriato della tecnologia nell’istruzione”: sì a scuole interconnesse ma no a sostituire la formazione a esperienze puramente digitali e a distanza.

Quei paesi in cui le scuole non avevano computer ora si trovano in vantaggio

Soprattutto per i bambini in tenera età, dunque, la scrittura a mano, in corsivo, tra gli altri sviluppi educativi, allena la mente, migliora la concentrazione e diventa lo specchio della personalità di ogni bambino che attraverso lo scritto esprime emozioni.

Per questo motivo il Ministro dell’Istruzione svedese Carlotta Edholm ha ripristinato penne, matite, fogli bianchi e libri cartacei nelle scuole elementari del paese scandinavo. Ora può essere accaduto che in molte aree di paesi come il nostro o del Terzo Mondo, non sia mai arrivata questa rivoluzione tecnologica e nemmeno ci siano stati i fondi per comprare tablet e software per le scuole.

È stata quasi una fortuna. Non devono tornare indietro ci sono già. Il problema si pone al termine delle elementari, quando l’uso di questi strumenti si renderà necessario comunque per colmare una lacuna fondamentale e avviare i ragazzi nel mondo moderno. Bisogna saper far di conto e scrivere a mano per poi gestire i computer e i programmi di scrittura, calcolo e disegno con cui crescere e migliorarci.

Da “imparare a leggere a leggere per imparare”

A convincere il governo a riportare nelle scuole tempi di lettura più tranquilli, con la scrittura a mano dei testi in bella calligrafia e le ricerche fatte sui libri e non più online, sono stati i risultati di un’indagine internazionale che si ripete ogni cinque anni, e che misura l’abilità di lettura degli studenti tra i nove e i dieci anni di età. La ricerca, che si chiama Progress in International Reading Literacy Study (PIRLS), ha evidenziato già nel 2021 che i bambini svedesi che frequentano la quarta elementare avevano ottenuto una media di 544 punti, un valore che risulta in calo rispetto ai 555 del 2016.

Pirls esamina gli scolari nella fase in cui passano dall’imparare a leggere al leggere per imparare e misura di fatto la loro capacità di utilizzare la lettura per apprendere nuove nozioni. 

Gli strumenti digitali che usavano nella scuola svedese lasciano poco tempo alla riflessione e a un processo comunque lento di assimilazione dei concetti. Necessario per il nostro modo di pensare.

La riduzione dell’abilità di lettura degli studenti svedesi li mantiene comunque in un’ottima posizione nel mondo, al settimo posto a fianco di Taiwan, dietro a Singapore, che guida la classifica con 587 punti, a Hong Kong, Federazione Russa, Inghilterra, Finlandia e Polonia. L’Italia (537) è un po’ parecchio più indietro, ma precede Germania, Francia, Austria e Portogallo

Se questo vi possa far piacere. Intanto datemi retta, togliete telefonini e tablet ai figli sotto i sei anni. State più spesso con loro. Leggendo delle storie da un libro con i disegni. Magari non proprio le favole dei fratelli Grimm, come ci ha spiegato Paola Cortellesi.