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Suicidio 11enne a Napoli: ha seguito l’uomo nero. Attenti al love bombing

La procura di Napoli ha aperto un’inchiesta sul suicidio. Attraverso l’inganno il predatore fa leva sulle fragilità emotive della vittima

Suicidio Napoli

Jonathan Galindo

Muore in un quartiere della Napoli bene, un ragazzino di 11 anni. Si è lanciato nel vuoto dalla finestra posta al decimo piano per morire sul colpo. Poco prima di gettarsi ha inviato un messaggio alla madre: “Mamma, papà, vi amo ma non ho più tempo. Un uomo incappucciato è di fronte a me.”

Martedì 29 settembre poco dopo la mezzanotte, il ragazzino si alza dal letto e va verso la finestra. La sorella non vedendolo tornare va a controllare ritrovandosi davanti una scena da brividi: il corpo era finito sul ballatoio qualche metro più in basso.

Il piccolo era figlio di noti professionisti della zona. Non avrebbe dato segni di squilibrio nei giorni precedenti.

Chi è l’uomo incappucciato?

La procura di Napoli ha avviato un’inchiesta. Si ipotizza che qualcuno, l’uomo nero con il cappuccio appunto, abbia istigato il giovane tramite Internet o app di messaggistica come WhatsApp. Sono stati incaricati anche degli esperti della Polizia postale per cercare eventuali tracce presenti sul web per cercare di scoprire l’identità di questa misteriosa figura incappucciata. Verrà effettuata una perizia sul tablet e sul cellulare del ragazzino per individuare eventuali messaggi anomali.

Non si sa ancora se la figura incappucciata sia qualcuno che abbia contattato il ragazzino o se sia frutto della sua immaginazione. È possibile che l’undicenne abbia guardato qualche video che l’abbia suggestionato e istigato a compiere l’estremo gesto.

Challenge mortale?

Gli amici del ragazzino sono stati interrogati per cercare di capire se sia stato avvicinato da qualcuno che l’abbia “costretto” a togliersi la vita. Tra le ipotesi anche quella che sia stato coinvolto in una sfida mortale, una sorta di “gioco della morte” che prevede una serie di prove autolesionistiche che hanno un esito fatale.

È stata avanzata l’ipotesi che il piccolo sia stato contattato da “Jonathan Galindo”, uno psicopatico travestito da Pippo della Disney, protagonista di una leggenda che gira su Internet. Jonathan proporrebbe agli adolescenti di partecipare a una challenge mortale. In realtà è una storia inventata ma non si esclude che qualcuno, rubando l’idea, abbia iniziato a contattare i ragazzini terrorizzandoli e istigandoli al suicidio.

Controllo psicologico alla base della challenge

Alla base della sfida mortale potrebbe esserci un meccanismo molto complesso: il controllo psicologico o controllo mentale. Quest’ultimo si riferisce al fatto che i comportamenti, le emozioni, i pensieri, le decisioni di una persona potrebbero essere “manipolate” e controllate da agenti esterni alla propria psiche.

Sebbene la manipolazione della mente sia un processo molto antico, le tecniche di controllo mentale sono oggetto di studi scientifici solo da tempi brevi. L’espressione “lavaggio del cervello” entrò nel lessico corrente solo negli anni ‘50. Nello stesso periodo lo psicologo americano Robert J. Lifton, parlò di “riforma del pensiero”, per indicare il controllo mentale attuato da regimi totalitari e sette.

Ci sono diverse modalità attraverso cui i manipolatori agganciano le possibili vittime. La più comune, il love bombing, ovvero il bombardamento affettivo, molto praticato su chi vive un periodo di particolare vulnerabilità. Il love bombing è una tecnica manipolativa attraverso la quale il predatore si assicura la sua vittima facendo leva sulle sue fragilità emotive.

Alla base del suicidio del ragazzino ci sarebbero dei tentativi di controllo mentale?

È probabile che sia così. Infatti, oltre alle minacce fisiche rivolte alla propria persona, i manipolatori farebbero leva sulla psiche delle vittime, convincendole a restare e partecipare al “gioco”, minacciando anche i loro cari. Nella loro mente viene istillata la convinzione che, se dovessero abbandonare la challenge, le conseguenze per i propri cari sarebbero fatali. È probabilmente ciò che sarebbe successo al piccolo il quale, preoccupato che l’uomo nero incappucciato potesse uccidere i suoi genitori, avrebbe compiuto l’estremo gesto.

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