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Sofagate, il caso Erdoğan-von der Leyen e il virus della cecità valoriale

Fioccano le polemiche per la sedia negata al Presidente della Commissione Ue. Che in realtà è soprattutto un sintomo del nichilismo legato alla rinuncia alle nostre radici

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L'incontro tra Ursula von der Leyen, Charles Michel e Recep Tayyip Erdoğan

È diventato rapidamente un caso internazionale quello del cosiddetto sofagate. Ovvero lo sgarbo istituzionale perpetrato da Recep Tayyip Erdoğan, Presidente della Turchia, ai danni di Ursula von der Leyen, numero uno della Commissione europea. Un incidente diplomatico che però, a ben vedere, più che sul Paese mediorientale dice moltissimo sull’Occidente, e soprattutto sul virus della cecità valoriale che l’ha colpito da tempo.

Il sofagate

C’è chi l’ha considerato un affronto all’istituzione comunitaria, chi un episodio sessista, e c’è anche chi ha farneticato di «machismo protocollare». Di certo, quello di Erdoğan non è stato un gesto elegante, in primis sul piano dell’educazione.

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Il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan

Onestamente, però, al leader anatolico si può rimproverare molto di peggio che l’aver lasciato in piedi una signora – oltre che una rappresentante dei vertici europei. Colpisce invece che Charles Michel, Presidente del Consiglio Ue (a sua volta presente all’incontro), «sia sceso al suo livello», come ha stigmatizzato l’ex Cancelliere austriaco Christian Kern.

«Pur percependo il carattere deplorevole della situazione, abbiamo scelto di non aggravarla con un incidente pubblico» ha provato a difendersi l’ex Premier belga. In modo simile, la sua omologa dell’esecutivo comunitario ha fatto sapere di aver dato «priorità alla sostanza delle questioni affrontate rispetto al protocollo e alle forme».

Nous avons participé ce mardi, Ursula von der Leyen et moi-même, à une rencontre à Ankara avec le président turc Recep…

Pubblicato da Charles MICHEL su Mercoledì 7 aprile 2021

Può darsi, ma allora non avrebbero senso i successivi cahiers de doléances. Che, en passant, suonano più come un maldestro tentativo di difendere gli ideali occidentali fuori tempo massimo, dopo aver assistito inerti alla loro mortificazione.

Il nichilismo dell’Occidente

D’altronde, non è che un ulteriore sintomo del nichilismo contemporaneo segnato dall’ossessione di segare le radici che tengono in piedi la nostra cultura. Tipo la tradizione cristiana, senza cui difficilmente la dignità femminile si sarebbe affermata nella società, traendo origine tra l’altro dalla Lettera di San Paolo ai Galati. «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 28).

Concetto forse troppo poco burocratico per gli euroinomani, più a proprio agio con i formalismi. Tanto che, secondo l’organo che riunisce i Capi di Stato e di Governo dell’Europa, il cerimoniale è stato rispettato, essendo Michel l’euro-carica più alta. Un (ennesimo) autogol confermato dalla stessa Ankara che, infastidita dalle accuse, ha precisato di aver «seguito un protocollo concordato con la Ue».

Sia come sia, Bruxelles ha comunicato l’intenzione di evitare un sofagate bis. Chissà, magari la prossima volta gli alti papaveri del Vecchio Continente provvederanno autonomamente al mobilio. Presentandosi con un’ottomana, ça va sans dire.

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